Se n’è andato Cesare Maestri, il Ragno delle Dolomiti. La notizia è rimbalzata velocemente su tutti i media a sottolineare la fama di questo grande alpinista trentino, protagonista assoluto di un alpinismo eroico ricco di fantastiche imprese sportive ed umane.
Storie, avventure e aneddoti capaci di riempire una vita sempre vissuta al massimo, tutta da leggere e rivivere nei suoi libri. L’ho conosciuto personalmente parecchi anni fa e frequentato insieme all’indimenticato Cesarino Fava, il più fedele dei suoi compagni. Il ricordo più vivo è quello del 1999, in occasione del quarantesimo della conquista del Cerro Torre. A Malè, all’interno della Settimana della Montagna, forse il più bello e interessante evento di questo tipo, si erano trovati tutti gli alpinisti protagonisti delle salite a questa mitica cima; cima che scrisse pagine controverse e alimentò dibattiti accesi e che segnò indelebilmente la vita e la carriera di Cesare tanto da fargli dichiarare che il suo sogno sarebbe stato quella di vederla scomparire sgretolandosi.
Attorno alla splendida e fedele ricostruzione tridimensionale, opera di Elio Orlandi, alpinista mondiale di altissimo livello, ho potuto vivere le narrazioni affascinanti di Maestri, a volte colorite e romanzate al punto giusto, tanto quanto basta per sentirmi vicino ad un vero e proprio mito. Proprio Orlandi e un altro alpinista solandro, Maurizio “Icio†Giarolli, avevano ripercorso la storica via sul Cerro Torre, e il film che nacque da quell’avventura-omaggio al grande Cesare Maestri, la proiettammo al Film Festival della Montagna.
Maestri era questo: un continuo film d’azione e d’avventura che ti rapiva ad ogni pausa e ti faceva toccare con mano ciò che per noi “umani†era impossibile. Un mito appunto.
Ma il meglio avveniva al bar, cadute le barriere dell’ufficialità , con le gustose e ironiche provocazioni di Cesarino Fava contrapposte al rigore di Maestri, degne di un duo da gran spettacolo. Oggi si direbbe che “bucano lo schermo†ma allora semplicemente bucavano la nostra curiosità , la nostra sensibilità , i nostri interessi e il nostro stupore per avventure talmente grandi da vivere con incredulità . Serate dalle ore piccole, divertenti come non mai, e che ti facevano rientrare a casa particolarmente allegro e ricco di cose da raccontare a parenti e amici.
L’ho rivisto negli ultimi anni nella sua Campiglio, piegato da qualche acciacco e dall’età , ma con gli occhi vispi e il sorriso sornione. E, all’ombra dei bei ricordi, me lo immagino in cielo, insieme ai suoi amici alpinisti che lo hanno preceduto, a programmare e vivere nuove e entusiasmanti avventure. Perché i miti, non muoiono mai.
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