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I meleti hanno sete, un investimento complessivo che vale 100 milioni di euro

sab 20 feb 2021 21:02 • By: Lorena Stablum

Rossi: «Inaccettabile il comportamento della Giunta». Dallapiccola: «Pensiamo a un Dmv dinamico»

Un investimento complessivo che va dagli 80 ai 100 milioni di euro, e forse anche di più. È quanto servirebbe ai frutticoltori delle Valli del Noce per soddisfare il fabbisogno idrico delle coltivazioni di mele. I consiglieri provinciali del Patt Ugo Rossi, Michele Dallapiccola e Paola Demagri tornano sulla questione dell’utilizzo delle acque relative al bacino del fiume Noce. Da un luogo simbolico, la terrazza naturale che si affaccia sul lago artificiale di Santa Giustina, i tre affrontano il tema partendo da quanto è stato fatto, ricostruiscono il quadro d’insieme di una questione che tocca entrambe le Valli del Noce e propongono nuove soluzioni, non prima però di aver stigmatizzato il comportamento dell’attuale Giunta provinciale.

Il commento. «Ciò che è successo l’altro giorno non è accettabile – afferma infatti Ugo Rossi in merito all’incontro che si è tenuto a Malé tra gli assessori Giulia Zanotelli e Mario Tonina (Qui, Qui, Qui, e Qui) -. Non è mai accaduto che si mettessero le comunità l’una contro l’altra su questioni vitali che riguardano entrambi i territori. Come è inaccettabile che la Giunta provinciale dica a un territorio che si fanno delle opere sole se se ne accettano delle altre. Questo non è governare. Bisogna essere capaci di far prevalere l’interesse comune, lavorando con fatica cercando di trovare soluzioni innovative». Ma se la prima osservazione è sul metodo, Rossi entra anche nel merito della questione evidenziando anche come non sempre «un’amministrazione, anche se di colore diverso, debba mettere per forza nel cassetto quanto ha fatto la precedente». «Nella scorsa legislatura abbiamo fatto un gran lavoro – aggiunge infatti Rossi - mostrando quali potevano essere le proposte, cercando di far sedere allo stesso tavolo i singoli consorzi, favorendo la nascita di un consorzio di secondo grado. Abbiamo gestito il problema del deflusso minimo vitale ragionando nell’ottica di un’ottimizzazione delle risorse e cercando di capire come utilizzare al meglio quelle che abbiamo».

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Il protocollo. La Giunta Rossi, con l'allora assessore all'agricoltura Dallapiccola, si era trovata ad affrontare il tema arrivando, a fine luglio 2018, anche alla stipula con il Cmf Val di Non di un protocollo d’intesa che impegnava 48 milioni di euro, spalmati su 8 anni, per formulare un progetto complessivo realistico e realizzarlo. Di questi ne sono stati stanziati 6 milioni. «Ma poi sono andati a finire in Vaia» spiega Dallapiccola. L’intesa prevedeva anche la riduzione del Deflusso minimo vitale (Dmv), che da 4,8 litri al secondo per chilometro quadrato poteva scendere fino a un rilascio medio di 2 metri cubi per otto anni, periodo durante il quale il Consorzio Val di Non avrebbe dovuto risolvere i problemi di approvvigionamento idrico. «Ora non è che Bruxelles si è dimenticata del Dmv – continua ancora Dallapiccola -. Alla fine del 2022 ci chiederà la sua applicazione. È quindi una questione che va ripresa in mano immediatamente».

Il fabbisogno idrico. Secondo le stime, con l’applicazione del Dmv in base al Pguap, alle Valli del Noce mancherebbero in circa 12 milioni di metri cubi annui (4,8 l/s per kmq). Con la deroga prevista dal protocollo il deficit scende quindi a circa 3 milioni di metri cubi anno e si ridurrebbe ulteriormente, fino a 500 mila metri cubi annui, se le reti esistenti fossero interconesse, se cioè i consorzi condividessero l’acqua collegando tra loro le infrastrutture. «Fare in modo che ogni zona della Val di Non possa andare in soccorso a quelle aree in cui manca l’acqua: è questo il primo lavoro da realizzare – sottolinea Dallapiccola -. La riduzione del Dmv, la conversione a goccia degli impianti di irrigazione e la realizzazione di nuove reti e bacini non sono sufficienti però a garantire la sostenibilità dell’irrigazione nelle valli del Noce. Si dovrà lavorare per aumentare l’attuale disponibilità idrica e per risparmiare ulteriormente l’utilizzo di acqua».

