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(VIDEO) Quasi settant’anni fa lo schianto sul monte Giner, oggi i familiari di Franco Lucchelli visitano i luoghi della sciagura

mer 26 lug 2023 20:07 • By: Lorena Stablum

Albina e Sandra, accompagnate dal figlio e nipote Vittorio, ricordano con commozione il fratello deceduto nell’impatto

OSSANA. Era un giovane geometra di 24 anni. Stava rientrando a Pavia dalla Sardegna dove lavorava per trascorrere qualche giorno di vacanza con la famiglia. Quello era il suo primo viaggio in aereo. Per lui che di aerei era un vero appassionato e ne stava costruendo uno tutto suo. A casa Franco Lucchelli, purtroppo, non arrivò mai. Il velivolo, che lo trasportava, un DC 3 della compagnia di bandiera italiana LAI in servizio sul volo 416 si schiantò contro le pendici del Monte Giner, in località Pale Perse, a quota 2.600 metri nel territorio di Ossana. 

Era il 22 dicembre 1956. Quel fatale giorno, Albina, la sorella che allora aveva solo 15 anni, se lo ricorda bene, è impresso nella memoria e non se n’è più andato. “La mamma gli aveva detto di non venire in aereo e di prendere il treno – racconta Albina -. Lui le ha risposto: ‘Mamma se vuoi che arrivi in tempo per Natale, l’aereo lo devo proprio prendere!’ Quante volte penso ai tanti aerei sui quali sono salita nella mia vita e a Franco che di aereo ne ha preso uno solo. Chissà cosa ha provato!” Albina e Sandra, che allora era una bambina di soli 7 anni, cullavano da tempo il sogno di vedere il luogo della morte del fratello e di fare visita al monumento che commemora lui e le altre vittime dello schianto.

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Cosa che si è verificata ieri, 25 luglio 2023 (Qui l'articolo).

L’aereo, partito da Roma alle 16.18 in direzione di Milano, era atteso a Malpensa per le 18.15. Non atterrò mai. Colto da una bufera, il “Dakota”, così era stato battezzato dall’aviazione Usa il velivolo progettato per impiego bellico e protagonista anche dello sbarco in Normandia, precipitò sulle pareti montuose della Val di Sole andando completamente distrutto e tutti gli occupanti - 17 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio - morirono sul colpo.

Sino al controllo di Pisa, il volo si era svolto regolarmente. Ma, in seguito al rapido peggioramento delle condizioni meteorologiche, il comandante Giorgio Gasperoni comunicò pesanti formazioni di ghiaccio e chiese il permesso di scendere a una quota più favorevole. Il “ricevuto” all’autorizzazione arrivò alle 18.48. Da quel momento, le comunicazioni si interruppero. Alle 19.14 l’operatore in servizio a Milano cercò di mettersi in contatto con l’I-Linc, così era codificato il velivolo, senza successo. L’aereo, portato fuori rotta dal maltempo e privo di efficaci radioaiuti alla navigazione, stava vivendo gli ultimi minuti della tragedia. I soccorsi partirono immediatamente, ma il relitto non fu ritrovato che due giorni dopo, alla vigilia di Natale.

“Mio padre lo ha aspettato per ore all’aeroporto senza sapere nulla – aggiunge ancora Albina -. La mattina dopo, poi, diedero la notizia al radiogiornale e venimmo a sapere che tra le vittime c’era anche Franco Luccotti. Avevano sbagliato cognome, ma capimmo subito”.

L'incidente scosse profondamente tutta l'opinione pubblica italiana tanto che, a seguito del disastro, fu avviata una radicale riforma dell’aviazione civile italiana: la LAI, considerata fino ad allora la compagnia di bandiera, fu sciolta e assorbita dall’Alitalia anche sull’onda di una sconcertante circostanza che scatenò una lunga polemica e portò all’istituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare: il volo era fuori rotta di circa 150 chilometri più a nord-est. Un fatto mai del tutto chiarito.



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