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Acqua ed energia: Bezzi VS Bezzi

gio 30 dic 2021 11:12 • By: Lorena Stablum

(VIDEO) Due generazioni a confronto sul tema della gestione idrica in Val di Sole

Luciano Bezzi è volto noto della Val di Sole. Già amministratore comunale di Ossana e ingegnere con studio a Malé, si occupa di energia e di idroelettrico e da anni è alla guida della Vermigliana Spa, la società che gestisce la centralina partecipata dai Comuni di Ossana, Vermiglio, Pellizzano e Peio e Pwb Power. Filippo Bezzi, 22 anni, studente al primo anno del corso di laurea magistrale in Ingegneria dell’Energia Elettrica all’Università di Bologna, è a guida rafting e amante degli sport outdoor che si possono praticare in valle sia in estate che in inverno. Ad accomunali sono un interesse e un percorso di studi simili, la passione per il territorio in cui abitano e il fatto che sono padre e figlio. Ma cosa ne pensano entrambi del dibattito legato alla gestione dell’acqua del fiume Noce? NOS Magazine li mette a confronto.

Cosa rappresenta per lei il fiume Noce?

Luciano Bezzi. Il torrente Noce rappresenta la spina dorsale della Val di Sole; caratterizza e struttura l’ambiente naturale di una valle glaciale alpina. Anche per me, come nell’immaginario comune e fino a qualche decennio fa, il Noce è stato percepito come un pericolo incombente, quasi sinonimo di distruzione, danneggiamenti di opere e colture, insomma con un’accezione negativa. Le attività ludico sportive che da alcuni anni si possono svolgere nei mesi estivi sul Noce hanno modificato la mia e comune percezione del torrente. L’offerta turistica della valle ne ha beneficiato offrendo non solo visioni-immagini, ma anche un ambiente straordinario e inconsueto in cui svolgere attività di svago e di pratiche sportive un tempo non immaginabili. Mi auguro quindi che tutti abbiano a cuore il patrimonio ambientale e paesaggistico costituito dalla presenza in valle di un torrente così bello.

Filippo Bezzi. Significa molto. Dagli 11 anni nei mesi estivi ho praticato rafting e canoa grazie all’opportunità che mi hanno dato mio zio Fabio e il suo centro rafting. Ho avuto così modo di imparare il lavoro di guida rafting che ho praticato fino all’anno scorso. D’altra parte, ho sempre avuto interesse per il lato “energetico” del torrente Noce, grazie alla professione di mio papà Luciano. Ho sviluppato un punto di vista bilaterale: sia dalla parte di quelli che non vogliono le centraline sia da quello di chi le progetta e gestisce. Per alcuni anni ho vissuto questa dualità come una contraddizione che mi ha portato spesso a interrogarmi su quale fosse la posizione giusta, ammesso che ce ne sia una.

Che giudizio dà su come è stata gestita la questione acqua fino a oggi sul nostro territorio?

Luciano Bezzi. Ritengo che la gestione della risorsa idrica sul nostro territorio sia stata gestita finora con il giusto equilibrio commisurando costi ambientali e ricadute economiche al territorio. È di recentissima pubblicazione, invece, la nuova legge provinciale che prevede la messa in gara delle concessioni idroelettriche di qualsiasi potenza. A regime l’effetto della norma sarà dirompente nel senso che di fatto si aprirà, per soggetti comunque esterni ai territori e al Trentino, la possibilità di fare “shopping”. Ai territori è garantita qualche briciola dei proventi o la possibilità di costituire le fantomatiche quanto inattuabili “comunità energetiche” stanti le attuali limitazioni regolatorie. Mi chiedo che senso abbia “liberalizzare” il settore in Trentino quando al di là del Brennero gli austriaci rinnovano e concedono concessioni con scadenze anche 60 anni a favore di propri enti o soggetti partecipati? Mi sembra un bell’autogol a danno dei principi e concetti di “acqua pubblica”, “ricaduta sui territori”, “autonomia della gestione” la cui responsabilità pro futuro non può che essere imputata alle strutture e al governo provinciale. È auspicabile un serio ripensamento sul tema.

