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Abitare la città

lun 19 lug 2021 • By: Nora Lonardi

Approccio multidisciplinare, cittadinanza attiva e politica territoriale.

Partendo dal mio ambito specifico, fra sociologia e urbanistica esiste un rapporto stretto. La sociologia urbana rappresenta una vera e propria branca di studio delle discipline sociologiche di carattere territoriale, che hanno come oggetto, sinteticamente, le interconnessioni fra contesto fisico, strutturale, abitativo, ambientale e sociale della città. Nasce agli inizi del 1900 negli Stati Uniti d'America con la Scuola Ecologica di Chicago, per poi propagarsi anche in Europa, andando incontro nel tempo a modifiche sia nell'approccio sia nei metodi di ricerca, sulla base della diversificazione dei sistemi sociali, delle vicende storico-politiche e delle differenti tipologie urbane: dalla metropoli, alla città, ai paesi, fino ai singoli quartieri (si parla infatti più compiutamente di sociologia urbana e rurale, con riferimento anche ai territori agricoli o montani). In Italia è stata introdotta come disciplina universitaria verso gli anni '60 del secolo scorso e nel 1976 esce la rivista Sociologia urbana e rurale, che a tutt'oggi raccoglie diversi contributi teorici e ricerche inerenti appunto le trasformazioni dei contesti urbani e rurali.

L'oggetto specifico di questo ramo della sociologia generale, ossia la città (e in genere i territori abitati), oggi costituisce di fatto un sistema complesso, al cui interno si trovano diversi sottosistemi, economici, politici, culturali, che interagiscono fra loro. E soprattutto è un sistema in continuo mutamento sia per quanto riguarda gli spazi fisici, sia la popolazione che li abita, di diverso genere, età, provenienza, attività lavorativa, portatrice di bisogni differenziati.

Data questa premessa, va da sé che la sociologia urbana e rurale è portata a confrontarsi con altre discipline, saperi e competenze, nonché a interfacciarsi con l'amministrazione pubblica. E, a propria volta, tutti gli studiosi/costruttori della città e i decisori pubblici sono altrettanto portati a rapportarsi con la sociologia urbana ma anche con la sociologia generale. E ciò è quanto di fatto sempre più spesso accade quando si progettano nuove aree residenziali o paesaggistiche, o la riqualificazione delle stesse, o nuove forme dell'abitare (pensiamo ad esempio al co-housing o anche all'albergo diffuso in campo turistico) o, ancora, quando si affrontano temi riguardanti la qualità della vita di un territorio, o problemi quali povertà, degrado sociale, sicurezza e integrazione.

Inoltre oggi come oggi nella progettazione urbanistica è chiamata a partecipare anche la cittadinanza. Sempre più numerosi sono infatti i percorsi che coinvolgono quella che, in molti ambiti, è oggi definita cittadinanza attiva. A partire dal cosiddetto welfare generativo che ha visto crescere in questi ultimi anni la collaborazione fra servizi pubblici, terzo settore, famiglie, utenti e volontariato nella realizzazione di interventi sociali e sociosanitari di un certo rilievo. Ma anche in altri settori della politica di sviluppo territoriale frequentemente vengono coinvolti e si auto coinvolgono associazioni e singole persone, secondo quel concetto di progettazione partecipata, che a sua volta include quelli della responsabilizzazione e dell'innovazione creativa. Il che accade anche laddove si rendano necessari interventi di riqualificazione urbana o di rigenerazione di un edificio, di un parco, di un quartiere.

Ecco che abitare una comunità, un territorio, non rimane un semplice dato di fatto, bensì diventa attivazione propositiva per la creazione e la tutela del bene e del benessere comune, per i quali si interfacciano tecnici dei servizi, esperti nelle varie discipline, imprenditoria e, appunto, la cittadinanza stessa nelle sue espressioni singole o aggregate, il cosiddetto capitale sociale.

Il tutto però necessita una certa capacità di visione anche e soprattutto da parte della politica, attore che, in virtù della sua funzione di rappresentanza, e oltre all'esercizio amministrativo, svolge o dovrebbe svolgere anche un ruolo di indirizzo che sia capace di guardare al futuro del territorio per il quale è chiamato a governare e a gestirne le risorse, seppure in un'ottica partecipata.

In un momento storico in cui sperimentiamo di fatto una forte crisi delle risorse nei vari ambiti della nostra esistenza (economia, salute, sociale, ambiente, strutture e infrastrutture...), tra l'altro in un sistema di profonda disuguaglianza, la vera sfida è quella sì di gestire al meglio il presente con tutte le sue problematiche (non estranee a una politica di malgoverno di un passato anche non tanto lontano), ma di saperlo fare con lungimiranza e coraggio, ricollocando le risorse e gli investimenti, ristabilendo priorità. E questo vale non solo a livello macro (nazionale, europeo, mondiale), ma anche per ogni singolo territorio negli ambiti di propria competenza, dalla metropoli, alle provincie, alla piccola comunità.


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