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Matrimoni col bonus

dom 27 nov 2022 10:11 • By: Renato Pellegrini

Può un incentivo risollevare le sorti del rito religioso? O è solo un tentativo maldestro di mischiare le carte?

VALLI DEL NOCE. Non c’è dubbio che certe proposte stupiscono, fanno sorridere o fanno arrabbiare. In ogni modo sono stravaganti. Quella secondo cui il sì di due sposi, pronunciato davanti all’altare, potesse valere un bonus, o un incentivo fino a venti mila euro non l’avevo ancora sentita. E, dico subito, che non mi piace.

Non mi piace prima di tutto perché va contro la Costituzione, secondo la quale tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Che si sposino in chiesa o in comune non ha importanza. Noi, per grazia di Dio, viviamo in uno stato laico, nel quale non è la fede religiosa a dettare una legge e nemmeno può elargire qualche privilegio ai credenti rispetto a chi non crede. È finita da molto tempo l’alleanza fra trono e altare; il potere temporale dei papi è svanito il 20 settembre 1870 quando i bersaglieri hanno varcato la breccia di Porta Pia. E, cosa ancora più importante: perché non ricordare e non riflettere sulla frase di Gesù: «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»?

Insomma secondo me la sola idea che una coppia si sposi in Chiesa e abbia un premio in denaro è improponibile, è un tentativo avventato e maldestro di mischiare le carte (spirituali e temporali) da parte di chi, forse, farebbe meglio a rileggere il Vangelo, e a meditarlo nel profondo del proprio cuore. Il matrimonio cristiano non è un gioco, ma è un segno efficace della grazia di Dio.

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Per sostenere le scelte delle giovani coppie che decidono di sposarsi, più che bonus una tantum, ci vorrebbero invece politiche familiari mirate e costanti, con un investimento finalizzato a sostenere la vita familiare nella sua globalità, accompagnandola con coerenza e determinazione in tutte quelle tappe che ne caratterizzano il percorso esistenziale. Insomma, benissimo se ci fosse un bonus non discriminatorio nei confronti di chi sceglie il matrimonio civile ma per essere efficace e credibile dovrebbe essere inserito in un piano di politiche coerenti, come appunto il Family Act. Ma basterebbe?

Tutta una serie di studi, a cominciare dall’ultimo saggio dello psicanalista Luigi Zoja, racconta del declino del desiderio nel mondo occidentale, spiega che a rendere sempre meno attraenti e meno solide le relazioni, non sarebbero cause esterne (ad esempio quelle di natura economica) ma di ordine culturale e psicologico, legate soprattutto a una sessualità “liberata” a tal punto da non suscitare più alcun interesse. Notiamo tutti il crollo non solo dei matrimoni ufficiali, ma anche delle convivenze. I numeri a disposizione non sono facilmente contestabili. Nel 1940 il 98,7% dei matrimoni si celebrava in chiesa. Le stesse percentuali si ritrovano più o meni uguali vent’anni dopo. Alla fine degli anni Settanta comincia la discesa. Nel 1990 i matrimoni religiosi erano l’83,2% e nel 2010 erano scesi di quasi venti punti (63,5%). Nel 2015 le coppie conviventi non sposate sono quasi l’8% e sono in continua crescita. Nel 2020 quasi un nuovo nato su tre ha genitori non coniugati. Sul totale dei matrimoni nel 2020 si sono sposati con il rito civile il 63%, mentre risultano in forte calo i matrimoni religiosi (- 67%) e i primi matrimoni (- 53%). Di chi è la colpa? Soltanto dei sostegni pubblici inadeguati? L’analisi della Chiesa, con relativa autocritica, è impietosa, e non da ora. Già nel 2016 papa Francesco ha scritto in Amoris laetitia: “Spesso abbiamo presentato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere della procreazione… Altre volte abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva – dice ancora il Papa - soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario”.

Ecco i punti su cui riflettere di fronte al crollo dei matrimoni religiosi in Italia e in tutto il mondo occidentale.

 



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