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Uomini e bestie, una lunga storia di amore e odio

Parco Nazionale dello Stelvio, serbatoio di biodiversità

sab 08 ago 2020 17:08 • Dalla redazione

Sono numerosi i progetti portati avanti dalla riserva naturale per conoscere e tutelare la fauna selvatica

Osservazione sul campo, Archivio Parco Nazionale dello Stelvio

Con i suoi 130.728 ettari che si sviluppano su un territorio tra la Lombardia e le Province Autonome di Trento e Bolzano, il Parco Nazionale dello Stelvio è la più grande area protetta alpina d’Italia e rappresenta un importante serbatoio di biodiversità grazie alla presenza di un’elevata varietà di specie animali. L’attività di raccolta e sistematizzazione dei rilievi faunistici ha permesso, infatti, di stimare la presenza di circa 259 specie di vertebrati sul territorio. Attualmente è accertata la presenza di 8 specie di pesci, di cui 2 alloctone di provenienza americana e 3 frutto comunque di immissioni operate dall’uomo. Il numero relativamente basso di anfibi e rettili, rispettivamente 4 e 11 specie, è legato alle caratteristiche tipicamente alpine e alto-alpine dell’area protetta che ne limita l’idoneità per le specie a sangue freddo. Non è un caso che il numero maggiore di specie sia presente nel settore lombardo del Parco, dove le quote sono più basse e poste nei settori meridionali dell’area protetta.

Per quanto riguarda l’ornitofauna, è stata verificata la presenza di 178 specie di uccelli: per 5 di esse la presenza è probabile, ma non ancora accertata con sicurezza. Tra le specie più rappresentative spiccano i rapaci, tra cui l’aquila reale, che è simbolo del Parco, e il gipeto, e i galliformi, tra cui la pernice bianca, il gallo forcello, il francolino di monte, la coturnice e il gallo cedrone. Tra i mammiferi, invece, le specie accertate sono 59, comprese quelle la cui presenza si considera ancora occasionale come l’orso o la lince. Di queste, 20 appartengono all’ordine dei chirotteri.

Gli ungulati, quindi, rivestono un ruolo particolarmente importante per l’assetto ecologico del Parco e per la loro rilevanza turistica ed economica. Camosci, circa 4.000 individui, e cervi, la cui popolazione primaverile oscilla tra i 6.000 e i 7.000 individui (oltre 10.000 se si considerano anche le zone limitrofe), sono distribuiti uniformemente nei tre settori del parco. Le elevate densità del cervo, che in alcune aree raggiungono i 25 cervi ogni chilometro quadrato, hanno richiesto un protocollo che prevede il controllo numerico delle popolazioni in Lombardia e Alto Adige e, in un futuro prossimo, anche in provincia di Trento.

La popolazione di stambecco è la seconda più grande d’Italia con oltre 1.000 esemplari e si concentra perlopiù nel versante lombardo, ma i suoi avvistamenti sono sempre più frequenti a Bolzano e la sua presenza è ormai consolidata in Trentino anche a seguito di un progetto di immissione realizzato nell’ultimo decennio a partire da soggetti catturati in Lombardia. Tra i mammiferi di dimensioni minori, riveste particolare importanza la marmotta, ampiamente diffusa nel territorio dell’area protetta e sono presenti anche volpe e vari mustelidi.

Istituito nel 1935, il Parco è dal 2016 suddiviso amministrativamente nei tre settori lombardo, trentino e altoatesino, continuando però a perseguire obiettivi comuni all’interno di una visione strategica coordinata e unitaria. Oltre alla conservazione della natura, allo sviluppo locale sostenibile e all’educazione ambientale, l’ente ha come obiettivo strategico anche il monitoraggio e la ricerca scientifica, che, coordinata da Luca Pedrotti, fornisce valide basi decisionali per la gestione del territorio e la pianificazione del Parco, oltre a contribuire a uno sviluppo sostenibile basato sulla conservazione attiva e la gestione sostenibile delle risorse. I progetti di ricerca e monitoraggio indagano principalmente temi legati ai cambiamenti climatici in alta quota e alle relazioni esistenti tra ambiente e uomo oltre a garantire azioni di conservazione per assolvere gli obblighi richiesti dalle direttive comunitarie «Habitat», relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, e «Uccelli», per la conservazione degli uccelli selvatici. Di seguito un breve elenco dei progetti scientifici portati avanti dall’ente.

1. Progetto interazione cervo – camoscio

Da presenza sporadica negli anni ’80, il cervo negli anni è cresciuto e si è sviluppato di numero all’interno del Parco. Un percorso inverso è toccato, invece, alla popolazione di camoscio che da numerosissima si è via via ridotta. Gli studi e oltre 30 anni di dati raccolti dal personale trentino del Parco supportano oggi l’ipotesi che esiste un impatto negativo del cervo sul camoscio attraverso un meccanismo di competizione interspecifica. Rimangono però ancora da spiegare i meccanismi attraverso cui la competizione tra le due specie avvenga: se per interferenza, in cui una specie predomina sull’altra allontanandola fisicamente in aree subottimali, e/o se per sfruttamento, in cui le due specie riescono a convivere, ma la specie dominante toglie risorse (alimentari soprattutto) all’altra.

