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SOS Sostenibilità

Diamo il giusto valore all'ambiente

mer 10 nov 2021 10:11 • By: Alberto Mosca

Geremia Gios, docente all’Università di Trento, spiega come il punto sia dare valore a qualcosa che non ha prezzo

“In un tempo di crescente incertezza e insoddisfazione, nel quale il futuro è visto più come una minaccia che come una promessa, è necessaria una precisa presa di coscienza: lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo capace di durare nel tempo, nel quale è essenziale saper riconoscere all’ambiente il suo vero valore”.

Proprio sul valore, dai più non considerato, dell’ambiente e della biodiversità, il prof. Geremia Gios, docente di economia nell’Università di Trento e già sindaco di Vallarsa, è intervenuto nel recente convegno “Cronache dall’arnia”.

Si tratta di un bene che non ha prezzo e che per questo viene consumato in maniera eccessiva e scriteriata, ma che a ben vedere ha un valore superiore, anche se non immediatamente quantificabile.

Proprio la quantificazione di questo valore ci dà la misura di come una vera sostenibilità sia premessa indispensabile ad un futuro. Senza sostenibilità e senza biodiversità non c’è futuro.

Secondo Gios lo sviluppo sostenibile va pensato e costruito su 4 dimensioni: quella economica, da attivare nel breve termine; quella sociale, a medio termine; quella ambientale, i cui benefici si vedranno a lungo termine; ad essi si aggiunge la dimensione istituzionale, “la più importante, dato che deve conciliare tutti gli interessi di breve, medio e lungo termine.

La forza del tema della sostenibilità diventa ancora più evidente se partiamo dai flussi di utilità esportati dall’ambiente verso la società umana: l’ambiente è in primo luogo fonte di materie prime e recettore di rifiuti; è un’utilità in sé, come sperimentiamo nell’ammirare un bel paesaggio o quanto pratichiamo attività all’aperto; è fonte di sostegno alla vita. Tuttavia vediamo come l’ambiente venga “consumato” in maniera eccessiva, un fenomeno dovuto al fatto che molte risorse ambientali non hanno prezzo e quindi il loro consumo è incontrollato. Inoltre, molte risorse naturali non sono esclusive (tutti respiriamo l’aria, tutti possiamo godere della bellezza di un luogo); queste caratteristiche formano il valore dei “servizi” forniti dagli ecosistemi planetari, valore che nel 2011 il prof. Robert Costanza (Università della Florida) ha provato a quantificare: ne è uscito un valore pari a 125.000 miliardi di dollari; un numero straordinario, se pensiamo che il PIL mondiale nel 2011 era pari a 68.600 miliardi di dollari.

Niente male per dei servizi che non hanno prezzo!

Un altro esempio può venire dai flussi di beni e servizi provenienti dalle foreste trentine: se pensiamo al legno e agli altri prodotti vendibili abbiamo 74 euro per ettaro all’anno; ma se vediamo la protezione idrogeologica questo valore arriva a 212, quello relativo al valore paesaggistico-ricreativo è di 44 e quello della fissazione del carbonio a 12: insomma il valore del bosco va molto oltre quello del legname da vendere, eppure solo quest’ultimo ha un prezzo.

Insomma, dare un prezzo a utilità di valore immenso per impedire il consumo eccessivo e scriteriato.

Infine, elemento essenziale alla conservazione di questo valore “immateriale” è la biodiversità, ovvero la compresenza di diverse specie nell’ambiente: sotto questo profilo il pericolo è imminente e definitivo, se pensiamo che su dati geologici la durata media di una specie era fissata tra 1 e 10 milioni di anni, mentre nel secolo scorso siamo scesi a 10.000 anni e ad oggi siamo ad una durata media di una specie ridotta a 200-400 anni! Una tragica ed esiziale riduzione di biodiversità che è dovuta non tanto dalla quantità di prodotti del pianeta che gli esseri umani consumano direttamente (circa il 10% del prodotto primario netto), quanto dalle modalità con cui questo consumo avviene (un altro 30% di prodotto primario netto).

In prospettiva, un’emergenza per la quale non c’è più tempo: prima a livello locale e poi globale, abbiamo 30-60 anni per fermare una perdita di biodiversità che sarebbe devastante per la presenza umana sulla Terra.


La sostenibilità… nella pubblica amministrazione

Ma quante parole servono per scrivere una delibera comunale? Geremia Gios, atti alla mano, ha provveduto a calcolare la progressiva elefantiasi delle pubbliche amministrazioni, piccole e grandi. Prendiamo come esempio un atto relativamente semplice come la concessione di un contributo ad un’associazione: se allo scopo a Vallarsa nel 1910 servivano 171 caratteri (spazi compresi), nel 1950 erano già 1018, nel raddoppiati a 4688 e dopo il 2010 ben 5644! E se prendiamo il comune di Rovereto, nel 2010 per dare un contributo servivano la bellezza di 49.206 caratteri.

 

Ma quanto pesa l’uomo sulla Terra?

Se prendessimo tutti gli esseri umani presenti sulla Terra e li mettessimo su una bilancia, avremmo un peso complessivo di 200 milioni di tonnellate. Ma c’è chi pesa più di noi. Il bestiame domestico ad esempio pesa ben 705 milioni di tonnellate, i pesci e i crostacei 1000, le piante coltivate 2000, le altre piante terrestri 8000, gli altri animali terrestri 25 milioni di tonnellate, insetti, batteri e protozoi “solo” 15 milioni di tonnellate.



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