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Dal Sahara alle Alpi

dom 03 apr 2022 13:04 • By: Giacomo Poletti

La polvere desertica arriva sui ghiacciai, mentre finalmente piove

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La conclusione dell’inverno ci ha messo più volte di fronte a un evento particolare nei nostri cieli, costituito dall’arrivo della polvere sahariana. E con le piogge finalmente arrivate a cavallo fra marzo e aprile, parte delle ultime polveri sospese sono ricadute a terra come si notava sulle carrozzerie delle auto il 30 e il 31 marzo. L’altro episodio intenso risaliva invece al 6 febbraio.

L’occasione è propizia per capirne di più sul fenomeno: ovvio che il tutto prenda origine sullo sterminato deserto del Sahara. Forti venti da sud – più frequenti in nord Africa proprio quando l’anticiclone domina sul Mediterraneo – solleva tonnellate di polvere (termine più corretto della parola sabbia, che invece è per definizione più grossolana e non può volare per così tanti chilometri). La Nasa, anche grazie alle osservazioni satellitari, stima che ogni anno in media 180 milioni di tonnellate di polvere lascino il Sahara. La polvere, prima o poi, ricade al suolo persino fertilizzando i terreni: di per sé il fenomeno è naturale e costituisce una forma di concimazione verificata anche per le foreste pluviali dell’Amazzonia, ad esempio, con il fosforo predominante.

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Ci sono almeno tre curiosità. In primis, l’aria torbida e offuscata altera la concentrazione di polveri sottili: a Trento il 15 marzo le centraline dell’APPA hanno rilevato un picco “anomalo” oltre i 50 µg/m3 di PM2,5, il valore più alto di tutto l’inverno. L’aumento di polveri sottili può raggiungere quote medio/alte. Stavolta motori e inquinamento antropico non c’entrano, anche se fra le cause della maggiore asportazione di polveri almeno dal Sahel potrebbe comunque esserci l’uomo, con le pratiche agronomiche e lo sfruttamento del suolo. Le polveri possono ricadere inoltre per “via secca” o più abbondantemente con la pioggia per “via umida”. Studi della fondazione Mach e dell’INGV hanno persino riscontrato la presenza di comunità microbiche e microscopici fossili. È ben noto che in caso di nevicata la neve possa apparire giallastra o rossastra.

Il 14 marzo ci sono stati casi estremi di questo tipo sui Pirenei, con i monti diventati color mattone.

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Gli strati di neve colorata sono ricorrenti nei sondaggi sui ghiacciai e consentono di migliorare la datazione delle nevicate passate; gli strati colorati accelerano la fusione della neve assorbendo più radiazione solare. Benché naturale, la polvere sulla neve è una vera piaga per la sopravvivenza del manto.

Una nota meteorologica, infine, va sulla capacità delle polveri di modificare la condensazione, agendo da nuclei. Una sorta di “doping” per le nuvole che, in generale, aumenta le piogge se c’è l’umidità necessaria. Mentre scriviamo, è passato anche l’ultimo episodio “sahariano” e – udite udite – finalmente piove sul Trentino. Le piogge dei primi due giorni di aprile sono state provvidenziali: in val di Sole e di Non i totali sono sulla trentina di millimetri, buoni per calmierare la situazione anche se il deficit è ancora ben presente. Le prospettive per tutta la prossima settimana, peraltro, sono nuovamente di tempo asciutto.   

 


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