sab 23 mag 2020 19:05 • By: Alberto Mosca
Nei giorni più difficili della pandemia, grandi gesti di solidarietÃ
Tutti ricordiamo bene come, nei primi esplosivi giorni dell’emergenza Covid-19, vi fosse una generalizzata carenza di dispositivi di protezione individuale: in particolare, le mascherine. Mancavano negli ospedali, nelle Rsa, tra i volontari già all’opera sul campo sanitario. Tant’è vero che partirono raccolte fondi per acquistarle e alcune strutture agirono in autonomia. Ci fu chi, in forza della propria arte, generosamente si offrì di cucire mascherine da mettere a disposizione di chi ne avesse avuto necessità . Abbiamo parlato con alcune di queste sarte.
“Sì, sto cucendo anch'io mascherine – spiega Ivana Penasa, di Cles (nella foto, a destra) – ma per prima cosa ho realizzato un breve video tutorial per tutte le mie clienti che avessero voluto farsele da sole, in un momento in cui non si trovava davvero niente! Chiaramente non ho mai fatto dispositivi medici, per ospedali, dato che le esigenze sono ben diverse. Mi sono studiata la deroga per la certificazione dei dispositivi italiani e ho capito che, nonostante la semplificazione, l'iter era comunque complesso per la mia limitata capacità di produzione. Mi sono fermata anche in virtù di quanto si stava facendo a livello provinciale e noi piccole sarte avremmo potuto affiancarci nella produzione. Nonostante la notizia di allora – continua Ivana - che il ministero avrebbe vagliato le richieste in tre giorni, come spesso accade le aspettative sono state disattese... L' Art. 16 D.L.17 marzo 2020 n. 18 comma 2 ha dato qualche spiraglio e per la popolazione sono state approvate anche le mascherine fai da te (compresi i reggiseni trasformati in mascherine). Quello che mi ha preoccupato fin dall'inizio – aggiunge Ivana Penasa - è il pianeta di rifiuti non riciclabili che stiamo creando! Mi sono ricordata quando da bambina, prima di farmi la temuta puntura di penicillina, mia madre sterilizzava quella che a me pareva un enorme siringa nell'acqua bollente. Ecco che una mascherina di cotone si può lavare tutti i giorni e riutilizzare a lungo evitando rifiuti, sterilizzarla in maniera sicura e semplice, dotarla di un filtro, tipo il proteggi slip che già è testato e garantito, essere confortevole anche per un bambino (a cui nessuno aveva pensato). Mi è sembrata una risposta concreta, sicura e di buon senso, nonostante la mancanza di certificazione, in un momento di emergenza come quelloâ€.
Analoga la storia raccontata da Cristina Endrizzi, giovane sarta di Fondo (nella foto, a sinistra): “Purtroppo l’Apss non ha potuto accettare la mia donazione e lo stesso è stato con le case di riposo… Però ho potuto comunque fare beneficenza collaborando con una cooperativa di Trento. È chiaro che per l’uso ospedaliero servono determinate certificazioni, ma ad ogni modo mi ha fatto piacere mettermi a disposizione e sapere che ho potuto aiutare qualcuno in un momento in cui questi dispositivi erano introvabiliâ€.
Chiudiamo questa breve rassegna con Lucia Mura, 79 anni, sarta in pensione di Cles (al centro nella foto): anche lei, in un momento difficile per tutti, ha messo a disposizione le proprie mani e la propria abilità per aiutare le persone a proteggersi. Mascherine che sono andate ai Vigili del Fuoco volontari di Cles, e per le lavoratrici del magazzino Cfc. Un gesto particolarmente apprezzato, fino alla commozione. Storie di donne e di un mestiere antico, soprattutto di cuore e solidarietà .