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Speciale 25

Nos: un giornale per i sapiens

mer 08 lug 2020 22:07 • By: Fortunato Turrini

Contro il profitto a ogni costo, il valore di riscoprire la cultura

Il mio antico professore di greco, d. Lino Stablum da Malé, più di 60 anni or sono ci metteva davanti al dilemma: o con l’una, o con l’altra. Tertium non datur, dicevano i latini, perché davvero non esiste una terza scelta. Sembra che noi oggi viviamo in un tempo di civilizzazione. Le idee che circolano sui media, il vissuto dei contemporanei e di conseguenza le loro attività sono fondate su una moda che viene dagli USA. Sarà la suggestione calvinista importata dall’America, o la potente forza di convinzione che ha il denaro, ma tutti poco o tanto siamo diventati «interessati»: imprenditori- a parole - succubi di una tendenza - in realtà -.

Il prevalere dell’economia su tutto il resto, il fare soldi a tutti i costi, hanno infestato la personalità di molta gente. Non si è più giudicati in base al «chi sei?» ma in base al «quanto hai?». Il contadino noneso che affermava tale equazione: «Non hai mele? Allora non vali niente» in fondo esprimeva il sentire normale delle persone. Siamo stati civilizzati, o in pratica siamo stati colonizzati da questa opinione. In 25 anni siamo regrediti da Homo sapiens a Homo oeconomicus. Questo innegabile risultato ci ha impoveriti, ci fatto perdere anche la cultura. In senso molto ampio, essa è l’insieme delle cognizioni intellettuali che uno ha acquistato con studio e esperienza, rielaborando il tutto con un ripensamento personale, tanto da convertire le conoscenze da semplice erudizione a elemento fondante del proprio io, della propria moralità, della spiritualità, del senso estetico. In altre parole, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo. Cultura non è semplicemente la somma delle conoscenze, che si possono agevolmente trovare su Wikipedia, come sanno purtroppo tanti ragazzini. È soprattutto rielaborazione personale, intimo approfondimento di quanto si sa e si vuole.

Si lavora sul NOS già da cinque lustri. Negli anni passati non parlavamo di globalizzazione, di ISIS, di Cina come oggi. Le nostre vedute erano più limitate, ma non, per questo, errate. Impossibile tornare indietro. Però si potrebbe imprimere una svolta all’impegno. Puntare per esempio l’attenzione su quel mondo ancora trascurato che è la cultura artistica, senza intenti economici o turistici, per educare al bello, per riscoprire il valore delle cose importanti che ci sono nelle nostre chiese, nei castelli, nei paesaggi. Un passo in positivo - senza diventare Don Chisciotte contro i mulini a vento - che ci risollevi da un atteggiamento solo economico a uno stile più pulito, più interiore. Un quadro, un edificio, un particolare riescono forse a convincere più di tanti dotti ragionamenti. La vita nonostante ciò prosegue. Anche nei secoli passati si immaginava che l’economia fosse tutto. I tempi delle città-comune, rette in bene e in male dai banchieri e dai commercianti; delle città marinare, dove il profitto era onnipresente; della mentalità inglese, volta a dominare il mondo: sono alcuni esempi fra i molti che la tentazione di ridurre ogni realtà a denaro rimane salda. Pur tuttavia bisogna tornare alla base. «Un’economia che uccide» come afferma Papa Francesco; il ricondurre tutto a numeri, in perdita o in guadagno: ecco gli scogli a cui sfuggire. E forse anche NOS può combattere qui la sua piccola battaglia..



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