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Andiamo per malghe

La casara che non ti aspetti

ven 23 dic 2022 11:12 • By: Elena Gabardi

La storia di Erika Maistrelli

Erika Maistrelli e Fabrizio Visintainer

CLES. Erika Maistrelli porta avanti un’antica arte che risale all’alba dei tempi della storia dell’uomo, la trasformazione del latte in formaggio. Con il compagno Fabrizio Visintainer gestisce da 5 anni la malga Clesera sul monte Peller a 1.887 metri di altitudine, dove trascorre la stagione estiva all’alpeggio con i suoi animali. Una passione che li accomuna in una scelta di vita inusuale. Insieme hanno creato la piccola azienda Fratta Crucola, con 10 vacche da latte, 4 vitelli e un cavallo, che nel resto dell’anno stanno nella loro stalla nel bosco sopra a Caltron (frazione a nord di Cles). Il caseificio si trova nel rione Spinazeda, uno dei più antichi del centro storico di Cles, una casa contadina del ‘700 dove dal latte profumato di bosco e montagna delle sue mucche Erika ottiene ottime ricotta, robiola, caciotte, formaggio stagionato e crema di jogurt. La sua voce arriva come da un’epoca lontana, tra il suono di campanacci intervallati da muggiti racconta della sua scelta, maturata al tempo degli studi universitari distante dalle montagne e dalle malghe.«Ho studiato a Padova, sono laureata in Lettere moderne e Linguistica. Da adolescente volevo andarmene dalla valle, perché mi sembrava che in città ci fossero più opportunità, ma una volta arrivata là mi sono resa conto che qui c’era la bellezza. Le contraddizioni che vedevo in città mi hanno spinto a desiderare uno stile di vita più semplice e autentico, senza un benessere superfluo».Un ritorno alla natura, che sicuramente implica delle rinunce. «Mi sento fortunata e privilegiata. Quando mi chiedono “come fai a non avere un giorno di vacanza, a non andare al mare?” rispondo che non mi manca andare in vacanza, mi sento libera dall’avere questa costrizione di avere il lavoro che si oppone alle ferie, per me non esiste più differenza tra lavoro, vacanze e vita. Abbiamo la stalla in mezzo al bosco, vado lì e mi sembra di essere in vacanza, anche andare in malga in estate è una sorta di vacanza-lavoro in un posto fantastico.

Autoroen Aprile

Ogni giorno per me c’è lavoro e vacanza insieme. Mi sento libera dal dover andare in vacanza e dal dover far vedere dove si è andati. È uno stile di vita un po’ diverso, nel lavoro contadino posso permettermi di non avere i vestiti all’ultima moda, il trucco-parrucco, la depilazione perfetta, mi sento libera anche dagli stereotipi legati all’immagine femminile».Certo un lavoro faticoso. «Non è solo una vita idilliaca in mezzo alla natura, c’è un sacco di stress e responsabilità sia verso gli animali che verso le persone che mangeranno il cibo che produco. Ogni giorno c’è sempre qualcosa da fare, c’è la burocrazia, ma ci sono tantissime soddisfazioni. Anche essersi trovati come coppia a condividere un sogno è proprio bello».Come viene vista la tua scelta di vita? «Vedo tanta ammirazione e curiosità. Molte persone sono stupite che una laureata faccia questa scelta radicale, tanti mi chiedono se non mi annoio, ma in realtà in malga ho più vita sociale che in paese. Incontro ogni giorno persone che hanno voglia di relazionarsi, di conoscere come funzionano le malghe e l’allevamento. C’è molto interesse sia da parte dei ragazzi e bambini che degli adulti. È una bella occasione di fare cultura del territorio e far conoscere un tipo di attività che al giorno d’oggi è molto più lontana di com’era una volta».  Si parla di valorizzazione della montagna, cosa ne pensi? «Le Alpi sono un ambiente delicato, spesso è quasi meglio non fare che fare, ad esempio nuove infrastrutture, meglio conservare quanto abbiamo e comunicare il più possibile i valori, il territorio e i prodotti. Non abbiamo un territorio che può accogliere il turismo di massa, anche sul Peller dove non c’è nulla a Ferragosto arriva l’invasione. È un percorso lungo che dobbiamo fare verso un equilibrio difficile, ma la val di Non è ancora in tempo: la malga stessa può rappresentare un modo per vivere un turismo più sostenibile attraverso le passeggiate a piedi e in mountain bike, la degustazione dei prodotti...Vedo che c’è molto interesse anche nei giovani, la nostra generazione è forse più interessata di quelle più vecchie, cerca la vacanza rilassante e tranquilla, fuori dal caos cittadino e dal turismo di massa. Cercano più autenticità».Di cosa c’è bisogno per il futuro della vostra attività?«Il settore dell’allevamento è abbastanza in crisi, d’altro canto il consumatore comincia ad avere più sensibilità per sostenere le piccole aziende legate al territorio. Andrebbero valorizzati i nostri prodotti, c’è un progetto della Camera di Commercio per i prodotti a marchio “Formaggio Trentino di malga”, perché ancora il Trentino è una delle poche regioni in cui il formaggio viene sottopagato. Storicamente era il burro l’oro della montagna, mentre il formaggio era un prodotto residuale, quasi di scarto e quindi non siamo abituati a valorizzarlo, bisogna assolutamente farlo attraverso la comunicazione. I prati da sfalcio sopra i 1.000-1.500 metri di altitudine garantiscono salubrità, gusto e profumo ai nostri prodotti, le nostre vacche mangiano un’erba che è il top della qualità con un’incredibile varietà floreale. Malghe e alpeggi rappresentano una fetta importante del nostro territorio, uno dei territori agricoli più vasti che si sta perdendo. Non tutte le vacche sono adatte per andare in alpeggio, servono animali più forti e resistenti, che sono meno produttivi, quindi si riduce la quantità per aumentare la qualità. La malga è fondamentale anche perché i pascoli in montagna, che non sono naturali, ma li ha creati l’uomo attraverso il pascolamento degli animali, sono uno dei pochi esempi in cui l’attività produttiva umana aumenta la biodiversità floreale e faunistica, non solo di insetti, ma anche di alcuni animali, come la pernice che si riproduce nel pascolo o gli ungulati che lì si alimentano. È un vantaggio per tutti: per il benessere degli animali e del territorio che rischiano di finire nella mani di speculatori».


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