dom 07 nov 2021 08:11 • By: Renato Pellegrini
La memoria dei caduti non si celebra comprando nuove armi o creando ingiustizie più grandi?
Quanti ricordano ciò che ha scritto don Lorenzo Milani nel 1965, in L"obbedienza non è più una virtù? Fu un prete (1923 "“ 1967) che si pose sempre dalla parte dei perdenti della storia, esiliato a Barbiana perché un po" ribelle secondo il suo vescovo, creò una scuola capace di far crescere persone libere e responsabili, abilitandole a guardare la storia con occhio critico. Fu obiettore di coscienza in un tempo in cui il servizio militare era obbligatorio. Fu processato e assolto per apologia di reato.
Uno dei motivi per cui si opponeva al servizio militare lo possiamo leggere in questa frase: «L"Italia aggredì l"Austria con cui questa volta era alleata. ("¦) Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti? Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una "inutile strage"? Il 4 novembre ricordiamo che l"opposizione alla guerra fu molto ampia, anche bell"esercito. Almeno il 15% dei soldati (870.000) furono denunciati per insubordinazione. E Cadorna, quel Luigi Cadorna a cui l"Italia ha intitolato vie e piazze) aveva ordinato fucilazioni immediate.
Ha dunque ancora senso "onorare un simile militare?
È difficile oggi fare ragionamenti di questo genere, non nascondere che più che una vittoria novembre «celebra» la fine di una carneficina. Ci sono drammatiche testimonianze di soldati mandati in trincea in lettere scritte a familiari. La retorica di cui siamo prigionieri ci impedisce di vedere in quelle persone, non eroi, ma uomini impauriti o terrorizzati per una morte assurda. Ognuno di loro aveva un nome, veniva da un posto preciso, dove aveva coltivato affetti e aveva lavorato, dove aveva sognato un futuro dove lavorare e sentirsi partecipe della costruzione della storia semplice e grande di chi non amava la violenza.
Scrive don Renato Sacco, consigliere nazionale di Pax Christi e redattore di Mosaico di pace: «Il 4 novembre: chiamiamo le guerre con il loro nome: crimine, strage. E chiamiamo con il nome giusto i responsabili: criminali e stragisti. Non si può cambiare le carte in tavola parlando di missioni di pace, di guerre umanitarie, di bombe intelligenti"¦ Non si può studiare nuove armi «autonome» o Killer robot. Non si può unire la parola intelligenza con la parola bomba. Sono incompatibili. Sarebbe come dire uno "stupro bello". Il 4 novembre dovrebbe essere l"occasione per il Ministro della Difesa per interrogarsi sulla violazione dell"art. 11 della Costituzione con i grandi progetti folli e costosi come quello degli F35, che di Difesa non hanno nulla. O la scelta di investire milioni di euro per armare i droni e renderli adatti a uccidere a migliaia di chilometri di distanza. E poi arriveranno anche i Cruise».
Ma come si può ricordare i 650.000 morti della prima guerra mondiale senza condannare gli investimenti di milioni di euro per comprare sempre nuove armi? Come si può onorare la memoria di chi ha dato la vita sul fronte parlando di azzeramento dell"Iva sulle armi. Come si fa a pensare di difendere e vivere felici, sottintendono i potenti, spendendo sempre di più per la difesa dei confini, ma creando ingiustizie sempre più grandi tra la povera gente che deve obbedire, pagare le tasse e tacere.
E infine vorrei dire ai preti chiamati a celebrare messe ricordando le guerre, che è bene, anzi necessario dare voce non solo al Vangelo ma anche a tutto il magistero della chiesa che ha sempre condannato la guerra da Benedetto XV, 1 agosto 1917 «inutile strage», a Paolo VI all"Onu, 4 ottobre 1965 «Mai più la guerra», a Giovanni Paolo II «la guerra è avventura senza ritorno», fino agli innumerevoli interventi di papa Francesco, che ha ripetuto ancora lo scorso 2 novembre: «Fermatevi, fabbricatori di armi, fermatevi!».