mar 12 gen 2021 09:01 • By: Nicola Angeli e Sergio Zanella
Gli apicoltori solandri chiedono una giusta tutela per il proprio patrimonio apistico e per un miele di montagna dal punto di vista qualitativo eccezionale
L’orso e il Trentino
costituiscono un connubio che negli ultimi anni ha riempito spesso i rotocalchi
per vicende che non è nostro obiettivo commentare. Di certo, però, quanto
successo quest’inverno in Val di Sole costituisce un precedente che ha spiazzato
non solo gli apicoltori ma anche gli esperti del settore. In un inverno
particolarmente freddo e nevoso la presenza di uno o più plantigradi che non
hanno affrontato il consueto periodo di letargo ha costituito una minaccia difficile da contrastare per gli
amanti delle api della Val di Sole. Qui, ormai dai primi anni di
reintroduzione artificiale dell’orso, Provincia Autonoma di Trento e apicoltori
hanno collaborato per evitare danni al patrimonio apistico mediante
l’introduzione dei recinti elettrificati a batteria, che, da primavera ad
autunno, si dimostrano un valido deterrente agli attacchi del plantigrado.
Tuttavia non si era di certo pronti a dover risolvere la coesistenza con l’orso
nei mesi invernali, con il sistema di recinzione che in caso di nevicate
diventa inutile sia perché il manto nevoso raggiunge la fettuccina
elettrificata sia perché il terreno ghiacciato non permette la conduzione
ideale dell’impulso elettrico.
Contestualizziamo l’accaduto: ci troviamo nel mese di dicembre e in valle, a partire dalla quota di 700 metri in su, il manto nevoso che si trova a terra raggiunge già il metro.
Improvvisamente arriva la brutta notizia: l’orso ha attaccato un primo apiario. Ciò che pare un evento anormale e si spera isolato si trasforma invece in un incubo. Per almeno una decina di giorni il calar delle tenebre diventa il terreno di caccia del plantigrado, che, nonostante gli sforzi di apicoltori e Corpo Forestale nel spalare la neve e ripristinare i recinti, colpisce a ripetizione diversi apiari in un areale di circa 10 km (da Pracorno di Rabbi a Commezzadura). Nel momento in cui vi scriviamo gli apiari colpiti sono già una la decina mentre le arnie danneggiate più o meno gravemente superano abbondantemente quota 50. In alcuni casi l’orso è più volte ritornato sui luoghi dei suoi attacchi, tanto da costringere gli apicoltori a migrazioni improvvisate verso i centri abitati per evitare di perdere l’intero apiario.
La collaborazione tra la locale associazione degli apicoltori e il Corpo Forestale è stata ottimale, tuttavia quanto avvenuto pone dei quesiti sulla corretta metodologia per affrontare il futuro. Gli apicoltori solandri stanno vivendo un periodo in cui la domanda non è più “se” ma “dove e quando” avverrà il prossimo attacco e ciò impedisce di guardare al futuro con serenità. Il sistema a recinti elettrificati in inverno non è un’evidente garanzia di sicurezza e l’apicoltura di montagna trentina, assieme alla politica, deve dirigersi verso nuovi orizzonti. All’interno degli uffici competenti si sta già discutendo l’ipotesi di finanziamento delle Bienenhaus (casa delle api sul modello sloveno e austriaco), un’ipotesi che potrebbe costituire il giusto compromesso per tutelare tanto gli apicoltori quanto l’orso.
In Val di Sole ormai non ci si stupisce più che l’orso faccia l’orso, ma di certo chi intraprende questa attività lo fa per vivere la bellezza delle proprie api e non per ottenere un indennizzo per i danni causati dall’orso. Nel rispetto delle parti, gli apicoltori solandri si augurano una giusta tutela per il proprio patrimonio apistico, generato da una lunga selezione in una vallata alpina di montagna che sa offrire mieli qualitativamente - e non quantitativamente - eccezionali.