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Nos, una voce nuova

mer 08 lug 2020 22:07 • By: Alberto Mosca

Sergio Branz e il taccuino del cronista

Da quasi mezzo secolo osserva e racconta le valli del Noce. Sergio Branz, 83 anni compiuti ai primi di giugno, è iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1975. Ben 45 anni di articoli sulle pagine dell’edizione trentina del Gazzettino, su quelle de L’Adige e dell’Alto Adige, oggi Trentino, con qualche incursione sulla mitica «rosea». Con lui ripercorriamo brevemente quel pezzo di storia del giornalismo locale che parte idealmente dalla nascita di NOS, nel 1995, non senza qualche incursione nel tempo in cui la rivista delle valli del Noce era di là da venire.

Quanto è cambiato il modo di fare giornalismo nelle valli e nei paesi?

Tanto. Un tempo, specialmente nelle aree periferiche, il giornale e il cronista erano l’unico mezzo per informare e riportare la cronaca dei paesi. La gente cercava sui quotidiani locali quello che succedeva nei comuni, nelle associazioni, nelle casse rurali, nelle cooperative. Fosse il consiglio comunale o la partita della domenica, forte era l’interesse a conoscere. E la trafila sempre la stessa: scrivere e consegnare il pezzo “fuori sacco” alla Trento-Malé. Il pezzo del consiglio comunale usciva due giorni dopo: la sera consiglio, la mattina dopo la spedizione, il giorno dopo ancora la pubblicazione. Posso dire che il giornalista era un punto di riferimento, da lui ci si aspettava la notizia e il commento. Oggi abbiamo le notizie immediatamente e ovunque, e quelle locali passano per lo più inosservate, se non sui grandi temi.

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Compito del giornalista era, e credo lo sia ancora, cogliere quali argomenti avrebbero potuto interessare il pubblico e creare dibattito nei lettori. Un dibattito oggi molto limitato, basta vedere come la cronaca della politica comunale sia praticamente sparita dai giornali, rendendo di fatto molta parte della cittadinanza avulsa dalla vita della comunità.

In tanti anni di carriera, ci sono notizie che sono rimaste più impresse di altre?

Scoppia in Trentino il problema degli scopazzi del melo e la giunta provinciale cerca disperatamente soluzioni: il dibattito è forte ma si vive anche una certa reticenza dato che l’unico rimedio vero è lo sradicamento delle piante. Ebbene scrivo una pagina intera sull’argomento che solleva un bel vespaio… Poi naturalmente le vicende della viabilità della Val di Non e il grande dibattito sulla galleria del Peller: erano anni in cui c’erano i soldi e la volontà per realizzarla, ma per qualche interesse spicciolo si è persa l’occasione. Infine, purtroppo, la cronaca nera, alcuni casi particolarmente dolorosi, i grandi incidenti stradali o sul lavoro, i suicidi. Era per me faticoso in quei casi cercare notizie, fotografie. Allora non c’era la televisione che fa vedere tutto e quindi era diverso il modo di raccontare queste tragedie, forse con meno curiosità e più partecipazione, vicinanza.

Ci sono delle persone di cui hai un particolare ricordo?

Il maestro Remo Valentinotti, di San Giacomo, che fu sindaco di Caldes e corrispondente dell’Alto Adige dal 1958 alla fine degli anni Ottanta, o il maresciallo Albani: fu per lui che cominciai a scrivere, dato che mi chiese una mano per lo sport domenicale sulle pagine de L’Adige… e poi ho ricordo di tanti anziani, praticamente uno per paese, che mandavano corrispondenze a Vita Trentina. Non eravamo mica tanti allora, il mestiere si faceva per hobby e passione, non certo per la paga, un tanto a riga pubblicata. La passione ci vuole anche adesso, ma ci sono più persone che fanno comunicazione.

Nel 1995 nasce NOS: che pensasti di quella iniziativa editoriale?

Ho sempre creduto molto nell’informazione. Con NOS ho un rapporto particolare, anche perché il direttore è cugino di mia moglie… Ma al di là di questa simpatia, ritenni da subito un fatto molto importante sapere che una nuova voce si aggiungeva alle tre tradizionali (L’Adige, Alto Adige, Vita Trentina, ndr). Sapevo che NOS avrebbe contribuito a dare alle persone le notizie con un maggior grado di approfondimento rispetto a quello possibile nelle due pagine del quotidiano. Sono felice che ci sia ancora, e che sempre più gente lo legga e lo cerchi. E magari sentir dire «L’ai legiù sul Nos…».



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