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La fede e le tradizioni

dom 27 ago 2023 11:08 • By: Renato Pellegrini

I credenti ripensino la celebrazione della sagra

Che la fede abbia qualcosa da vedere con quello che la gente comunemente chiama tradizione è tutto da dimostrare. Oltretutto la fatica più grande di Gesù è stata quella di lottare contro le tradizioni. Faccio un esempio per tutti: «Bene ha profetato il profeta Isaia di coi, ipocriti, come sta scritto: questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. E diceva loro: Siete davvero abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione…» (cfr. Mc 7,1-3) E qui Gesù dimostra l’abilità nell’annullare «la parola di Dio con la tradizione» che loro o i loro antenati hanno creato e tramandato. Pretendere, però, che i cristiani conoscano anche superficialmente il Vangelo è sicuramente un’esagerazione, mi ha sussurrato un amico non molto tempo fa.

È successo così che «la fede di molti è andata in crisi con l’abbandono del latino, con la comunione data in mano e distribuita dai laici (spesso donne), con la caduta della tonaca dei preti, senza contare le beghe interne delle nostre parrocchie, le delusioni che ci dà Dio perché non fa quello che ci aspettiamo. Dov’è Gesù in tutto questo? Certo non dove lo mettiamo noi. La nostra superficialità imprigiona, talvolta, Dio nelle esteriorità della chiesa delle apparenze. Confiniamo la fede nelle abitudini della fede e allora ci stupiamo di non riuscire più a trovare Dio come al solito. Ma Dio non è mai «come al solito». Dio non si trova riducendosi a fare quello che si è sempre fatto. Dio, forse, potrebbe trovarsi nel nuovo che c’è da fare. Come il cieco Bartimeo che “lascia il mantello”, un certo numero di vecchie abitudini incollate sulla pelle.

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» (Augusto Fontana) Gesù raccomandava di fare qualcosa di bene «anche a uno solo di questi piccoli» per avere un premio da Dio (cfr. Mt 25,45) Se c’è un’urgenza oggi è quella che i cristiani si chiedano perché fanno determinate scelte, che significato hanno certi eventi. Prendiamo due esempi: le sagre e le processioni.

Secondo il vocabolario Treccani, il sostantivo femminile sagra ha questi significati: Festa, celebrazione religiosa in occasione della consacrazione di una chiesa, di un altare o di una immagine religiosa. Festa solenne per commemorare la fondazione e la consacrazione di una chiesa, o il santo patrono di un paese, durante la quale, accanto alle manifestazioni religiose, hanno generalmente luogo la fiera, il mercato e festeggiamenti varî: per le strade c’era aria di festa, di s. paesana. Estens. a. Festa popolare, che si svolge in un paese o in un rione e sim. per celebrare un avvenimento, e soprattutto un raccolto, un prodotto: la s. dell’uva, del vino, del pesce; la s. del carciofo a Ladispoli, ecc.

Oggi cosa vogliamo celebrare? Il santo patrono? Ma con chi, dato che le chiese, purtroppo sono poco frequentate. Eppure anche questa era una tradizione importante, perché era manifestare senza vergognarsi la propria fede. Ho testimonianza diretta che molti non sanno nemmeno chi sia il patrono, il santo che si porta in processione. A me pare che i credenti debbano ripensare la celebrazione della sagra. Vediamo ora il senso della processione, che il dizionario definisce così: Cerimonia religiosa a scopo di preghiera, supplica, ringraziamento o penitenza, nella quale una schiera ordinata di sacerdoti e di fedeli procede in fila dietro la croce, la statua di un santo, le reliquie o altro simbolo sacro, per le strade o all'interno di un tempio, pregando e salmodiando: la p. del Venerdì Santo, del Corpus Domini…. È oggi un atto e un segno di preghiera? O non è piuttosto un ripetere ciò che si è sempre fatto senza neanche chiedersi il perché si fa e il come si partecipa? Oggi più che mai il cristianesimo deve ritrovare l’essenziale; i riti hanno un loro significato, vanno “ricompresi”. Vale di più tener conto dei due comandamenti insegnati allo scriba da Gesù: «Amerai il Signore Dio tuo e amerai il prossimo tuo». Per il Vangelo non si può separare l’amore per Dio dall’amore per il prossimo. Forse dovremmo sempre ricordare quello che insegna l’apostolo Giovanni, e cioè che è facile dire di amare Dio senza amare il prossimo. Ma in questo caso si è bugiardi. (cfr. 1 Gv. 4, 20) La fede nel nostro tempo è davvero un cammino incerto, e può darsi che il nostro desiderio sia un passo importante su questa via. Certo è che «la fede è un cammino verso la certezza, la pienezza della fede sopraggiunge solo tra le braccia di Dio, oltre l’orizzonte di questa vita e di questo mondo». (Tomas Halik: Pomeriggio del cristianesimo. Il coraggio di cambiare). Per ora viviamo una grande debolezza. E io credo che quando in gran parte del mondo non ci saranno più parrocchie strutturate come oggi, sarà necessario cercare la forza spirituale non da quello che si è sempre fatto, ma forse da quello che c’è sempre stato e non si è mai conosciuto e praticato a sufficienza: il Vangelo di Gesù. E basterà il Vangelo.  



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