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Cesare Maestri: i miti non muoiono mai

mar 19 gen 2021 • By: Sandro de Manincor

Nel 1999 a Malé, a destra Cesare Maestri, accanto Cesarino Fava e a sinistra Carlo Claus (ph. Stefano Andreis)

Se n’è andato Cesare Maestri, il Ragno delle Dolomiti. La notizia è rimbalzata velocemente su tutti i media a sottolineare la fama di questo grande alpinista trentino, protagonista assoluto di un alpinismo eroico ricco di fantastiche imprese sportive ed umane.

Storie, avventure e aneddoti capaci di riempire una vita sempre vissuta al massimo, tutta da leggere e rivivere nei suoi libri. L’ho conosciuto personalmente parecchi anni fa e frequentato insieme all’indimenticato Cesarino Fava, il più fedele dei suoi compagni. Il ricordo più vivo è quello del 1999, in occasione del quarantesimo della conquista del Cerro Torre. A Malè, all’interno della Settimana della Montagna, forse il più bello e interessante evento di questo tipo, si erano trovati tutti gli alpinisti protagonisti delle salite a questa mitica cima; cima che scrisse pagine controverse e alimentò dibattiti accesi e che segnò indelebilmente la vita e la carriera di Cesare tanto da fargli dichiarare che il suo sogno sarebbe stato quella di vederla scomparire sgretolandosi.

Attorno alla splendida e fedele ricostruzione tridimensionale, opera di Elio Orlandi, alpinista mondiale di altissimo livello, ho potuto vivere le narrazioni affascinanti di Maestri, a volte colorite e romanzate al punto giusto, tanto quanto basta per sentirmi vicino ad un vero e proprio mito. Proprio Orlandi e un altro alpinista solandro, Maurizio “Icio” Giarolli, avevano ripercorso la storica via sul Cerro Torre, e il film che nacque da quell’avventura-omaggio al grande Cesare Maestri, la proiettammo al Film Festival della Montagna.

Maestri era questo: un continuo film d’azione e d’avventura che ti rapiva ad ogni pausa e ti faceva toccare con mano ciò che per noi “umani” era impossibile. Un mito appunto.

Ma il meglio avveniva al bar, cadute le barriere dell’ufficialità, con le gustose e ironiche provocazioni di Cesarino Fava contrapposte al rigore di Maestri, degne di un duo da gran spettacolo. Oggi si direbbe che “bucano lo schermo” ma allora semplicemente bucavano la nostra curiosità, la nostra sensibilità, i nostri interessi e il nostro stupore per avventure talmente grandi da vivere con incredulità. Serate dalle ore piccole, divertenti come non mai, e che ti facevano rientrare a casa particolarmente allegro e ricco di cose da raccontare a parenti e amici.

L’ho rivisto negli ultimi anni nella sua Campiglio, piegato da qualche acciacco e dall’età, ma con gli occhi vispi e il sorriso sornione. E, all’ombra dei bei ricordi, me lo immagino in cielo, insieme ai suoi amici alpinisti che lo hanno preceduto, a programmare e vivere nuove e entusiasmanti avventure. Perché i miti, non muoiono mai.


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