Skin ADV

La religione va verso la sua fine?

dom 02 gen 2022 10:01 • By: Renato Pellegrini

Al centro della vita della Chiesa va messo il Vangelo, non la Religione

Non bisogna illudersi che, poiché ci sono molte persone che, a causa della pandemia, si sentono a disagio per non poter celebrare davvero il Natale, la religione stia in un certo senso risorgendo.

È probabile che il motivo che tanto indigna nasca dal fatto che non si possa celebrare la nascita di Gesù “bene”, vale a dire senza la preoccupazione di essere bloccati in casa, di non poterlo festeggiare a dovere, di essere limitati nell’organizzazione di viaggi e vacanze.

Se le cose stanno davvero così, allora è probabile che la religione dimostri ancora una volta tutta la sua fatica per essere un elemento significativo nella vita delle persone. E appare sempre più evidente che questo periodo di crisi sanitaria non ha fatto altro che portare alla ribalta una realtà già esistente: a poco a poco e senza che ce ne rendiamo conto, il fatto religioso diventa più marginale, per qualcuno addirittura insignificante.

Non hanno più molto senso i sacramenti, a meno che non si voglia dare loro un senso sociale, di festa insieme, che però lascia ai margini il significato più autentico: la presenza di Cristo. Non è colpa dei credenti. La loro sensibilità è ormai molto oltre il “credo” e le “tradizioni” della Chiesa.

La loro sensazione è di non essere ascoltati, di non essere presi sul serio. E poi ciò che pesa su una possibile scelta religiosa, soprattutto nei Paesi benestanti, sono gli scandali di certi comportamenti di vescovi, preti e religiosi che hanno abusato di persone innocenti.

Elektrodemo

Ci si pone spesso la domanda: ma perché non cambiare un sistema (quello della Chiesa) che non va più bene? Perché non ascoltare le nuove sensibilità presenti nella gente? Perché non cominciare a ragionare sul matrimonio possibile dei preti? Perché non cambiare il modo di confessarsi? Perché non dare davvero più spazio ai laici nelle decisioni comunitarie?

In questo momento un uomo esemplare, e del quale si parla, è papa Francesco, per la sua umanità e la sua vicinanza alla gente. Ma è anche vero che nemmeno a lui mancano i nemici che si augurano che si ritiri dalla scena. Francesco apre nuove strade, lascia trasparire la possibilità/necessità di cambiare anche per la Chiesa. E lo fa con coraggio, perché è indubbio che la religione è rimasta indietro e non risponde più ai problemi fondamentali che hanno la società e le persone, che cercano, ma non riescono a trovare la soluzione di cui hanno bisogno.

Mi permetto di sottolineare alcune cose che andrebbero cambiate, perché oggi non sono più comprensibili: è urgente cambiare il modo di presentare Cristo, deve tornare più vicino al Vangelo, lasciando perdere tutti quei concetti della filosofia greca che nel primo millennio hanno plasmato la cristologia. Si è pensato che la questione di Dio si potesse in qualche modo dimostrare seguendo le “cinque vie” di S. Tommaso.

Ma questo oggi non risolve il problema. (J.A. Estrada) Per quanto riguarda la liturgia, si può dire che il rito della messa sia rimasto sostanzialmente invariato dall’undicesimo secolo in poi. (J.A. Jungmann). Poi c’è tutto il discorso sulla Chiesa e sul potere del papa e dei vescovi.

Nel sec. XX il Vaticano II non è stato un concilio dogmatico, ma pastorale, come spiegò Giovanni XXIII nel discorso di apertura. Ci resta la speranza che il papato di Francesco abbia successori che seguano il cammino da lui iniziato. L’indicibile sofferenza della pandemia che stiamo sopportando può forse aprirci gli occhi per vedere la realtà. E la pura realtà è che “l’esperienza religiosa di tutti noi non è più affidabile” (Thomas Ruster). La scienza e la tecnologia da sole ci stanno portando allo smarrimento e all’insicurezza del “cambiamento climatico”, che può distruggere il pianeta in cui viviamo. «Ci resta la speranza portata dal Vangelo, che non è una raccolta di miracoli incredibili, né si insegna attraverso catechismi e atti di pietà. Il Vangelo è vita, che può essere comunicata solo attraverso racconti, nei quali il fattore determinante non è la “storicità” del racconto, ma il “significato” di eventi che superano e vincono la sofferenza, l’ingiustizia e la disuguaglianza. Se il centro della vita della Chiesa non è occupato dalla Religione, ma è occupato dal Vangelo, l’orizzonte del futuro sarà una fonte di luce e di speranza». (J.M. Castillo).



Riproduzione riservata ©

indietro