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Essere credibili non solo credenti

dom 12 set 2021 09:09 • By: Renato Pellegrini

Essere credibili perché non chiediamo a Dio di sostituirsi a noi, alle nostre scelte, ai nostri comportamenti

«Secondo me Dio dovrebbe tenersi al disopra delle meschinità. Non dovrebbe mostrare potenza, ma perdono. E non dovrebbe ispirare obbedienza, ma adorazione» (Eric-Emmanuel Schmitt).

Le immagini di Dio nel nostro mondo sono molte, diverse e persino contraddittorie. Quale idea di Dio trasmettono i credenti a coloro che non credono? Quale Dio testimoniano nelle loro comunità?

Dio è “mistero”, è più grande dei nostri pensieri e delle nostre parole. Mistero non è però sinonimo di incomprensibile, lontano; non esprime incomunicabilità. La domanda è dunque importante, perché non basta essere credenti, aver fede, ma occorre anche essere credibili. Credibili anche quando pensiamo a un Dio che è, sì, onnipotente, «ma non di un’onnipotenza che annichilisce l’individuo, quanto che lo fortifica». Credibili del fatto che Dio ama la libertà, e a Lui non dobbiamo ubbidire come un cagnolino al padrone. Testimoni credibili che Dio è prima di tutto Padre sempre pronto ad accoglierci nel suo abbraccio, come è bene illustrato in un famoso quadro di Rembrandt. Noi siamo responsabili anche di Dio. Ricordo le parole di Etty Hillesum, martire dell’odio nazista ad Auschwitz, che nel suo Diario scrive:

“Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l’oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani – ma anche questo richiede una certa esperienza.

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Ogni giorno ha già la sua parte. Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso prometterti nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare in questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzetto di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Si, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ ultimo la tua casa in noi. Esistono persone che all’ultimo momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolveri, forchette e cucchiai d’argento – invece di salvare te, mio Dio. E altre persone, che sono oramai ridotte a semplici ricettacoli di innumerevoli paure e amarezze, vogliono a tutti i costi salvare il proprio corpo. Dicono: me non mi prenderanno. Dimenticano che non si può essere nelle grinfie di nessuno se si è nelle tue braccia. Comincio a sentirmi un po’ più tranquilla, mio Dio, dopo questa conversazione con te. Discorrerò con te molto spesso, d’ora innanzi, e in questo modo ti impedirò di abbandonarmi. Con me vivrai anche tempi magri, mio Dio, tempi scarsamente alimentati dalla mia povera fiducia; ma credimi, io continuerò a lavorare per te e a esserti fedele e non ti caccerò via dal mio territorio.” (Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi 1996, pp. 169-170).

È una lunga citazione, che ho voluto lasciare interamente per l’intensità del pensiero, per la maturità della fede che da essa traspare. Aiutare Dio a essere Dio, presenza non soverchiante dentro di noi e attorno a noi. E dunque essere credibili perché non chiediamo a Dio di sostituirsi a noi, alle nostre scelte, ai nostri comportamenti. Recitiamo e insegniamo ogni tanto preghiere che non hanno senso, tolgono dignità all’uomo, perché lo riducono a burattino nelle mani della divinità. Volete un esempio? «Ti ringrazio, Signore, per il cibo che mi doni (e fin qui va bene) Provvedi a coloro che non ne hanno». Dio deve provvedere, non i nostri sprechi, le nostre scelte economiche. Non occorre che i responsabili cambino il loro modo di vivere! Il credente deve dare testimonianza a un modo alternativo di vedere la vita, di vedere Dio, di vedere l’altro, di vedere il nostro impegno nel quotidiano. E così diventerà anche credibile. 



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