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La Chiesa ingessata

dom 16 ott 2022 09:10 • By: Renato Pellegrini

A 60 anni dal Concilio Vaticano II, la chiesa è rimasta quella che era

Sessanta anni fa si inaugurava il Concilio Vaticano II, l’evento più significativo della Chiesa contemporanea. Un evento che aveva suscitato tante speranze, che pareva portasse finalmente una boccata di aria fresca all’interno di una istituzione asfittica.

Le attese erano forse troppo alte, troppo rivoluzionarie per una realtà abituata all’immobilismo, ad aspettare che i cambiamenti avvenissero lentamente, occupando centinaia di anni. Ma in questo modo non ha avvertito il rischio di essere tagliata fuori dalla vita di un mondo che cominciava ad essere convulsa, frenetica. Ed è rimasta indietro di duecento anni, secondo la riflessione del cardinale di Milano Carlo Maria Martini.

Naturalmente non tutti l’hanno pensata così. Marcel Lefebvre, vescovo tradizionalista, ha continuato per la sua strada, disobbedendo al concilio e al Papa, anche se tutta la tradizione della Chiesa insegnava a obbedire all’uno e all’altro. Sante contraddizioni? No, ma più umanamente volontà di continuare col potere clericale!

Certo però che il Concilio ha avuto come eredi anche due papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che personalmente metterei nelle file dei super conservatori, che hanno soffocato la teologia della liberazione e il dibattito teologico, governato con piglio autoritario e lo sguardo costantemente rivolto a destra. Naturalmente non si possono scordare dall’altra parte personaggi che si muovevano su sponde opposte o comunque molto lontane.

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Martini e Dossetti sono fra costoro.

Ma oggi il Concilio parla ancora alla Chiesa, ai preti consacrati molti anni dopo la sua conclusione, ai fedeli sempre più inquieti e forse anche delusi? Il Concilio è stato soprattutto un luogo di dibattiti, confronti, prese di posizione teologiche. Ne sono nati importanti documenti, ma nessuna riforma istituzionale.

La chiesa è rimasta quella che era. Al di là di alcuni cambiamenti importanti (si veda ad esempio la riforma liturgica) gli equilibri all’interno della istituzione hanno resistito perfettamente all’impatto dei venti del rinnovamento. Non è cambiato il modo di essere preti, di guidare il gregge: il potere è nelle loro mani in modo assoluto. Un parroco, ad esempio, dopo un acceso dibattito in Consiglio pastorale, ha potuto concludere: beh… avete detto tante cose, ne potete dire ancora di più, ma sappiate che alla fine chi decide sono io! Nel prendere sul serio la prassi sinodale si può riscontrare, insomma, «un certo inconfessato timore che, alla fine, si possa approdare a una qualche riforma dell’ordinamento canonico, e ne venga condizionato, anche in misura minima, l’esclusivo potere decisionale del parroco e del vescovo, che sarebbe de iure divino (deriverebbe cioè direttamente da Dio), il solo vero garante dell’unità e dell’ordine nelle rispettive comunità». (Severino Dianich

È anche così che si toglie ogni volontà di partecipare, di cercare, di camminare insieme dietro l’unico pastore Gesù. Molti credenti si chiedono perché le donne non possano entrare a far parte della gerarchia, potendo essere sacerdoti. Oppure perché gli uomini sposati debbano esserne esclusi. Ma c’è una questione ancora più seria: si parla tanto di sinodo in questo tempo, cioè di una gestione più collegiale degli affari della Chiesa. Ma se si dà una semplice occhiata a come la Chiesa di Roma sta reagendo alle riforme che alcune Chiese europee stanno proponendo, sorgono non pochi interrogativi su chi creda veramente a questo camminare insieme.

Probabilmente ci vorrebbe uno sguardo nuovo anche sulla dottrina: nulla è mutato nel campo della morale sessuale e degli affetti, continuando ad opporsi al riconoscimento di qualche diritto alle coppie dello stesso sesso, alla contraccezione, eccetera. Insomma il traguardo è ancora lontano e non facile da raggiungere. Non è morta però la speranza: decisivo per un autentico cambiamento della Chiesa, per una sua maggiore attenzione alla nuova sensibilità è la presenza nella vita dei credenti, che si raccolgono in piccoli gruppi, che ragionano e pregano il Vangelo e che qualche volta possono radunarsi in un’unica grande assemblea. Saranno loro che indicheranno quali strade percorrere, perché ancora prima che la gerarchia se ne renda conto, percorreranno sentieri nuovi capaci di futuro.



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