Autoroen Aprile

La risposta a questo interrogativo è l’obiettivo del nuovo progetto iniziato in Val di Rabbi proprio quest’estate.

2. Progetto marmotta

Oltre ad avere un’importante valenza culturale e turistica, la marmotta presenta delle caratteristiche peculiari, sia comportamentali che fisiologiche, che la rendono un soggetto particolarmente interessante come modello di studio. Il suo essere una delle prede preferite di aquila e volpe e il suo impatto sull’ambiente la rendono infatti un buon indicatore dello stato dell’ecosistema alpino. Stimarne la sua abbondanza è però complicato. Dopo una fase iniziale di Capture-Mark-Recapture, in cui gli animali sono catturati e successivamente rilasciati dopo l’applicazione di targhe auricolari e microchip che ne permettono il riconoscimento, il progetto di studio si propone di confrontare le performance di diversi metodi di stima, evidenziandone i limiti e i vantaggi e di indagare la risposta delle popolazioni al cambiamento climatico. Attualmente è attivo in due settori del Parco, quello trentino dal 2014, in Val de la Mare, e quello lombardo, dal 2016, nella Valle del Braulio.

3. Progetto cascate trofiche

Il lupo non è ancora presente stabilmente nel territorio del Parco, ma ci sono i presupposti che suggeriscono la possibilità che un ritorno spontaneo dell’animale nello Stelvio sia molto vicino nel tempo, anche grazie all’abbondanza delle specie preda. La situazione di assenza di lupo fa del Parco uno scenario ottimale per lo studio a lungo termine delle possibili conseguenze del ritorno spontaneo della specie sull’ambiente e sulle altre specie animali. Proprio per questo, il Parco, in collaborazione con l’Università di Siena e la Fondazione Edmund Mach, ha avviato dal 2019, all’interno del settore lombardo, un progetto che si propone di monitorare nel lungo termine l’effetto che la nuova presenza del lupo avrà sugli ecosistemi del Parco. La comparsa del superpredatore, infatti, potrebbe avere ripercussioni non solo direttamente sulle potenziali prede quale il cervo, ma anche indirettamente sulle restanti componenti ecosistemiche.

4. Progetto gipeto e aquila

Il gipeto barbuto, diventato ormai un emblema del Parco, con i suoi 2,80 m di apertura alare, è il più grande rapace nidificante d’Italia. Estintosi sulle Alpi nel 1930 a seguito di persecuzione da parte dell’uomo, è stato reintrodotto nell’arco alpino a partire dal 1986, grazie al professore Hans Frey dell’Università di medicina veterinaria di Vienna. Al progetto ha aderito anche il Parco con il rilascio di giovani gipeti provenienti da giardini zoologici negli anni 1990 – 2000 e oggi sono presenti 5 coppie nidificanti a cui si aggiungono altre 7 coppie stanziate nelle zone limitrofe del Parco, ma gravitanti nell’area protetta.

Differente situazione per l’aquila reale, che, nonostante abbia subito diminuzioni a causa della persecuzione umana, non è mai scomparsa dall’arco alpino. Attualmente lo status di gipeto e aquila viene monitorato attraverso monitoraggi visivi sul campo, raccolta di reperti biologici, censimenti contemporanei in tutta l’area protetta, due volte all’anno. A partire dal 2019, lo studio, in collaborazione con Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino, l’istituto Max Planck e la stazione ornitologica Vogelwarte, ha previsto anche l’inanellamento di 10 aquilotti e l’applicazione di dispositivi di geolocalizzazione su 8 di essi. Questa azione permetterà di monitorare la dispersione giovanile degli animali. Il progetto si propone anche di individuare i fattori di minaccia per le due specie.

 

5. Progetto biodiversità animale in ambiente alpino

La necessità di conoscere la biodiversità alpina e di indagare le sue risposte in funzione dei cambiamenti ambientali e climatici ha spinto il Parco Nazionale del Gran Paradiso ad attivare nel 2006 un monitoraggio a lungo termine della biodiversità animale. Nel 2013, il Protocollo di intesa tra i Parchi Nazionali dello Stelvio, Gran Paradiso, Val Grande e Dolomiti Bellunesi per la realizzazione dell’azione di sistema “Monitoraggio della Biodiversità in ambiente alpino” ha permesso di estendere il progetto a 6 aree protette (4 parchi nazionali e 2 parchi regionali), tra cui il Parco Nazionale dello Stelvio. Il coinvolgimento di aree distinte, rende questo il primo tentativo di sviluppare un protocollo per il monitoraggio a lungo termine di più gruppi tassonomici nelle aree protette alpine. Il progetto rientra negli obiettivi strategici e prioritari proposti a livello globale, europeo e nazionale per arrestare la perdita di biodiversità entro il 2030. I principali obiettivi sono esplorare le relazioni tra biodiversità animale, clima e uso del suolo, a differenti scale spaziali, e fornire al Parco uno strumento per mettere in evidenza le variazioni nel tempo della ricchezza e della diversità specifica e di verificare i legami esistenti tra queste variazioni e le trasformazioni ambientali e del clima.