Filippo Bezzi. Il punto di vista di un giovane obbliga a valutare i risultati della gestione negli anni passati piuttosto che la gestione stessa, non avendola vissuta. Considerando la storia recente del fiume Noce ho realizzato come tutto sommato, secondo me, sia stato gestito bene. Se confrontato con altri corsi d’acqua delle valli trentine come il Sarca e l’Avisio, è stata attuata una politica più conservativa riguardo lo sfruttamento idroelettrico. Di questo sono contento e spero la situazione non cambi in futuro.

Cosa ne pensa del dibattito in corso sull’utilizzo dell’acqua del fiume Noce?

Luciano Bezzi. Abbiamo la fortuna di avere un torrente pressoché integro su 5/6 del suo sviluppo in lunghezza cosa non da poco se paragonato alla situazione del Sarca, del Chiese, dell’Avisio. Quindi senza se e senza ma, la scelta di non realizzare nuove centrali sul Noce mi sembra la più coerente e rispettosa sia per le generazioni passate, ma soprattutto per quelle future! Quanto al progetto del tubone, che nei dettagli non conosco, mi dà l’impressione di essere una soluzione datata a un problema attuale. Non so quali soluzioni alternative siano state elaborate, ma mi risulta che in val di Non esistano prelievi idroelettrici già in quota con portate paragonabili a quella richiesta, con centrali anche obsolete o che hanno concluso il periodo con incentivi; esistono magazzini con impianti fotovoltaici e possibilità di ulteriori ampliamenti. L’auspicabile evoluzione regolatoria che definisce le dimensioni e le possibilità di connessione virtuale tra punti di produzione e punti di consumo di energia (comunità energetiche) potrebbe consentire a mio avviso un sistema integrato che preveda il prelievo idrico necessario quando serve, l’utilizzo idroelettrico regolante con l’energia da fotovoltaico quando disponibile per effettuare il pompaggio ove necessario.

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Fossi nei promotori, numeri alla mano e soggetti coinvolgibili, credo che uno sforzo in tal senso potrebbe riservare anche piacevoli sorprese.

Filippo Bezzi. Credo che in Val di Sole si è raggiunto un equilibrio tra sfruttamento energetico e sportivo/turistico del torrente Noce che ulteriori centrali andrebbero a rovinare. Il Noce da Cusiano a Mostizzolo è bene che rimanga intoccato. Ritengo infatti meglio percorrere una strada di promozione turistica e di integrazione delle attività fluviali con le comunità locali. Nel 2016 sono stato in Cile per trovare un amico che l’estate lavorava come guida rafting in Val di Sole. La città dove vive basa la sua economia sul turismo e sugli sport fluviali. Lì è prevista una tassa di circa un euro per ogni cliente che svolge un’attività fluviale, simile alla nostra tassa di soggiorno. I proventi vengono usati per la promozione turistica. Anche da noi, un’iniziativa di questo tipo potrebbe aiutare, ad esempio, alla costruzione di zone di imbarco/sbarco, mantenere pulite le rive da alberi e arbusti. La domanda di derivazione a fini agricoli, il cosiddetto “tubone” sbagliata per una fondamentale ragione: si tratta di un’opera i cui lati negativi ricadono su una comunità che non gode neanche lontanamente dei benefici che quell’opera genera. Il progetto infatti prevede l’installazione di un tubo per i circa 30 km che separano la Val di Peio dalla Val di Non. Questo inevitabilmente implica lavori di scavo e interro della condotta che riguarderanno i prati, le strade dei nostri comuni per diverso tempo. È vero che i lavori sono solo temporanei e alla loro conclusione probabilmente non ci accorgeremo neanche della presenza del tubo, ma ciò che rimane è la privazione della portata d’acqua prevista dal Noce Bianco.

L’energia idroelettrica è davvero un’energia pulita e sostenibile o comporta in ogni caso dei costi ambientali, sociali?

Luciano Bezzi. Anche il solo respirare costituisce un costo ambientale, bruciamo ossigeno ed espelliamo Co2! In generale ogni attività umana incide sull’ambiente. La natura ci mette a disposizione aria sole e acqua, finora “a gratis”. Tra le fonti naturali è quella più versatile; mediamente c’è sempre e possiamo prelevarla, lasciandone una parte nell’alveo naturale, sia di giorno che di notte, possiamo conservarla nei serbatoi e utilizzarla quando ci serve, facendola scendere di quota produce energia elettrica che a sua volta possiamo spostare a grandi distanze, stoccarla in accumulatori per utilizzarla all’occorrenza. Infine l’acqua la restituiamo al corso che ce l’ha prestata senza averne alterato le caratteristiche biologiche, e senza emissione di nocive in atmosfera. Più sostenibile di così!

