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La famiglia si restringe

ven 09 ott 2020 • By: Nora Lonardi

Sempre più i nuclei famigliari formati da una sola persona

Nel tempo l’istituzione familiare ha subito profondi mutamenti legati all'evolversi della struttura sociale ed economica. Tuttavia mai come nella società occidentale odierna la famiglia è stata investita da cambiamenti che ne hanno modificato struttura e bisogni, dinamiche interne e relazioni esterne, mentre si è venuta sempre più affermando una differenziazione nei modelli familiari (declino della famiglia allargata, nuclei monogenitoriali, famiglie ricostituite, coppie di fatto, famiglie immigrate, coppie miste...) e nei percorsi personali.

Oltre a constatare le trasformazioni nella conformazione familiare si assiste a un processo sempre più incisivo: la costante diminuzione dei matrimoni a fronte di una progressiva crescita di separazione e divorzi.

Limitandoci a considerare la nostra provincia, nell'arco temporale 1995 – 2018 si è verificata una diminuzione di matrimoni complessivi di oltre il 37% (diminuiscono soprattutto i riti religiosi, in controtendenza quelli civili), mentre sono aumentati nettamente separazioni e divorzi. Per quanto riguarda le separazioni l'andamento si presenta discontinuo negli anni ma comunque in rialzo (da 447 nel 1995 a 708 nel 2018). I divorzi hanno registrato invece un aumento costante fino al 2014, con un balzo vero e proprio nel 2015, quando è stata varata la legge 55 che ha introdotto il “divorzio” breve. In quell'anno si sono registrati 733 divorzi e 972 nel 2016, per poi contrarsi negli ultimi due anni attestandosi a 772 nel 2018 (erano 246 nel 1995). (Fonte: ISPAT - Provincia Autonoma di Trento).

Il tema separazione/divorzi si collega in parte ad un processo che si sta sempre più affermando come “modello” familiare, ossia la famiglia unipersonale (composta da un unico individuo). Solitamente quando si parla di famiglia si tende spontaneamente a pensare a nuclei costituiti da coppie con o senza figli, a genitori singoli con prole, ma comunque in una accezione plurale. Di fatto si rileva negli anni un progressivo incremento di famiglie unipersonali, a fronte di un netto calo delle famiglie numerose. A livello medio nazionale questa realtà è passata dal 21,5% nel 1997-1998 al 33,0% nel 2017-2018 (Annuario statistico ISTAT 2019), rappresenta quindi un terzo delle famiglie complessive, vale a dire una su tre (ma in alcune regioni del nord e del centro Italia incide in modo ancor più rilevante). Anche le nostre valli riflettono l'andamento nazionale[1].

La famiglia monocomponente, comunque cellula abitativa, sta generando molto interesse negli studiosi rispetto sia alle cause sia per quel che ne consegue su vari piani. Si tratta di fatto di un universo molto eterogeneo, dentro il quale si collocano situazioni e motivazioni diversificate; non soltanto persone separate/divorziate, ma anche vedovanze, persone immigrate che almeno inizialmente vivono sole, adulti/anziani senza coniugi e figli o con figli lontani, single in attesa di matrimonio/convivenza o single convinti per scelta. Il che conduce a varie considerazioni.

Una prima osservazione riguarda il fattore economico.

Giovani/adulti che svolgono una professione qualificata e mantengono un tenore di vita elevato, spesso scelgono e possono permettersi di vivere soli perché non vogliono rinunciare alla propria autonomia e indipendenza. Per ragioni “egoistiche”, sostiene il filosofo Umberto Galimberti[2], per non assumersi la responsabilità di un'altra persona o di una famiglia, con il rischio di una deriva individualistica (per altro già in atto) della società. Nel contempo vivono comunque relazioni sociali/affettive e costituiscono una “fetta” molto appetibile per il mercato del lavoro (nessun problema di conciliazione, maternità o congedi parentali), per quello dei consumi e dei viaggi (acquisti voluttuari, hotel, ristoranti ecc.). Persone realizzate nella vita e nel lavoro, salvo magari ripensarci andando in là con gli anni e col timore di trovarsi soli.

Al fattore economico tuttavia si accompagna il tema della vulnerabilità.

Si sa che “crescere” una famiglia costa non solo per l'impegno personale ma anche in termini economici e se un nucleo vive una situazione di ristrettezza, anche se temporanea, è a rischio di vulnerabilità. Così come, parlando di famiglie unipersonali, sono sicuramente vulnerabili gli anziani soli, seppure ancora o in parte autosufficienti. Tuttavia entrambe queste situazioni di fragilità, soprattutto guardando alla nostra provincia e ancor di più a paesi e valli, sono “attenzionate” sia da un welfare pubblico che, per quanto in difficoltà (dati i considerevoli tagli degli ultimi anni), si attiva al meglio, sia dalla fitta rete di cooperative, associazioni e volontariato che caratterizza il nostro territorio con interventi di solidarietà e di supporto.

Esiste però un'area grigia nella realtà delle famiglie unipersonali, non si sa quanto qui diffusa ma comunque presente, costituita da persone vedove o separate/divorziate, oppure mai sposate, sole non per scelta vera e propria ma per casualità. Magari ancora relativamente giovani e attive nel lavoro, ma in situazioni di difficoltà economica causa una crisi economica perdurante cui si è ora aggiunta quella sanitaria. Con un affitto e relative bollette sulle spalle. Persone che non possono permettersi viaggi, ristoranti e quant'altro, e quando fanno la spesa (soprattutto nei piccoli centri) trovano tante confezioni formato famiglia e poco o nulla formato single (con conseguente spreco). Perché grigia. Perché queste persone, quando non possono contare su reti familiari o personali in grado di supportarle, provano difficoltà e riluttanza nel chiedere aiuto e pertanto spesso sfuggono all'attenzione. Individui che non vorrebbero assistenza (tranne in caso di malattia o temporanea disabilità, altro aspetto critico per chi vive solo), bensì opportunità reali per migliorare la propria condizione, ma non sanno come, donne e uomini dotati di competenze ma con scarsa autostima, che tendono a ritirarsi dalla vita sociale, a rischio di povertà, dipendenza e altre manifestazioni di disagio.

Su queste persone semi invisibili e sole la società e le comunità dovrebbero interrogarsi, prendendo atto in primo luogo che quando si formulano e si attuano politiche familiari è necessario tenere conto anche dei nuclei unipersonali, sempre più numerosi, di varia origine, e in diversi casi in condizioni di vulnerabilità; partendo quindi dalla centralità della persona ancor prima che della famiglia. Ben vengano dunque i progetti di cohousing e reti alternative alla famiglia tradizionale, progetti sui quali diversi territori si sono attivati o si stanno attivando, ma anche azioni di empowerment personale che rinforzino e valorizzino le competenze del singolo soggetto e il proprio ruolo di individuo nella società.

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[1]  Si vedano a questo riguardo oltre ai dati Ispat  anche Piano sociale della Comunità della Valle di Non e Piano sociale della Valle di Sole 2018-2020

[2] Link all'articolo de L'Espresso


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