Erano diversi anni che sulla bocca degli adulti si sentiva il lamento secondo il quale i giovani erano apatici, senza interessi, pronti a pensare solo a se stessi. A questo i cristiani potevano aggiungere che non interessava loro minimamente la religione e ogni forma di vita sociale. E questo effettivamente era ciò che appariva, ciò che in gran parte corrispondeva a verità. Perché? Forse perché non erano affatto convinti che il modo di vivere e di andare verso il futuro degli adulti fosse qualcosa da imitare. Qualcosa però ci sta dicendo che nella vita e nelle esperienze di molti sta riaffiorando una certa reazione a molte contraddizioni sociali, alle disuguaglianze economiche, alla corruzione dei politici. Questa nuova sensibilità riguarda per ora una minoranza di persone, giovani soprattutto, che in quest’anno giubilare 2025 stanno tracciando una strada di speranza. Mi riferisco alle manifestazioni di chi scende in piazza per reclamare il rispetto dei diritti di tutti. Non se ne sente parlare granché sui giornali o alla TV. Le notizie che si danno sono parziali, scandalosamente parziali. Ci si sofferma su episodi di violenza, che sicuramente vanno condannati, sulle vetrine prese a sassate, su cassonetti incendiati. Tutte cose che avvengono, purtroppo, e che sono il segno evidente di una immaturità di chi le compie.
Ma i giovani sono solo identificabili in questo? Sono davvero tutti “cattivi” e incapaci di proposte serie? Tra coloro che li osservano e descrivono c’è chi è attento a distinguerli tra giovani italiani e giovani stranieri, tra chi ha l’albero genealogico oriundo e chi invece è figlio di immigrati.
La realtà, tuttavia, è diversa: i giovani vivono insieme, fanno le stesse esperienze, sbagliano o fanno la cosa giusta insieme. Italiani o africani sono tutti compagni di scuola, sono volontari e amano la stessa musica. Nelle nostre scuole sono molti ormai gli studenti e scolari le cui origini sono da ricercare nell’Est europeo, in Africa o in Asia. Lo stesso vale per le parrocchie. Ricordo la bellissima esperienza fatta con due ragazze albanesi qualche anno fa. Non erano battezzate, la loro famiglia non era credente. Ad un certo punto hanno manifestato la volontà di ricevere i sacramenti. Hanno frequentato la catechesi con grande entusiasmo, manifestando come la diversità non sia un ostacolo, ma un arricchimento nel cammino della conoscenza e anche della fede. Il confronto tra mentalità diverse arricchisce, dona nuovi motivi per impegnarsi, per approfondire e comprendere la propria e altrui condizione di vita. È dunque un bene che là dove è possibile, le parrocchie siano abitate da ragazze e ragazzi provenienti da varie parti del mondo.
Non è azzardato dire che sono loro il futuro della Chiesa e, se continua l’inverno demografico, anche della società italiana ed europea. Insieme i giovani maturano un forte senso del rispetto della diversità, una buona capacità di ascolto e di dialogo, un amore per la pace e l’uguaglianza.
Svaniscono un poco alla volta “le razze” e resta l’unica “razza umana”. A questo punto i credenti sono portati a riflettere sulla presenza di Dio nel mondo attuale. E sarebbe facile capire che non è nella difesa a oltranza di culture razziste, incapaci di aprire strade per incontrarsi. Non è nelle condizioni di ingiustizia e di violenza in cui vivono troppi popoli. Non è nemmeno nell’osservanza superficiale delle norme liturgiche. È più probabilmente nell’impegno di chi rinuncia alla violenza, di chi si imbarca su navi di fortuna come quelle della Flotilla, portando cibo e farmaci, sfidando la “globalizzazione dell’impotenza” denunciata da papa Leone. Nel volto di chi sa rischiare è possibile scorgere il volto di Dio. Basta solo un esempio tratto dalla Bibbia: Dio abbandona il Tempio e il sacerdote Zaccaria, ormai vecchio, ma pur sempre potente, per volare da una donna di Galilea, adolescente impaurita ma pronta a intraprendere un progetto difficile e ancora incomprensibile. Dio scese dal cielo e si fede carne nel sorriso di un bambino tra lo stupore di chi lo ha veduto. Dio vive nel mondo oggi anche in quei giovani che sfidano le difficoltà per inseguire ciò che ancora sembra utopia.