Filippo Bezzi. La costruzione di centrali idroelettriche ad acqua fluente come quelle presenti sul nostro territorio comporta, come tutte le azioni umane, da un lato i benefici cercati, dall’altro lato la modifica dell’ambiente in cui vengono installate. L’impatto ambientale riguarda soltanto il tratto di fiume dove viene costruita, diminuendo la portata in alveo. L’entità di questi cambiamenti è di solito limitata e, ricordiamolo, esistono apparati tecnici appositamente preposti a valutarne gli impatti ambientali nel processo di autorizzazione di una concessione. I danni maggiori che una centralina può causare riguardano le attività umane che vengono svolte nel tratto interessato che, nel caso del torrente Noce, sono gli sport fluviali come il rafting e la canoa. Nei periodi di agosto inoltrato e settembre, durante i quali il torrente ha una portata di circa 10 m3/s - valore limite per la navigabilità -, una concessione anche solo di uno o due metri cubi al secondo renderebbe non praticabile il tratto, con danni evidenti al settore.

Le centraline idroelettriche sono ancora un investimento conveniente?

Luciano Bezzi. Negli ultimi 15 anni abbiamo assistito a una progressiva diminuzione della redditività degli impianti per diversi aspetti: i regimi incentivanti sono diminuiti progressivamente fino a pareggiare o di poco superiori il valore dell’energia sul mercato elettrico; i costi gestionali in generale e in particolare quello dei canoni concessori diretti e BIM sono più che duplicati. La redditività dell’investimento viene giudicata dal soggetto promotore che ci mette i soldi. Quindi, le valutazioni possono essere molto diverse a seconda che operi un investitore puro o a esempio una amministrazione o un fondo di investimento che hanno orizzonti temporali anche doppi o tripli. Se le aspettative sono quelle di prelevare utili e fare cassa temo che gli anni buoni siano finiti, con il rischio di avere l’impianto a fine vita tecnica e non avere le risorse finanziarle per manutenerlo o rinnovarlo.

Filippo Bezzi. Dal punto di vista economico sicuramente sì: ne è prova il numero di domande di concessione presentate. Bisogna però dire che, essendo terminato il periodo di incentivi alla costruzione, questo vantaggio è minore rispetto a dieci anni fa. La valutazione sulla costruzione deve considerare le condizioni al contorno, ovvero le specificità del luogo in cui vengono costruite e i conseguenti danni che esse causerebbero ad altri settori. La decisione è quindi essenzialmente politica: se si sceglie di preferire il lato economico allora si opterà per la costruzione di nuove centraline; se invece si vuol percorrere una strada di promozione del territorio a fini turistici anche attraverso gli sport fluviali è opportuno evitare la costruzione di nuovi impianti idroelettrici.

Con i ghiacciai in fusione e i cambiamenti climatici in atto, come sarà il fiume Noce tra 30 e 40 anni? L’economia della valle sarà ancora la stessa?

Luciano Bezzi. Non ho la sfera di cristallo, e non credo purtroppo, per ragioni anagrafiche, di poterlo vedere di persona tra 40 anni. Azzardo però uno scenario possibile che palesa anche il mio desiderio. L’economia a mio avviso sarà sempre di più quella turistica con un trend di crescente interesse per gli aspetti ambientali che avremo saputo curare. Gli eventi meteo estremi picchieranno maggiormente nelle città e in pianura, quindi, fresco notturno e aria salubre saranno sempre desiderate. Azioni di coordinamento con i gestori dei grandi impianti potranno garantire anche in futuro l’esercizio delle pratiche sportive sul Noce. Mi auguro che in sede di gara di rinnovo delle concessioni in scadenza questo aspetto risulti qualificante per l’offerente. Anche il parco sportivo-fluviale che abbiamo proposto di realizzare alla confluenza tra Noce e Vermigliana rientra in questa ottica collaborativa e sinergica tra produzione e uso ludico sportivo della risorsa acqua, come peraltro già esistente in diverse località sia in Europa che nel mondo. Purtroppo anche a livello locale la sensibilità e la capacita a immaginare in positivo scenari futuri diversi è ancora latitante!

