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La sfida di mantenere viva la montagna

gio 04 mag 2023 09:05 • Dalla redazione

Allevatori trentini in assemblea, tra costi impazziti e la minaccia dell’orso. Confermato Sergio Panizza, entra Mattia Covi

TRENTO. Giacomo Broch, presidente degli allevatori trentini, è stato attento a non usare toni eccessivamente allarmistici, ma non ha taciuto i problemi del comparto zootecnico, nonostante l’ultima parte dell’anno 2022 abbia riservato qualche soddisfazione in più rispetto alle nere previsioni di qualche mese prima. Merito del mercato risollevato (soprattutto per le vendite di animali da carne), bollette energetiche meno pesati e risorse messe a disposizione dal pubblico e dal sistema cooperativo (oltre sei milioni di euro drenati sul settore) che hanno consentito di chiudere l’anno senza ulteriori drammi.

I problemi però rimangono tutti, e oggi all’assemblea annuale della Federazione Allevatori molti interventi li hanno sottolineati. “Siamo piccoli – ha affermato Giacomo Broch – produciamo appena l’1% del latte nazionale, ma abbiamo tantissime storie da raccontare. Non può esistere un Trentino senza zootecnia. No a chi ci fa passare per inquinatori. Il futuro delle nostre stalle passa da regole europee spesso distanti dalla realtà - penso al decreto emissioni o alla nuova Pac - spesso chi decide non distingue tra una zootecnia dei Paesi Bassi e la zootecnia della Val di Rabbi.

Estremizzando con il benessere animale si rischia di isolare quella zootecnia montagna legata agli alpeggi dove certi investimenti sono troppo onerosi da sostenere. Il problema da cui oggi non possiamo più derogare è legato alla presenza dei grandi carnivori. Quello che è successo nell'ultimo mese ha messo a nudo un tessuto sociale urbano fuori da una logica di buon senso. Per qualcuno il nostro territorio è solo un parco giochi! Cosa diciamo alle famiglie che prossimamente apriranno le porte delle malghe?”

Il settore zootecnico è fondamentale per il mantenimento della vita in montagna - anzi, spesso è l’unica opzione economica per chi vive in territori difficili - per il turismo, il paesaggio e l’identità del nostro territorio.

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Stalle piccole, mediamente di trenta capi ognuna, dove tra guerra in Ucraina, bollette e costi degli alimenti per il bestiame è difficile far quadrare i conti. Rimane la passione, che ha consentito di evitare la fuga dalla montagna, ma non un calo costante di aziende. Il saldo tra uscite e nuovi ingressi segna una diminuzione di 39 stalle e 835 capi. Nell’ultimo biennio si sono registrati 89 abbandoni e 1100 capi da latte in meno.

“In soldoni – è stato evidenziato – se consideriamo i soli costi di alimentazione delle vacche da latte si è passati da 6-7 euro al giorno a seconda del livello produttivo, a oltre 10 euro quotidiani. In questa situazione, i miglioramenti delle liquidazioni del latte che emergono dai primi positivi dati di bilancio presentati in questi giorni, arrivano a compensare circa metà dell’incremento dei costi sostenuti”.

Il bilancio della Federazione provinciale allevatori.

Il direttore Massimo Gentili ha presentato numeri che suggeriscono un cauto ottimismo per il valore della produzione superiore ai 17 milioni di euro, aumentato dell’11% nel confronto con lo stesso dato del 2021. Utile di 58mila euro, “perché di questi tempi bisogna dare ai soci quanto più possibile”. Bilancio approvato all’unanimità dai soci.

“L’aumento dei ricavi è stato determinato – ha precisato Gentili – dall’andamento del Centro di Fecondazione Artificiale Alpenseme (+7%), e dal settore commercializzazione bestiame (+19%), in particolare per gli aumenti dei conferimenti e delle remunerazioni delle vacche fine carriera da parte degli allevatori da latte. Ridotti all’osso i margini relativi la filiera della carne bovina, a seguito dell’aumento dei costi di alimentazione degli animali all’ingrasso”.

Come detto, soddisfacenti i risultati fatti segnare da Alpenseme. Con oltre 600.000 fiale di materiale seminale confezionato, si è confermato tra i principali centri di produzione italiani. Le dosi prodotte a Toss di Ton sono distribuite in Italia e sul mercato estero (nell’ultimo decennio si sono raggiunti 35 Paesi nel mondo). Un risultato straordinario a conferma del considerevole potenziale espresso dai tori superbrown.

Pesante, nell’esercizio trascorso, l’impatto dei costi energetici: nonostante gli sforzi per la riduzione dei consumi gasolio per automezzi, gas e elettricità, hanno segnato un incremento che ha sfiorato il 50%.

La speranza è che il settore regga e la crisi rientri almeno parzialmente: ne va dei 110mila ettari di prati e pascoli che caratterizzano il paesaggio trentino, di tutto un patrimonio di cultura e tradizioni contadine.

L’integrazione del consiglio di amministrazione e collegio sindacale.

L’assemblea dei soci (presenti più di cento su circa 650 effettivi) ha anche elettro tre consiglieri in scadenza: confermati gli uscenti Mauro Varesco per Fiemme e Fassa e Sergio Panizza per la Val di Sole. In cda entra Mattia Covi per la Val di Non, al posto di Vittorino Covi che non si è ricandidato.

Confermato anche il collegio sindacale in scadenza: presidente Claudio Toller, sindaci Lorenzo Rizzoli e Cristina Camanini. Tutti votati all’unanimità.

Il presidente Broch ha annunciato anche che ai lavori del cda parteciperà per la prima volta, in qualità di invitata permanente, la rappresentante dei giovani dello Junior Club, fresca di nomina, Eleonora Cemin, ventiseienne di Siror, imprenditrice con una stalla e sette ettari di prati.



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