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Cristianesimo, oltre la crisi

dom 05 feb 2023 09:02 • By: Renato Pellegrini

Non è la prima volta nella storia, ma ha sempre saputo rinascere

Il card. Matteo Zuppi, nella prolusione al Consiglio permanente della Cei, con parole chiare e dirette, ha evocato quanto più volte Benedetto XVI aveva ripetuto nel descrivere la Chiesa di oggi: «una realtà più piccola, più povera, quasi catacombale, ma anche più santa. La rinascita sarà opera di un piccolo resto, apparentemente insignificante eppure indomito, rinato attraverso un processo di purificazione. Contro il male resisterà il piccolo gregge».

Tutti ormai ci rendiamo conto che il tempo della cristianità è definitivamente finito e che la chiesa, almeno in Occidente, è ridotta a minoranza in diaspora. Probabilmente nelle nostre parrocchie si fa ancora fatica a capirlo. I battesimi sono ancora oltre il 95% di chi nasce, le prime comunioni vengono celebrate con solennità dappertutto dalla quasi totalità dei fanciulli…

Ma tutto questo rischia di essere una bella cornice esterna per un quadro molto sbiadito dove domina il grigio. E tuttavia si fatica a pensare e accettare di essere diventati minoranza. Nella storia sono state le minoranze spesso a determinare il futuro. E questo è segno di speranza: non siamo gli ultimi cristiani della storia. Nella Bibbia furono i profeti a denunciare l’incredulità e l’idolatria dei contemporanei. Gesù stesso chiamò la sua generazione «adultera e malvagia». E sempre, in ogni secolo, ritroviamo condanne per la mancanza di fede.

Non raramente poi troviamo testimonianze di persone smarrite di fronte ai cambiamenti, assai simili a quelli che registriamo nel nostro tempo. Faccio solo qualche esempio: Anselmo di Havelberg (vescovo) intorno al 1160 scriveva: «Molti si stupiscono, si interrogano e si indignano: perché tante novità nella chiesa? Chi non sarà scandalizzato e contrariato di fronte a queste novità?» E quattro secoli dopo Teresa d’Avila esprimeva tutto il suo sconcerto perché non aveva ancora cinquanta anni e aveva visto «tanti cambiamenti nella chiesa da non saper più come vivere».

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E si chiedeva «Come andrà a finire? Preferisco non pensarci! Cosa diventeranno questi giovani non oso immaginarlo!» Nel secolo scorso il cardinal Verdier, alla vigilia della seconda guerra mondiale, osava scrivere: «Il mondo oggi subisce una crisi di cui non si sa esagerare la gravità! Siamo ormai sull’orlo dell’abisso. Dai giorni del diluvio non c’è stata una crisi spirituale così profonda!»

Il cristianesimo, come si può notare da queste testimonianze, ha sempre saputo rinascere. Scrive a questo proposito Enzo Bianchi: «Muta la maniera di viverlo, cambiano le chiese che lo professano e a volte lo tradiscono… Ma il Vangelo come brace sotto la cenere è fuoco che rinasce e brucia il cuore di un piccolo resto, che ha una sola forza: il non temere!» 

Oggi il cristianesimo, però, non ha più il suo centro in Europa. È invece in grande crescita, almeno a giudicare dai numeri e dalle previsioni statistiche, nell’ex Terzo Mondo. Anche per questo, io credo, i cambiamenti sono profondi, radicali e difficili da accettare anche da parte di chi guida la Chiesa. Faccio un esempio: Nel periodo in cui Ratzinger era a capo del Dicastero per la dottrina della fede (ex Sant’Uffizio), il cui compito era ed è quello di vigilare sull’integrità della fede del popolo di Dio e dunque anche di teologi e movimenti, si è voluto interrompere, con interventi autoritari durissimi, il proficuo dialogo con diverse culture di tutti i continenti. Per non parlare di un’intera area teologica fiorita in America Latina e messa a tacere senza appello con due documenti ufficiali. Si tratta della Teologia della liberazione. Le conseguenze di simili interventi hanno avuto conseguenze disastrose per la Chiesa cattolica in Brasile, scalzata da vecchi e nuovi settarismi religiosi.

Non è più possibile essere Chiesa senza dialogare con tutti. È questo il pensiero di tanti teologi della seconda metà del Novecento, anch’esso ben radicato nel passato, ma rivolto verso il futuro. Il modo di rapportarsi con Dio, di fidarsi e affidarsi a Lui va forse in parte riscritto. «Quello che caratterizza e definisce i cristiani non è la “religione” del rito, ma la laicità dell’amore benevolo, considerando che è una bontà che non ha nessun limite. Perché è uguale con tutti, con i buoni e con i cattivi, con coloro che la pensano come me e con coloro che non mi sopportano». (José Maria Castillo: La laicità del Vangelo) E alla fine Gesù dirà che un simile comportamento ci eleva fino alla perfezione di Dio. Questa è una strada nuova per la rinascita del cristianesimo. Cambieranno alcune cose, altre nasceranno. Dio sarà più presente nelle opere delle donne e degli uomini capaci di opere buone, che celebreranno la lode a Dio e mediteranno la Sua Parola.



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