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Il clima: una macchina che si sta inceppando

ven 18 nov 2022 09:11 • By: Giacomo Poletti

Anche in Val di Non e nel Trentino siccità e temperature sempre più elevate

Nell’immagine le anomalie di temperatura registrate in Europa nell’ottobre 2022.
In rosso le aree che hanno chiuso il mese con valori ben-superiori alle-medie, fra cui il Trentino.
In alcuni casi oltre i 3° dalla norma

Anche la Val di Non, come il resto delle Alpi, sta subendo gli effetti dell’ormai lunghissima fase siccitosa che ha visto gran parte degli ultimi 18 mesi chiudere al di sotto delle medie di precipitazione. Una persistenza del cosiddetto bel tempo che preoccupa davvero: in molti si chiedono infatti se ciò a cui stiamo assistendo sia un effetto del cambiamento climatico oppure se invece possa ricadere in una sorta di ciclicità “semi” normale. Alla siccità peraltro si sono aggiunte quasi sempre temperature più calde del recente passato, un fattore che ha tenuto la vegetazione sotto stress.

Il 2022 risulterà ampiamente l’anno più caldo dall’inizio delle rilevazioni in val di Non e in tutto il Trentino; ottobre ha contribuito a scavare un divario ormai incolmabile e l’immagine delle anomalie di temperature misurate nel mese in Europa è eloquente. Pure la carenza di pioggia è notevole - come dimostra il lago di Santa Giustina - anche se a onor del vero a Cles e a Malé, nell’ultimo secolo, si registrano almeno un paio d’anni meno piovosi di questo (intesi come somma delle precipitazioni dal 1° gennaio al 17 novembre, data in cui stiamo scrivendo) con il record negativo del 1921. Va detto tuttavia che le temperature erano appunto più basse.

Ma a cosa è dovuta questa persistenza? Come mai l’atmosfera non riesce a “sbloccarsi”? Una analisi completa dei fattori in gioco, ovviamente, è complessa e per certi versi impossibile da delineare. Ci sono però dei punti fermi. Le temperature, ad esempio. L’aumento dei gas serra le sta facendo aumentare in tutto il globo, senza alcun dubbio. Sull’Europa, però, si sta aggiungendo a questo l’ingerenza quasi continua dell’anticiclone africano che si protende dalla Spagna verso la Francia, la Germania e le Alpi. Un “blocco” atmosferico che potenzia il riscaldamento già in atto da qualche decennio. Chiaro, infatti, che anomalie dell’ordine dei 3°/4° non possano essere addebitate “soltanto” all’azione diretta dei gas serra. Ma il termine cambiamento climatico sottintende proprio questo: l’impennata dei gas climalteranti in atmosfera non ci sta portando in dote “soltanto” un mondo più caldo, ma anche un cambiamento della circolazione atmosferica globale.

Periodi di “blocco”, con promontori di alta pressione semistazionari, pare stiano aumentando la loro frequenza e alla base di ciò potrebbe esserci una alterazione delle temperature marine e della calotta glaciale artica. In particolare sono allo studio gli effetti sul clima di molti fenomeni osservati: dalla fusione accelerata dei ghiacci groenlandesi, al rallentamento della Corrente del Golfo innescato dalla crisi della banchisa artica. Il congelamento dell’Oceano Artico, infatti, fa affondare in profondità grandi masse d’acqua rese più salate e quindi più dense proprio dal processo di congelamento in superficie (nel ghiacciamento, il sale viene espulso). Una “macchina” che si sta inceppando, lasciando sempre più spesso l’Atlantico settentrionale in balìa di acque fresche e di alte pressioni stazionarie da esse favorite, che limitano gli ingressi perturbati sull’Europa. A ciò si aggiungono cicli di varia natura, oltre alle cosiddette “teleconnessioni” fra fenomeni a scala continentale, come nel caso molto noto del Nino e della Nina nel Pacifico. A preoccuparci, in definitiva, deve essere soprattutto l’aumento delle temperature, ma non è affatto escluso, purtroppo, che il nostro clima non possa andare incontro anche ad altre modificazioni.   



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