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I costi sociali ed economici della pandemia: una prima indagine

Ripartiamo nel ricostruire relazioni

gio 22 apr 2021 16:04 • By: Alberto Mosca

Cristina Marchesotti, assessora alle Politiche sociali del Comune di Cles

CLES. Con Cristina Marchesotti, assessora alle Politiche sociali del Comune di Cles e professionista dell’educazione, tracciamo un quadro della situazione nella Borgata. Uno sguardo preciso su questa realtà, che comprende un lasso di tempo che va dalla “riapertura” della scorsa estate a oggi, capace di offrire elementi di approfondimento e di intervento anche su altri contesti.

 

Assessora Marchesotti, quale è a suo giudizio il fronte che oggi preoccupa di più?

Con l’autunno, il primo impatto di criticità lo abbiamo avuto a scuola: al rientro, sono stati enormi i divari tra i ragazzi che nel corso dell’estate hanno potuto contare su una famiglia con risorse culturali e materiali che hanno potuto compensare la dad e chi no. Ma in generale, per molti bambini sono preoccupanti le difficoltà di relazione: si vede meno con i più piccoli, ma ne soffrono anche loro. Tanti giocano da soli, faticano a fare gruppo, i limiti imposti nella relazione generano uno stato di tensione, di spontaneità soffocata. Si tratta di processi che si vedevano anche prima della pandemia, cui però il lockdown ha dato una spinta enorme.

Quali sono le cause di questo trend?

In primo luogo il rapporto con strumenti come gli smartphone, se usati impropriamente, ma non solo: viviamo in una società in cui, con i genitori al lavoro, tutto è delegato alla scuola; contestualmente, sono minimi o nulli gli spazi liberi, nei quali i bambini possono interagire fra loro senza la mediazione di un adulto. Ciò comporta che, quando sono cresciuti e la stessa famiglia li stimola a cercare relazioni esterne, i ragazzi non hanno quegli strumenti, quelle strategie relazionali che si imparano da bambini nel confronto tra pari. Tutto è troppo mediato: è una fortuna per i bambini avere spazi di interazione autonoma, in cui giocando e magari litigando si sviluppano capacità di relazione, di mediazione, di comprensione. Non c’è più il villaggio che educa il bambino e questo rappresenta una mancanza. Poi chiaro, non tutti i bambini vivono questa difficoltà, ma si tratta di una tendenza. È un fatto che già dalle medie assistiamo al consumo di bevande energetiche che altro non sono se non un mezzo per tener su la capacità di relazione, altrimenti deficitaria.

Infine, vi sono le difficoltà didattiche di apprendimento: ognuno avrebbe bisogno di un percorso personalizzato, ma naturalmente nonostante tutto l’impegno, ciò è impossibile. Vi è da dire che oggi forse si registra una minore sofferenza, l’atmosfera sembra meno pesante, un anno difficile sta per chiudersi.

Abbiamo citato le famiglie, che situazione stanno vivendo?

Anche le famiglie si sentono un po’sole: il timore è quello dell’isolamento, della perdita di contatti e amicizie; vi sono segnali di disaffezione generale, per cui si rinuncia anche ad una telefonata, concentrando tutta l’attenzione all’interno del proprio nucleo familiare.

E sul fronte dell’associazionismo?

Un dato salta subito all’occhio: finora non abbiamo ricevuto nessuna richiesta di contributo da associazioni a sfondo sociale, segno evidente di un’assenza di progetti, di un mondo che si è fermato.

Al contrario, più reattive sono state le realtà sportive: al netto dei problemi di organizzazione, hanno operato con determinazione e riscuotendo la grande gratitudine delle famiglie. Queste ultime hanno accolto questa offerta con sentimenti contrapposti: chi con entusiasmo, chi con paura; ne è conseguita da un lato una certa disaffezione e flessione nell’utenza, ma dall’altro un forte gradimento da parte di chi ha usufruito del lavoro di queste associazioni, cui va un plauso e un ringraziamento per aver saputo tener duro.

Quale situazione avete riscontrato tra gli anziani della Borgata?

Per forza di cose le attività dell’Utetd e del Circolo anziani si sono fermate: ma numerose sono state le insistenze per proseguire l’attività, puntando almeno all’estate per recuperare. Gli anziani non hanno mai smesso di progettare e questo fa grande piacere; naturalmente, questo vale per quelli in forma, mentre un discorso ben diverso va fatto per quelli soli o malati: questo periodo ha aggravato tutte le patologie, anche quelle minime, sfinendo le famiglie e penalizzando enormemente le fasce più deboli. Per loro va detto che la Comunità di Valle ha lavorato incessantemente, in collaborazione con il comune e i volontari.

Quali sono le sfide del prossimo futuro?

Stiamo progettando tantissimo sulla partecipazione, per riattivare le relazioni e l’attività delle associazioni: con le cooperative del terzo settore questo tipo di progettualità diventa centrale; e poi dobbiamo lavorare tantissimo sulle famiglie e sui i ragazzi rimasti indietro, specialmente sulla capacità di relazione. E poi serve più attenzione dalla politica “alta”.

Cioè?

Su questi problemi da Roma a Trento non c’è una direzione. Anche noi, come amministrazioni locali, non abbiamo nessun supporto dall’alto. Ma è necessario, abbiamo l’occasione per riprendere in mano tanti problemi che già c’erano e che la pandemia ha aggravato. Il momento ci chiede di rivedere tanti meccanismi che non sono più adeguati. Non c’è più il villaggio che educa il bambino, tutto pesa sulla scuola, ma manca una regia complessiva, e per questo anche per gli amministratori locali ci sono più difficoltà d’azione.



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