Filippo Bezzi. Assisteremo a una lenta transizione del regime fluviale del torrente Noce da niveo-glaciale, dove le portate dipendono principalmente dallo scioglimento della neve invernale e dei ghiacciai, a un regime più torrentizio, caratterizzato da forti piene in primavera e autunno e periodi di magre estive. Una anticipazione del mutamento in atto lo si ha avuto con due episodi temporaleschi estremi: Vaia nell’autunno 2019 e la tempesta in alta valle tra il 3 e 4 ottobre 2020. L’economia della valle legata al Noce vedrà sicuramente dei cambiamenti importanti. In particolare, per quanto riguarda gli sport fluviali sarà necessario, a mio avviso, una collaborazione stretta tra i gestori dei bacini artificiali in Val di Peio e i centri rafting. Attraverso una sincronia tra produzione idroelettrica - che causa un rilascio di acqua e quindi portate maggiori - e attività fluviali, sarà possibile far fronte ai periodi di scarsità d’acqua nei mesi di agosto e settembre. Esempi di questo tipo di collaborazione ce ne sono in grande numero nel mondo. Ne riporto due per brevità. Il primo è alle cascate delle Marmore in Umbria sul torrente Nera e il secondo è nella cittadina di Sort nella regione spagnola della Catalogna.

Si parla spesso di eliminare il carbone dalla produzione di energia. A fronte di una società che, sebbene gli enormi passi avanti fatti sul risparmio energetico, diventa sempre più energivora, se rinunciamo alle fonti fossili di energia quali alternative abbiamo?

Luciano Bezzi. In Italia la quota di produzione da fonti fossili copre circa il 60% del fabbisogno e la quota carbone è risibile e in fase di dismissione. Tra le altre fossili, quelle ad olio pesante alcune sono state dismesse per la ridotta remuneratività. L’evoluzione tecnologica di impianti a gas sembra migliorare sia i rendimenti dei cicli che la flessibilità di utilizzo in termini di potenza efficiente, ma non essendo un esperto in materia riporto solo informazioni acquisite. Il sud del paese ha la risorsa sole sottoutilizzata soprattutto a livello residenziale diffuso e se immagino la necessità di raffrescamento richiesta questo mi sembra una occasione sprecata. A livello individuale possiamo parzialmente modificare le nostre abitudini utilizzando e sostituendo apparecchi energivori con altri di elevata efficienza. È opportuno insistere con l’efficientamento delle nostre case ed di edifici pubblici abbinando sistemi di produzione in sito di energia sia termica che fotovoltaica. Ma se vogliamo azzerare completamente i combustibili fossili temo che un ripensamento sull’energia nucleare da moduli di piccola potenza (100MW) dovrà comunque essere considerata. Sono i maggiori inquinatori Cina, Russia e Usa che dovranno al loro interno trovare le soluzioni, ma per quanto apprendo dalla stampa si sono dati delle scadenze attorno al 2050, con impegni solo sulla carta, e quindi nutro, ahimè, poca fiducia.

Filippo Bezzi. La transizione energetica prevede come obiettivo finale la produzione di energia elettrica soltanto da fonti rinnovabili. Protagonisti saranno fotovoltaico ed eolico uniti ad atre tipologie di impianti, come idroelettrico, geotermico e biomasse. Ad oggi il carbone rappresenta il 5% circa nel mix energetico nazionale. È quindi già una risorsa residuale ed è bene che tale percentuale venga azzerata perché le emissioni di gas climalteranti associate sono molto elevate. Discorso diverso per il gas naturale, che ricoprirà un ruolo molto importante nella transizione energetica. Gli impianti alimentati a metano sono in grado di compensare le fluttuazioni di potenza prodotta dalle fonti rinnovabili non programmabili come eolico e solare mantenendo sempre equilibrio tra potenza prodotta e consumata. In assenza di questa azione regolatrice sarebbero molto più frequenti episodi di blackout. Un’importante caratteristica dei moderni impianti turbogas è quello di essere stati progettati per poter funzionare anche se alimentati da idrogeno. Se quest’ultimo fosse prodotto con energia generata da fonti rinnovabili (‘green hydrogen’) si avrebbe un impianto privo di qual si voglia genere di emissione inquinante. La direzione per la de-carbonizzazione sembra essere questa descritta, includendo anche l’utilizzo di nuove tecnologie come i sistemi di accumulo con azione regolatrice e nuovi schemi di autoconsumo come le comunità energetiche rinnovabili.

 



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