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SOS Acqua

Valli di macchine ad acqua

gio 30 dic 2021 11:12 • By: Alberto Mosca

Un patrimonio attestato dal XIII secolo e recentemente censito

La ruota di una segheria alla veneziana in Val di Rabbi (ph. Sandro de Manincor)

Da oltre un millennio accompagnano la storia della presenza umana delle valli del Noce: sono le macchine ad acqua, geniali strumenti per il lavoro dell’uomo capaci di sfruttare la risorsa principale, abbondante e pulita, delle nostre montagne.Mulini, segherie, fucine, concerie rappresentano ancora oggi luoghi familiari, talvolta ancora protagonisti dell’economia, spesso musealizzati e divenuti perciò testimoni della storia e dell’identità delle nostre comunità. Se diamo la parola ai documenti, già nel XIII secolo abbiamo notizia di un vero e proprio distretto proto-industriale: già nel 1215 a Pondasio, il tratto finale del Rabbies ospitava una serie di macchine ad acqua; ad esse si aggiungono quelle attestate a Claiano nel 1227 e a Romeno nel 1263. Di straordinaria importanza è poi un analogo distretto sorto tra il XIII e il XIV secolo a Taio lungo la Roza: già nel 1320 appare chiara la presenza di alcune macchine ad acqua pertinenti alle famiglie nobili dei Thun e dei Cles.

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 Un discorso analogo vale per le segherie, attestate per esempio a Ossana già nel 1389 e per le fucine, documentate già nel corso del Duecento. Già nel 1220 infatti le comunità di Vermiglio e di Dasaré pagavano al Capitolo di Trento a titolo di fitti tre ferri da cavallo. Sempre a Cusiano e Ossana troviamo nel 1389 veri e propri distretti di lavorazione del ferro e negli stessi anni nasce la terza frazione del comune, Fucine appunto. Ma l’acqua era sfruttata anche in altre maniere: nel 1220 Corradino da Croviana è detto di mestiere pescatore; alla metà del Cinquecento, abbiamo attestazione di una sorta di attività di piscicoltura praticata dalla nobile famiglia Thun, con l’allevamento di “trutte e salamoni” nei laghi in quota della Val di Rabbi (Valorz di sotto, Valorz di sopra detto Soprasasso, Corvo, Longo, tre laghi in Saent, fino ad una altezza di quasi 2600 m!) e con l’allestimento, nella zona dei Mulini di Monclassico, di un “vivaro” realizzato in una “peschera del aqua” ricavata da un rio immissario del Noce; un vero e proprio allevamento ittico utile ad avere sempre in tavola una vivanda pregiata dei nobili dell’epoca, esclusiva e prestigiosa oltre che necessaria nei giorni di magro e oggetto addirittura di prestazioni di carattere feudale.Un primo censimento delle più significative macchine ad acqua della Val di Sole: lo ha promosso e pubblicato nel 2013 l’associazione culturale Le Meridiane: un volume nel quale sono sette gli opifici ad acqua descritti e riccamente illustrati.


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