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Stereotipi e pregiudizi. Da schemi mentali a gabbie sociali

mer 21 lug 2021 • By: Nora Lonardi

Come nascono i pregiudizi, quelli positivi e quelli negativi

Il pregiudizio è un’opinione senza giudizio. (Voltaire)

Dalla citazione iniziale si comprende come il tema del pregiudizio sia stato oggetto di studio e di attenzione fin dai tempi dell'illuminismo (se non prima). Lo è sempre stato nel tempo (celebre, per citarne una fra le tante, l'opera di Gordon Allport La natura del pregiudizio, 1954) ed è a tutt'oggi estremamente attuale.

Difficile dare una definizione compiuta di questo termine, tante sono le sfumature che lo accompagnano, ma cerchiamo di riassumere alcuni aspetti chiave.

Tale concetto si allaccia a molti altri; in particolare è legato strettamente a quello di stereotipo.

Come nascono stereotipi e pregiudizi e, soprattutto come si radicano e quali conseguenze possono avere sul piano individuale e sociale?

Entrambe queste categorie concettuali altro non rappresentano all'origine che degli schemi mentali, i quali si costituiscono quasi come un necessario processo di economia psichica. Infatti gli individui nel corso della propria vita vengono a relazionarsi quotidianamente con altri individui, informazioni, idee, eventi e così via. Ovviamente tutti questi input non possono rimanere in forma disorganizzata nella mente umana (si creerebbe altrimenti il caos più totale), che ben presto impara, spesso inconsciamente, a collocarli all'interno di “cassetti mentali” utili a classificare e definire i vari elementi che riceviamo. Ad esempio, quando incontriamo una persona sconosciuta immediatamente ne percepiamo alcuni tratti e li collochiamo all'interno di categorie di classificazione: genere, età, voce e linguaggio, abbigliamento, colore della pelle, tratti somatici, modo di porsi e di comportarsi... Si tratta di un processo di classificazione che ci porta a definire questa persona come uomo/donna, giovane/non giovane, connazionale/straniero. Ma non solo: oltre a percepire questi dati oggettivi e anche sulla base degli stessi, tendiamo ad attribuire a questa persona determinate caratteristiche (gentile-antipatico/a, dolce-aggressivo/a....), ma anche tratti culturali e sociali, e quindi a formulare un primo giudizio. Ebbene, se questo processo è in parte automatico e inconsapevole, è anche estremamente evidente che l'errore e la distorsione sono sempre in agguato. Perché di fatto queste e altre categorie di classificazione sono delle semplificazioni indotte da stereotipi. Per stereotipo intendiamo “Opinione precostituita su persone o gruppi, che prescinde dalla valutazione del singolo caso ed è frutto di un antecedente processo d’ipergeneralizzazione e ipersemplificazione, ovvero risultato di una falsa operazione deduttiva” (Enciclopedia Treccani). Gli stereotipi possono originare dall'educazione familiare, dalle conoscenze in nostro possesso, dall'istruzione ricevuta, dall'orientamento valoriale e politico, e altro ancora. Tornando all'esempio dell'incontro con una persona sconosciuta (ma questo vale anche più in generale rispetto a diverse situazioni/condizioni), tendiamo automaticamente a classificarla e valutarla sulla base di schemi mentali pre-costituiti. Tuttavia, in assenza di molti altri elementi conoscitivi che riguardano quello specifico individuo, la sua storia, il contesto nel quale vive o ha vissuto e così via, il nostro primo giudizio altro non è che un pre-giudizio.

Tradotto in termini sociali e più ampi, pregiudizi e stereotipi costituiscono una sorta di “trappole mentali” in cui si cade nel momento in cui ci si rapporta ad un “altro da sé”, e nessuno forse ne è totalmente esente, tranne che nel periodo della prima infanzia, quando la mente non è ancora stata plasmata.

Dove sta il problema, si dirà. Anzitutto ricordiamo che esistono pregiudizi di senso positivo, che, pur affermandosi come stereotipi generalizzanti (del tipo gli italiani sono bravi nel canto, in cucina ecc.), non hanno particolari conseguenze. Il vero problema di fatto è il pregiudizio negativo e i suoi risvolti pratici sul piano individuale e sociale. Perché questo pregiudizio per sua natura porta chi lo esprime da una parte a screditare chi, sulla base di schemi precostituiti e stereotipati, è classificato come diverso in senso negativo, e nel contempo ad affermare la superiorità inconfutabile dell'io giudicante. Io che spesso è un noi. Infatti il pregiudizio esplicito cerca e trova un terreno fertile in cui attecchire (e il terreno più fertile solitamente è anche quello meno portato alla difficile impresa della conoscenza, della ricerca, dell'approfondimento), qui si diffonde, si radica, diventa propaggine sociale, al punto di diventare una falsa realtà. “Una situazione definita dagli attori come reale, diventa reale nelle sue conseguenze(teorema di Thomas). E le conseguenze di pregiudizi negativi tendenzialmente si traducono in atteggiamenti di disprezzo, discriminazione, emarginazione, se non addirittura odio, verso individui, gruppi, ma anche culture, religioni, idee.

Purtroppo anche oggi assistiamo ad una escalation di comportamenti discriminatori e aggressivi, spesso dettati da pregiudizi riguardanti aspetti quali il genere (e l'identità di genere), la nazionalità, la religione, gli orientamenti sessuali o politici, le condizioni personali e sociali, tutto ciò che si considera inferiore o diverso rispetto a standard precostituiti e rigidi. Di per sé questi pregiudizi delineano un atteggiamento verso la natura umana (e non solo umana) rozzo, semplicisitico, ma soprattutto molto pericoloso, nel momento in cui pratica una negazione di quei “diritti umani inalienabili” (che non possono essere soppressi, aboliti o sottratti), che ogni essere umano possiede solo per il fatto di esserlo. Diritti sanciti, unitamente ai doveri, in varie carte costituzionali compresa la Costituzione della Repubblica italiana (in particolare nei Principi fondamentali), e nella Dichiarazione universale dei diritti umani (Assemblea generale delle Nazioni unite, 10 dicembre 1948), promulgata nel momento in cui il mondo intero ha potuto toccare con mano il fatto “...che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità” (parte del Preambolo alla Dichiarazione).

D'altra parte, vediamo con favore nascere movimenti e iniziative concrete attivate in difesa dei diritti, o gesti anche solo simbolici, come quelli negli stadi; persino molti messaggi pubblicitari (sia pure anche per un interesse economico) si schierano dalla parte della “diversità”. Ma non basta. Serve un forte impegno culturale che, attraverso l'educazione e la formazione soprattutto dei giovani, produca una stigmatizzazione del pregiudizio. Inoltre è necessario che la legislazione condanni il pregiudizio senza se e senza ma, e si auspica che lo faccia presto, efficacemente, compiutamente ed estesamente. Basterebbe in realtà applicare e tradurre in severe leggi - attualizzate alla realtà odierna - i principi costituzionali citati. Il che significa - nel fissare legittimamente i doveri e i limiti personali e istituzionali - tutelare e garantire il pieno rispetto dei diritti umani “senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. (...)” (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Art. 2).


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