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SOS Architettura

Palazzo Migazzi: restauro al via

lun 19 lug 2021 10:07 • By: Alberto Mosca

Sono numerose le novità che emergono dai lavori sullo storico edificio di Cogolo

Per Palazzo Migazzi finalmente, dopo un’attesa pluridecennale, sono partiti i lavori di restauro. Correva l’anno 2002 quando sulle pagine di NOS sembrava che l’anno successivo potesse essere quello buono per l’avvio del recupero. C’è voluto un po’ di più ma finalmente i lavori di restauro sono iniziati: negli ultimi mesi del 2020, promossi e finanziati dal Comune di Peio, progettati dall’architetto Franco Pretti, autorizzati dalla Soprintendenza per i beni culturali e affidati alla ditta Tecnobase, con la restauratrice Rossella Bernasconi.

Da subito numerose sono state le novità emerse dal cantiere: importanti frammenti affrescati e, tramite l’analisi dendrocronologica, importanti informazioni sulla storia del palazzo.

I legni di palazzo Migazzi datano con precisione la nascita di questo storico monumento di Cogolo. E un dato in particolare salta subito all’occhio: la torre esisteva almeno un secolo prima dell'arrivo dei Migazzi in Val di Peio, come testimoniano gli elementi lignei ritrovati all'interno delle murature, che furono ricavati da alberi tagliati nel 1332. Le indagini dendrocronologiche condotte da Mauro Bernabei e da Jarno Bontadi (CNR-IBE) e commissionate dalla Soprintendenza per i beni culturali hanno fornito altri dati certi per la storia costruttiva del complesso architettonico. Per esempio, gli ambienti al primo piano, adiacenti alla torre, presentano travi e tavole squadrate a vista e inserite nella muratura databili al 1410, anche in questo caso, anno di abbattimento delle piante. In una stanza al secondo piano, invece, alcune travi del soffitto e le tavole del pavimento risalgono agli anni immediatamente successivi al 1431, mentre nel 1654 furono abbattuti gli alberi impiegati per la realizzazione delle fodere delle travi e delle tavole squadrate del soffitto poste sopra le travi foderate.

In altri ambienti al secondo piano sono presenti travi e tavole messe in opera poco dopo la metà del Seicento, segno di significativi interventi di ristrutturazione.

Si tratta di un ciclo a soggetto sacro in un ambiente al primo piano, databile alla seconda metà del XV secolo e attribuibile ai pittori bergamaschi Baschenis di Averara, e inoltre, sulle pareti del salone al secondo piano, di numerosi stemmi delle famiglie imparentate con i Migazzi, dipinti nel XVII secolo.
Particolarmente interessante la raffigurazione della Crocifissione con i simboli della passione e San Cristoforo: quest’ultimo, incorniciato a sinistra, mostra evidente l’acqua in cui sono immerse le sue gambe, mentre traghetta a riva il Bambino Gesù che tiene sulla spalla; a destra la scena della Crocifissione mostra ai piedi della croce la Madonna, la Maddalena inginocchiata, San Giovanni a destra e due angioletti che raccolgono il sangue dalle mani del Cristo crocifisso; alla base della croce vi è il teschio di Adamo.

Autoroen Aprile

Questa raffigurazione prosegue sulla destra con i simboli della passione e probabilmente con il sepolcro, di cui si vede un angolo; una parte della scena resa mancante dall’apertura di una finestra.

Sopra la testa di Cristoforo si legge la scritta Hoc opus fecit fieri M. Johannes, con un preciso riferimento alla figura del committente del ciclo affrescato, con ogni probabilità Giovanni Migazzi, figlio di quel Guglielmo che fu il primo a stabilirsi a Cogolo proveniente dalla Valtellina all’inizio del XV secolo.

