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Le sfide del 2021: ambiente, cultura, economia, politica, salute, sport

Dalla consapevolezza muove la transizione ecologica

lun 15 feb 2021 10:02 • By: Alberto Mosca

Romano Stanchina, responsabile del Servizio Sviluppo sostenibile e Aree protette della Provincia autonoma di Trento

Romano Stanchina

“I temi ambientali su cui impegnarsi non mancano nelle valli del Noce”. Così attacca Romano Stanchina nel delineare un quadro delle sfide che già in questo 2021 saranno protagoniste del nostro futuro, ambientale e di conseguenza sociale ed economico.

“Le due valli – premette Stanchina - legate dal corso di uno stesso fiume, ma agli antipodi dal punto di vista geomorfologico (tipica valle alpina l’una; successione di altopiani divisi da profonde forre l’altra), conoscono attualmente pressioni sul patrimonio naturale di origine diversa derivanti dalla fioritura, nell’ultimo mezzo secolo, di solide economie locali. La valorizzazione, riuscita, della vocazione frutticola della Val di Non, di quella turistica della Val di Sole, la radicale trasformazione dell’allevamento sono fattori economici che, come noto, hanno consentito di fermare l’emigrazione, mantenendo una forte presenza dell’uomo in montagna (si pensi, al contrario, a quel che è accaduto in molte valli piemontesi, nel bellunese, nel Friuli, in tutto l’Appennino), ma che rendono difficile il mantenimento dei giusti equilibri con la Natura”.

Tuttavia, sottolinea, iI tanti fattori di pressione oggi presenti sulle risorse naturali nelle valli del Noce vanno affrontati con appropriate politiche di medio-lungo periodo. I sistemi socio-economici locali non si cambiano ‘per decreto’ o con l’improvvisazione. Serve programmare e attuare un processo di ‘transizione ecologica’, dando concretezza ad un concetto che oggi è molto di moda e che costituisce una delle sei missioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (il piano che dovrebbe programmare l’utilizzo degli oltre 200 miliardi di Euro in arrivo da Bruxelles per l’Italia)”.

Peraltro, sta per arrivare anche un super ministero che si occuperà di questo tema strategico.

Il ragionamento di Stanchina parte da una questione: “La domanda è sempre da dove partire per affrontare un cambiamento, per quanto progressivo, assolutamente necessario. Secondo me il punto di partenza è sempre ‘convincere’. Finché una solida maggioranza della popolazione non conosce le conseguenze degli squilibri ecologici, ben difficilmente potranno essere sviluppate efficaci politiche di ‘transizione ecologica’. Ed infatti, nel dibattito degli ultimi anni nelle due valli, si assiste ad un continuo rimpallo tra categorie sociali ed economiche: il vero problema è quello procurato dall’altro; io già sto facendo tanto, sono loro a dover cambiare…; eh, ma il mercato chiede questo…; ecc. L’ente pubblico deve costruire innanzitutto consapevolezza, spiegando che ciascuno deve fare la propria parte per raggiungere l’equilibrio. E fare la propria parte, di solito, significa rinunciare a qualcosa; il che non vuol dire, necessariamente, rinunciare a reddito o a qualità della vita, quanto meno nel medio-lungo periodo”.

“Di certo – prosegue Stanchina - sappiamo che le scelte individuali che condizionano tutti o quelle dettate dalla contingenza e che non abbiano a monte una solida strategia, difficilmente possono costituire un buon viatico per l’equilibrio auspicato, quella che io mi ostino a chiamare sostenibilità.

Nel definire la strategia bisogna però fare innanzitutto un atto di umiltà (ed anche qui serve consapevolezza): capacitarsi di quello che siamo e di quello che abbiamo. Si parte dalla terra e si torna alla terra e la terra non è moltiplicabile. Le risorse sono date. Posso solo utilizzarle con maggiore efficacia ed efficienza. Così, ad esempio, l’orizzonte della frutticoltura non può essere illimitato. Terra, lavoro e capitale sono i fattori produttivi; possiamo interpretarli in chiave moderna, applicare le nuove tecnologie, ma l’acqua è quella, la “campagna” anche (salvo sottrarre i beni naturali ad altre funzioni, che sono tuttavia necessarie). Non c’è una Val di Non di riserva pronta per le nostre ambizioni come non ci sono beni naturali, in Val di Sole, in grado di poter sopportare qualsiasi carico turistico e se autorizziamo una nuova grande stalla, siamo tutti contenti perché è un’attività economica che ha sempre caratterizzato la nostra cultura e può costituire il modo per trattenere una famiglia in montagna, ma devo pormi il problema di come saranno smaltite le deiezioni”.

Le parole d’ordine per Stanchina sono perciò “consapevolezza, quindi obiettivi condivisi, quindi strategia, quindi azione. Solo questo può essere il percorso; intervenendo subito laddove l’impatto rischi di creare problemi gravi ed immediati”.

Infine, un ruolo da protagoniste sarà recitato dalle aree protette: “Il sistema delle aree protette (parchi, riserve, Rete Natura 2000, con i relativi diversi modelli gestionali, dall’ente parco vero e proprio alla rete di riserve) lungi dall’essere la soluzione, può essere un valido ausilio in questo percorso, in quanto rappresentativo di territori eccezionali cui applicare buone pratiche esportabili poi al di fuori dei propri confini. Da questo punto di vista la crescente richiesta di collaborazione da parte del mondo della promozione turistica nei confronti delle aree protette ed una nuova forte attenzione rilevabile da parte degli stessi protagonisti dell’agricoltura nei confronti degli interventi e degli strumenti di salvaguardia della biodiversità fanno davvero ben sperare”.



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