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Il bivacco di Dino: i ricordi di chi c’era

dom 24 set 2023 10:09 • By: Giulia Colangeli

Quasi trent’anni fa, la costruzione del Bivacco Marinelli

“Inizio lavori, bellissima giornata [...] La mattina abbiamo effettuato lo scavo, che si è protratto fino al pomeriggio con notevole e impensabile lavoro. Presenti: Andrea Ciatti, Alberto Battaiola, Vincenzo Penasa, Vincenzo Ciatti, Maurizio Angeli, Germano Battaiola” recitano le prime righe del verbale, redatto a macchina da Germano Battaiola, della ristrutturazione del ‘Bait del Beciaro’.

Era il 5 settembre 1993, il primo giorno di un denso piano di lavoro che si sarebbe concluso solamente il 26 giugno dell’anno successivo, con l’inaugurazione del nuovo Bivacco Marinelli.

A prendere parte all’impresa furono 31 persone per 23 giorni di lavoro (la maggior parte spesi sotto la pioggia battente, il vento, la neve), conoscenti e amici di Dino, alpinista fuoriclasse che perse la vita il 27 giugno 1993, scalando lo spallone Graffer del Campanile Basso.
Era il più giovane tra i quattro figli di Luciano e Pierina Gentilini, portava avanti con passione la fucina artigianale ad acqua di suo padre ed era da poco divenuto ‘aspirante’ guida alpina; non aveva ancora compiuto ventidue anni al momento della sua caduta.

“Abbiamo iniziato nel ‘93, era maggio” racconta Germano Battaiola, coordinatore dei lavori di ristrutturazione del vecchio Bait: “Avevamo deciso di ristrutturarlo, era partito l’iter e poi in corso d’opera è successa la tragedia, così abbiamo deciso di dedicarlo a Dino. Invece che donare fiori, avevamo fatto un conto per costruire il bivacco. Ci ha dato una mano anche il papà di Dino, che ci ha fatto le inferriate, i cardini della porta, l’insegna”.

L’insegna, ancora oggi affissa sulla facciata principale del bivacco, era stata incisa a pantografo nelle segherie del Parco dello Stelvio, con l’aiuto del geometra Fausto Ceschi, l’allora presidente della Sat: “Era stato bello, perché c’era la volontà di tutti di fare qualcosa” sottolinea Ceschi.

Graziadei maggio

“Portavamo su tutto noi con le moto, come potevamo. Un giorno mi ero anche ribaltato, in salita… Avevo tre blocchi di cemento nello zaino e mi hanno tirato su i cacciatori”.

Poche spese, tanta la solidarietà di privati e aziende che avevano messo a disposizione le proprie risorse migliori: denaro, materie prime, braccia. Si saliva a piedi, portando il materiale a spalla o in moto in attesa delle prime rotazioni di elicottero:

“Arrivato l’elicottero verso le ore 10.00, dopo una lunga attesa causa nebbia. Iniziati i voli con il cemento, impiega circa due minuti a rotazione con sette quintali di materiale” recita il dettagliato verbale, senza omissioni: “Totale impiegato a trasportare tutto il materiale, attrezzatura ecc, 51 voli con due rifornimenti alla malga alta. Il materiale era molto superiore alla richiesta, fortunatamente il pilota non disse nulla. Totale della spesa 1.800.000 mila lire”.

“Sì, poi quando è arrivato l’elicottero e ha portato il cemento bisognava sbrigarsi, ma quell’autunno lì continuava a piovere” aggiunge Battaiola. “Siamo saliti anche con quindici centimetri di neve… I bacini montani ci avevano prestato una betoniera a scoppio da portare su in elicottero e una slitta per riportarla giù”.

Fu un autunno eccezionalmente freddo e piovoso a costringere tutti a rimandare la fine dei lavori alla successiva primavera: il 14 novembre 1993 venne stipulato un accordo con il Parco dello Stelvio per poter portare due piante di larice alla segheria Veneziana di Rabbi e ottenerne ‘scandole’ tagliate a spacco, per il tetto del futuro bivacco. Furono lasciate alla Malga Alta, in attesa dell’aiuto di volenterosi: “Questa è stata una bella roba” racconta Fausto Ceschi. “Abbiamo fatto un cartello: ‘chi vuole, prenda un pacco di scandole e le porti al bivacco’. Per nostra sorpresa… Sono arrivate su tutte! Gli scialpinisti, amici di Dino, durante l’inverno le hanno portate su, a riprova del fatto che tutti si sono sentiti coinvolti in questo progetto”.

L’impegno di tutti non era venuto meno con il rigido inverno, al contrario, nel maggio 1994 ripresero i lavori. Per gli alti costi dell’elicottero, si ovviò al problema di trasporto dei materiali rimanenti con la falciatrice: ultime scandole, ‘listelli’ e ‘laste’ per completare il tetto. In data 6 giugno - a lavori non ancora conclusi - la sezione Sat di Malé aveva già emesso un invito “per l’inaugurazione del bivacco Dino Marinelli al Cimon di Bolentina”: ritrovo, cerimonia, celebrazione della S. Messa e “bicchierata” presso la Baita del Merlo erano all'ordine del giorno.

Il 26 giugno 1994 la sorpresa e la gioia furono grandi: “Contrariamente ad ogni aspettativa, oggi il tempo promette bene. Già dalle prime ore della mattina iniziano a salire i primi trattori, arrivati alla Malga Alta notiamo con stupore l’impensabile afflusso di veicoli. Al bivacco insieme al papà, alla mamma e ai fratelli di Dino, una moltitudine di persone stimate intorno alle 450 unità”.

Non mancava il coro Sasso Rosso, né il giornalista e scrittore Rolando - detto Rolly - Marchi, non mancavano paesani e compaesani di Dino, gli amici di sempre e chi lo conosceva e stimava come alpinista.

“Il bivacco dei ricordi” ancora oggi ospita le memorie e le impronte di chi l’ha costruito, sopportando un autunno difficile e lavorando senza sosta per nient’altro che non fosse l’amore di un amico, che la montagna ha portato via con sé prima del tempo.



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