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I costi sociali ed economici della pandemia: una prima indagine

Medici di base, il termometro della salute della comunità

gio 22 apr 2021 12:04 • By: Lorena Stablum

Con il Covid aumentano le fragilità: crescono i disordini alimentari e la richiesta di psicofarmaci

VAL DI SOLE. Proprio per il loro rapporto quotidiano con pazienti e utenti, i medici di famiglia dispongono di un osservatorio privilegiato per comprendere il benessere o, viceversa, le fragilità che stanno attraversando la comunità. Difficoltà e bisogni che con l’emergenza sanitaria in atto sono notevolmente aumentati anche nelle nostre valli come spiega Alberto Pasquesi, medico di famiglia della Val di Sole che collabora con il Servizio di Alcol, fumo e altre fragilità.

Tra i primi ad aver contratto il virus, nella prima ondata di marzo della pandemia, Pasquesi è tra i professionisti della sanità che ogni giorno si trova a far i conti con gli strascichi, non solo sanitari, che lascia dietro di sé Covid-19. “Il malessere generale è sicuramente aumentato non tanto come uso di sostanze, ma sono certamente cresciute le turbe del sonno, i disordini comportamentali e alimentari, è aumentata la richiesta di psicofarmaci e ansiolitici - spiega il medico -. È molto elevata la percentuale di pazienti che parlando delle difficoltà legate al Covid, della situazione sanitaria: ogni volta ti dicono che non sono sereni, che non sono tranquilli, che sono preoccupati per il futuro perché magari non possono vedere il figlio che abita in un’altra regione… Questo sta accadendo soprattutto con la seconda ondata.

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Sebbene a marzo, a livello sanitario anch’io abbia dovuto gestire più situazioni critiche con più ricoveri in terapia intensiva rispetto a questo secondo picco, la capacità di gestione della situazione pandemia è stata messa alla prova molto più duramente durante la seconda. Le persone sono stanche, temono che non se ne uscirà e quindi si tende a medicalizzare per quanto possibile: la cartina di tornasole di questo malessere è il fatto che ci chiedono sempre di più prescrizioni per accertamenti poco utili o non giustificati. Al primo sintomo, che prima si banalizzava e che magari era giusto da banalizzare, ora invece ci chiedono di fare esami su esami”.

Ma cos’è a scatenare questo malessere? Pasquesi dice di averci ragionato a lungo. “Quando parliamo di Covid – evidenzia il medico - ci concentriamo sull’aspetto strettamente sanitario, epidemiologico e medico che va di pari passo con quello economico. Ed è giusto così, ma c’è un aspetto che sfugge, quello legato a ciò che le persone provano. Questa situazione sta andando avanti da più di un anno. Certe famiglie non hanno pianto morti causa il Covid, non sono state toccate dalla malattia e hanno avuto un impatto quasi nullo dal punto di vista lavorativo eppure Covid le ha messe comunque di fronte alla fragilità. Sono successe cose poco prevedibili e che non avremmo mai pensato potessero accadere. Tutta una serie di attività che ritenevamo normali, come andare al cinema, bere il caffè o mangiare una pizza con gli amici, andare allo stadio, sono state messe in discussione da questo virus e ora soffriamo del fatto che non possiamo più farle”. E tutto ciò va a incidere sulla relazione, un aspetto che per un “animale sociale” come l’uomo è fondamentale. “I circoli anziani sono chiusi, i ragazzi non possono più ritrovarsi per giocare a pallone, i Club Alcologici Territoriali non si riuniscono con la conseguenza, ad esempio, che facciamo fatica a offrire un sostegno a quelle famiglie che hanno qualche fragilità legata al consumo di sostanze, a dipendenze da gioco o altro, eppure continuano venire anzi sono aumentate – conclude Pasquesi -. Non esiste uno strumento alternativo all’incontro diretto. Nemmeno la tecnologia, con le videoconferenze, può sopperire al bisogno di confrontarsi in presenza e di guardarsi negli occhi mentre si parla. Tutto ciò si innesta su un contesto di paura: con il Covid abbiamo scoperto sulla nostra pelle che si può morire anche per una malattia infettiva”.



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