Un picchio nutre il suo piccolo, Archivio Parco Nazionale dello Stelvio (ph. Walter Anselmi)

6. Progetto erpetofauna

All’interno del progetto di monitoraggio a lungo termine della biodiversità animale in ambiente alpino si inserisce anche il monitoraggio dell’erpetofauna in relazione ai cambiamenti climatici. Il progetto è svolto in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente l’Università degli Studi di Pavia e con la Societas Herpetologica Italica. L’azione di monitoraggio, di durata pluriennale, iniziata nel 2014 nel settore lombardo ed estesa a quello trentino nel 2016 e altoatesino nel 2019, si occupa di molteplici aspetti quali la raccolta di dati sulla distribuzione e abbondanza di specie comuni lungo gradienti altitudinali; la ricerca di specie potenzialmente presenti, ma non ancora segnalate con certezza; il monitoraggio dei siti riproduttivi di rana alpina (Rana temporaria); la raccolta di informazioni di tipo distributivo, ecologico e genetico di tritone alpino (Ichthyosaura alpestris). Lo studio ha permesso di ampliare le informazioni sull’elenco delle specie presenti nel Parco e sulla loro distribuzione.

7. Progetto picidi

I picidi sono una famiglia di uccelli che comprende oltre 200 specie. Gli individui appartenenti a questo gruppo presentano la peculiarità di martellare con il becco il tronco degli alberi sia per alimentarsi che per creare siti di nidificazione. I picidi ricoprono diversi ruoli ecosistemici: contribuiscono ai processi di decomposizione del legno, alla dispersione dei funghi, alla regolazione delle densità delle popolazioni di insetti dannosi che potrebbero causare epidemie. Il ruolo chiave che questi uccelli ricoprono all’interno dell’ecosistema è, però, quello di essere “ingegneri forestali”. Le loro cavità-nido sono infatti utilizzate da una grande varietà di specie animali, sia per la riproduzione sia per il ricovero e per altre funzioni. I picchi quindi favoriscono la biodiversità soprattutto in zone dominate dalle conifere che risultano prive di cavità prettamente naturali riconducibili alla semplice senilità degli elementi arborei. La conservazione degli alberi con cavità-nido scavate dai picchi e la conservazione della necromassa sono fondamentali per garantire molti processi ecologici all’interno della foresta. Scopo del progetto, coordinato dal Servizio Foreste e Fauna e a cui collabora il Parco, è quello di descrivere gli effetti di un’azione di conservazione concreta degli alberi dotati di cavità attuata nei boschi tra il 2007 e il 2011, analizzando le cause (antropiche o naturali) di perdita di alberi con le cavità e gli effetti positivi.

8. Progetto gallo cedrone – CEDROGEN

Il gallo cedrone o urogallo (Tetrao urogallus) è un galliforme appartenente alla famiglia dei tetraonidi, di cui è il più grande rappresentante. Il cedrone è molto sensibile ai cambiamenti dell’habitat e per questo è considerato una specie ombrello: la sua esistenza è prova di alti livelli di biodiversità nell’ambiente in cui vive ed è un indicatore di salute dell’ecosistema forestale. La modifica e la frammentazione degli habitat forestali idonei, il cambiamento climatico e il disturbo operato dall’uomo hanno provocato un calo nel numero e una contrazione della distribuzione della specie negli ultimi anni, arrivando persino a delle estinzioni locali, come è avvenuto nelle Alpi occidentali. La Direttiva Uccelli, a tutela dell’avifauna selvatica, considera il cedrone come una specie che richiede misure di protezione dell’habitat per sopravvivere. Le popolazioni nella provincia di Trento hanno mostrato segni di sofferenza portando già diversi enti all’attuazione di piani di monitoraggio e gestione per salvaguardare la specie e studi per meglio comprendere le caratteristiche ecologiche e biologiche della specie. Tra questi studi però non si erano mai indagati gli aspetti genetici. Per questo, nel 2013, all’interno del Parco e in tutta la Val di Sole, in collaborazione con il Servizio Foreste e Fauna e il Centro di Genetica di Conservazione di FEM, si è svolto un progetto di studio della variabilità genetica del cedrone per sviluppare eventuali azioni di conservazione per la specie. Nel 2019 è stata avviata una seconda fase del progetto, finalizzata a una raccolta di maggiore dettaglio di campioni in tutte le aree in cui la specie si concentra durante il periodo riproduttivo (arene di canto), per ottenere una stima di dettaglio della numerosità della popolazione di maschi e di femmine e valutare la reale efficienza dei conteggi di norma effettuati al conto entro aree campione.

 


Il Gallo cedrone, Archivio Parco Nazionale dello Stelvio (ph. Luca Pedrotti)

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