Le ipotesi percorribili avanzate sono diverse - tutte insieme comporterebbero un investimento complessivo che va dagli 80 ai 100 milioni di euro, ma anche di più - e prevedono l'adduzione di acqua aggiuntiva dalla Val di Sole, o utilizzando l'acqua del Rabbies, dove il Cfm ha già una concessione, con un impegno di 25-35 milioni di euro, o dal fiume Noce in Val di Peio con un costo stimato da Rossi in circa 60 milioni di euro, il sollevamento dell’acqua dai bacini di fondovalle (dai 15 ai 20 milioni di euro), le già citate interconnessioni (20 milioni di euro), la creazione di nuovi invasi (30 milioni di euro) e impianti di pompaggio di soccorso (5 milioni di euro). Opere, che secondo Dallapiccola, sono finanziabili con fondi del Psr, Psrn, fondi provinciali previsti dalla l.p. 4/2003, con finanziamenti da parte di operatori economici, anticipazioni agevolate Bei e con il rinnovo della grande concessione idroelettrica di Santa Giustina.

Le zone interessate

I finanziamenti. «La Giunta sta usando il Recovery Plan per qualsiasi cosa, ma al lato pratico i soldi arriveranno solo per la ferrovia - aggiunge Dallapiccola evidenziando come l’ipotesi avanzata dagli assessori Zanotelli e Tonina ai sindaci della Val di Sole di finanziare le opere prospettate con i fondi in arrivo dall’Europa sarebbe impraticabile -. Il Recovery è fatto con una logica per la quale non si finanziano opere pubbliche singole, ma una serie di investimenti interconnessi tra loro. Ci sono invece fondi ministeriali per l’agricoltura che dovrebbero essere assegnati entro l’estate. Inoltre finora non si è chiesto all’Europa di attivare il Psr. Non è sbagliato che l’assessora vada a promuovere cose che stanno all’interno di un grande quadro. A fronte però di un annuncio di principio, si tiene un comportamento scorretto che alimenta sotto banco piccoli pezzi del progetto, finanziando opere singole ai vari consorzi».

La proposta. «L’unica strada, che io vedo percorribile – conclude Dallapiccola -, è quella di impostare un ragionamento su un Dmv dinamico, applicando una deroga complessiva non sul singolo corso d’acqua ma sull’intero bacino. In questo modo, se ho una valle interconnessa nelle sue infrastrutture, ho la possibilità di usare l’acqua distribuendola secondo le disponibilità e le varie esigenze, andando a prendere dove in quel momento è abbondante e portandola in quelle zone in cui è scarsa. Questo consentirebbe di venire incontro all’ambiente e ai bisogni dell’agricoltura».

Cles e l’acquedotto. C’è poi un’ultima, ma non meno importante, questione legata al progetto del lungo tubo che il Cmf della Val di Non vorrebbe realizzare ed è relativa all’acquedotto dell’acqua potabile del Comune di Cles che, attingendo da Croviana, in Val di Sole, passa lungo la pista ciclabile solandra. A portarlo all’attenzione è la consigliera Demagri che sottolinea le questioni idrogeologiche connesse al progetto degli agricoltori nonesi. «La politica, nel momento in cui dovesse decidere di andare a prendere acqua in Val di Peio, deve fare delle considerazioni a 360 gradi – afferma Demagri, evidenziando come la rete clesiana abbia bisogno di interventi di sistemazione nel tratto che da Mostizzolo sale al paese solandro -. Chiedo che non si lavori disgiunti sui due progetti e che si abbia una visione più ampia e completa che tenga conto anche delle esigenze di assoluta priorità legate all’acqua potabile considerato che le infrastrutture dovranno fare il medesimo tragitto». 


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