La Chiesa è incapace di cambiare.
Per dirla con Mahler, adora le ceneri anziché custodire il fuoco. Guarda al passato come se è soltanto là che si può scorgere e capire la parola di Dio e tutto (o quasi tutto) quello che segue è imperfetto o sbagliato. Ma siamo sicuri che Dio parla solo attraverso la Chiesa? Siamo sicuri che la tradizione non sia radicata in un ben preciso contesto storico che può quindi subire qualche cambiamento o diversa interpretazione?
Personalmente sono convinto che l’umanità (fatta di credenti e non credenti) è la casa di Dio, che la coscienza personale e non il tempio con le sue leggi è il luogo dove Dio parla. Il progresso scientifico e il progresso umano contengono sicuramente messaggi che non possono essere rifiutati. Scriveva don Marcello Farina, scomparso pochi giorni fa, che il compito più urgente dei cattolici in questo nostro tempo, è «tornare a pensare».
Non ci si rende conto, infatti che «per la chiesa attuale il vero punto di imbarazzo è dato dal fatto che a livello di sensibilità diffusa… la fede cristiana è ormai qualcosa che va bene per i bambini e finché si rimane bambini… In ogni caso non è roba da giovani e neppure da adulti». Basta dare uno sguardo alla catechesi.
Va bene, si insiste che la si frequenti, fino in seconda media, quando si riceve la cresima. Poi comincia il tempo dell’esilio.
Non c’è dubbio che a contribuire a questo cambiamento di mentalità sono state alcune scoperte scientifiche e grandi cambiamenti epocali. Si pensi alla teoria di Darwin sull’origine della specie che ha indebolito il legame diretto tra essere umano e creazione. Ancora si fatica a interpretare in modo corretto i primi capitoli della Genesi con i racconti mitologici ivi contenuti. A seguire non è possibile dimenticare la psicanalisi di Freud, che ha dato uno scossone al concetto di anima. La rivoluzione industriale, con il miglioramento delle condizioni di vita ha portato a nuove considerazioni circa il rapporto con la religione e i suoi insegnamenti.
Tutto questo ha portato idee nuove anche nei confronti della fede e della religione. E’ stato un invito pressante a mettersi in ascolto. Più tardi è venuto il Concilio Vaticano II, nuova giovinezza della Chiesa. In questi ultimi anni è arrivato il Sinodo, che è parso riavviare un cammino nuovo e un rapporto più maturo tra laici e gerarchia ecclesiastica. Nei documenti pubblicati le scorse settimane emerge però «l’incapacità d’ascolto». Particolarmente non si ascoltano le donne, come mette in evidenza la teologa Linda Pocher.
Non si capisce la profondità di fede ed ecclesiale di molte teologhe, consacrate e laiche impegnate. Ma una commissione vaticana, naturalmente composta da soli uomini, ribadisce il no alle donne diacono. E’ come se l’altro (le donne) fosse incapace di capire.
«Si usa la posizione di forza per mantenere invariato ciò che non si vuole mettere in discussione. Quando accade anche nella Chiesa è un segnale preoccupante»: (L. Pocher) si giustifica il potere, anziché fare in modo che ogni incontro diventi una reale comunione. Si potrebbe parlare anche del linguaggio che usa la liturgia. Si ribadisce spesso che è urgente un cambiamento, ma nulla pare muoversi.
E’ stato in verità pubblicato un nuovo messale. Nuovo, ma niente affatto migliorato. E poi pensiamo all’inizio e al fine vita, al rapporto con la ricchezza... Non si può più ignorare che certi concetti sono oggi improponibili.
Non ci sarà futuro se si continuerà a difendere posizioni che hanno fatto il loro tempo, dimenticando magari l’unica parola davvero preziosa: il Vangelo. E per comprenderla fino in fondo occorre ascoltare tutti, uomini e donne.

