Skin ADV

Il selfie e i suoi antenati

lun 09 ago 2021 11:08 • By: Noemi Maria Mottes

A Cles un viaggio nella rappresentazione di sè dalla preistoria a oggi

CLES. Cosa spinge l'uomo a voler realizzare un ritratto? Il bisogno di avvicinarsi all'immortalità, di condividere uno stato d'animo o, forse, di celebrare un ricordo specifico? Come si evolve nel tempo tale pratica, e come siamo arrivati all'odierno "selfie"? Questi interrogativi vengono esplorati nella mostra intitolata "Dal ritratto al selfie: la rappresentazione di sé dalla preistoria a oggi", che il Palazzo Assessorile di Cles ospita fino al 29 agosto 2021.

I curatori Gianluca Fondriest e Marcello Nebl, il Comune di Cles, il Consorzio BIM dell'Adige, Artribune e l'Istituto Italiano di Cultura di Londra hanno collaborato per presentare una mostra che può fungere da "raccolta di antenati del selfie" e che, arricchita da una serie di eventi tenuti nella sala baronale del Palazzo Assessorile, analizza il ruolo dell'autoritratto nella storia.

I contenuti dell'esposizione sono organizzati in cinque sezioni tematiche, dedicate all'autoritratto idealizzato e concettuale, il ritratto ufficiale e di rappresentanza, il ritratto intimo e familiare seguito, poi, da quello realistico e infine l'autoritratto e il selfie. Esplorando il piano terra e i primi due piani del Palazzo Assessorile si possono, dunque, osservare opere risalenti a vari periodi storici, partendo dalla Tavola Clesiana del VIII-IX sec.

Autoroen Aprile

e gli "ushabiti" (ossia delle antiche statuine mummiformi che venivano incluse nei corredi funebri egizi, per aiutare i defunti nell'aldilà), per poi arrivare a dipinti come quelli del "maestro dei ritratti di corte", Giovanni Battista Lampi, e infine, opere contemporanee come, ad esempio, l'autoritratto scultorio del gardenese Willy Verginer.

Una certa attenzione è stata riservata anche all'esposizione di opere realizzate da artisti stranieri, quali la pittrice di Shangai Hu-Zi, la quale ha reinterpretato e rielaborato un ritratto di Oswald von Wolkenstein, l'attivista lgbtq+ e fotograf* sudafrican* Zanele Muholi, le cui opere catturano anche momenti d'intimità familiare, e l'afroamericano Umar Rashid (detto anche "Frohawk Two Feathers"), il cui meta-ritratto di famiglia intitolato "Comely Gigi, the Face that Launched a Thousand Bullets" racconta la storia di personaggi fittizi, inseriti in un'epoca e un contesto reali. Egli intende infatti creare degli episodi alternativi a quelli della storia ufficiale, dando visibilità alle minoranze che troppo spesso restano escluse e sottorappresentate.

All'ultimo piano dell'esposizione sono, inoltre, presentati vari autoritratti di artiste come, ad esempio, Elica Balla, Adriana Bisi Fabbri e Leonor Fini, che con uno spirito anticonformista decisero di prendere il controllo sulla loro rappresentazione artistica, liberandosi dal ruolo di "muse compiacenti" precedentemente assegnato alle donne. 

I ritratti esposti non si limitano, tuttavia, all'ambito pittorico, poiché raggiungendo le parti della mostra relative alle epoche più recenti, uno spazio è riservato alla fotografia e all'esibizione di una collezione di fotocamere d'epoca, passando dal banco ottico Reflex del 1949 alle famose Polaroid e, infine, un cellulare posizionato su un "selfie stick" (o un'asta per selfie).

Ed è proprio uscendo dalla mostra che si conclude l'esplorazione della storia dell'autoritratto, poichè con il concorso #dalritrattoalselfie, i visitatori vengono invitati a scattarsi un selfie nel centro storico di Cles; tali foto saranno poi condivise sulla pagina Instagram della mostra e coloro che hanno postato le migliori verranno premiati con alcuni buoni spesa.



Riproduzione riservata ©

indietro