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Andiamo per malghe

I prodotti di malga sono unici, eppure c’è chi svende

ven 23 dic 2022 11:12 • By: Alberto Mosca

Marco e Cristina raccontano Malga Polinar

Una bella foto di Marco e Cristina (Ph. Giulia Ticozzi).

Marco Pangrazzi e Cristina De Stefani da due anni sono i volti di Malga Polinar. Un’avventura iniziata “in occasione di una degustazione - racconta Marco - allorché venni a conoscenza dell’asta di due malghe in Val di Rabbi, Stableti e Polinar. Da anni facevo la stagione in malga e, complice l’intenzione di tornare in valle, con Cristina abbiamo deciso di provarci. Polinar è un bel posto, con un’Asuc partecipe e motivata, con la quale ci troviamo bene e ci sentiamo ascoltati. Sono tanti i lavori fatti e quelli da fare ancora, ma l’atteggiamento propositivo di tutti ci dà fiducia”.

Questa per Marco e Cristina è la seconda estate da gestori della malga Polinar e il bilancio è positivo: “Questa seconda meglio della prima. Più preparati, ci siamo fatti forti della conoscenza del pascolo e degli animali, di tanto lavoro e dell’aiuto di numerosi amici volontari…” 

Un’esperienza di vita d’alpeggio che abbraccia la gestione della stalla, del caseificio e la vendita, ambiti seguiti da Marco, ma anche la ricettività e la cucina, dominio di Cristina.

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“Dobbiamo assolutamente – spiega Marco – valorizzare il prodotto di malga: un punto di forza indiscutibile che paradossalmente oggi è anche il punto di debolezza. Il prodotto di malga è unico come le vacche e l’erba del pascolo, dotato di proprietà organolettiche straordinarie: eppure spesso è svenduto. Sembra strano, ma i primi cui bisogna farne capire l’importanza sono i malgari… specie quelli che già alla fine di settembre lo hanno (s)venduto tutto, invece di credere in un prodotto di qualità. Un altro aspetto critico sta nella difficoltà di portare in alpeggio bovini autoctoni particolarmente vocati a questo ambiente, come la Grigia alpina o la Rendena, qualità che hanno una resa minore in termini quantitativi e quindi faticano a trovare posto in malga…”

Sul fronte della ricettività, Cristina spiega come ci si trovi di fronte, nel corso dell’estate, a due diversi tipi antropologici di turista: “A giugno e luglio abbiamo le persone che amano la montagna, cercano tranquillità e contatto stretto con la natura, interessati alla vita d’alpeggio e desiderosi di trovare nel cibo una cornice all’esperienza fatta. Ad agosto c’è un po’ di tutto ovviamente, ma con una maggiore presenza di persone abituate ‘a essere servite’, convinte che la malga e il ristorante di città siano la stessa cosa. Spiegare il valore dell’acqua pura a 1800 metri, la scelta di non avere bibite per limitare la produzione di rifiuti, raccontare i limiti di un mondo alpino in cui si lavora e si vive, senza le comodità del fondovalle, diventa per noi un modo per descrivere una filosofia che la gran parte dei nostri ospiti capisce e apprezza, considera un valore aggiunto alla loro esperienza turistica. In questo modo il menu giornaliero, i prodotti freschi, il piccolo mulino con cui facciamo il pane tutti i giorni e infine il piatto in tavola diventano un modo buono e genuino in cui ritrovare il nostro stupendo mondo… ”



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