Ancora, interessanti sono alcuni motti, risalenti alla tradizione latina, che si leggono in due cartigli collocati sopra l’immagine della Crocifissione: il primo di essi recita: Tempore felitij multi numerantur amici. Cum fortuna perit, nullus amicus erit (Nei tempi buoni si contano molti amici, sparendo la fortuna, non ne resterà nemmeno uno); il secondo richiama il celebre Quidquid agis prudenter agas et respice finem, per dire che non si può essere sicuri di un’impresa se non dopo averla compiuta. La frase latina compendia il consiglio che Solone diede a Creso, di non insuperbirsi dei suoi successi fino a che la morte non avesse dato alla sua vita un significato e un valore definitivo.

Per quanto riguarda il rivestimento in tavole di abete rosso della stube al primo piano può essere fissato un termine post quem al 1738, data dell'ultimo anello di accrescimento identificato con le analisi dendrocronologiche. Dati precisi che hanno fatto dire a Mauro Bernabei di aver trovato a Cogolo “il lavoro più bello e completo fatto in Trentino in 18 anni di attività”. Tra i dati più significativi, il numero imponente

(68) di campioni analizzati, da travi e tavole; decisiva poi è stata la presenza di sottocorteccia, materiale capace di permettere datazioni all’anno. Ancora, Bernabei ha sottolineato come in Trentino si possa contare su un database dendrocronologico di alto livello, per il quale un grande contributo – ha detto Bernabei – è arrivato dall’Ufficio Forestale di Malé e in particolare dal direttore Fabio Angeli.

I risultati dell’analisi sui legni del palazzo sono stati presentati nel corso di un appuntamento, organizzato dalla Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento e moderato dallo storico dell’arte Salvatore Ferrari, seguito online da oltre 60 persone, tra restauratori, architetti, storici e storici dell'arte, tecnologi del legno, cittadini della Valle di Peio. Dopo i saluti del Soprintendente, Franco Marzatico, e dell'Assessore alla cultura del Comune di Peio, Viviana Marini, che ha ricordato come il progetto di restauro venne avviato dalla precedente amministrazione di Angelo Dalpez, la restauratrice Francesca Raffaelli ha illustrato la convenzione sottoscritta nel 2016 tra la Soprintendenza e il Consiglio Nazionale delle Ricerche – IVALSA (Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree), che ha consentito di affidare ai ricercatori del CNR-IBE (Istituto per la BioEconomia) di San Michele all’Adige l’incarico di esaminare alcune travi e altro materiale ligneo conservati all'interno della dimora signorile solandra.


DIMORA NOBILE, SCUOLA, CANONICA, CASEIFICIO, AMBULATORIO, BIBLIOTECA: I TANTI UTILIZZI DI PALAZZO MIGAZZI

Tante sono state le tappe vissute negli ultimi 100 anni di storia da Palazzo Migazzi.

Nel 1833 in poi ospitò le scuole del paese, che vi rimasero per svariati decenni come testimoniato dalle scritte e dalle date incise da alcuni studenti. Negli anni quaranta/cinquanta il palazzo, per buona parte ancor proprietà della parrocchia di Santi Filippo e Giacomo di Cogolo, venne adibito a caseificio turnario e a magazzino. Nonostante fosse presente un vincolo di tutela, clamoroso fu quanto accadde in una notte del 1952, quando il portale a sesto acuto e il muro merlato vennero abbattuti da ignoti.

I lavori di recupero del 1983-1984 portarono alla realizzazione dei locali che ospitano la biblioteca comunale. Nel 1997 fu poi la volta del tetto, che venne interamente sostituito e ricoperto con le tradizionali scandole in legno. Il primo piano, dopo aver ospitato la canonica parrocchiale fino al 2001, venne assegnato al Circolo anziani del comune. Il secondo piano negli anni passati ospitò tra le altre cose l’ambulatorio del medico comunale. Palazzo Migazzi è interamente di proprietà comunale dalla fine del 2012, periodo in cui il diritto di usufrutto della parrocchia su parte dell’edificio venne “permutato” con il diritto di proprietà sull'immobile dell'ex asilo.

 

 



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