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Bar di Malé, via le macchinette

gio 15 feb 2024 09:02 • Dalla redazione

Giochi e distanziometro, il Consiglio di Stato espelle le slot

ROMA. Un bar di Malé dovrà rimuovere i propri apparecchi: non rispettano le norme regionali sul distanziometro. È quanto ha stabilito – come riferisce Agipro, agenzia di stampa giochi e scommesse - la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, che ha respinto il ricorso della società titolare del locale in questione, determinato a evidenziare le incongruenze che, la Giunta comunale prima e il Tar di Trento poi, hanno generato nell’interpretazione della norma del 2015 che impone una distanza minima di trecento metri dai luoghi ritenuti sensibili. Nel caso in questione, a essere troppo vicine sono una “Sat giovanile” e una parrocchia.

Il titolare contestava, oltre “alla stessa funzionalità del distanziometro rispetto alla prevenzione del fenomeno del gioco compulsivo”, un possibile effetto espulsivo dal territorio.

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La circostanza, tuttavia, non si verificherebbe, in quanto la perizia svolta per la mappatura del territorio comunale ha rilevato una porzione pari al 3,2% “disponibile al trasferimento dell’attività”, superiore dunque all’1% che la giurisprudenza ritiene minimo indispensabile. Le eventuali difficoltà in questo senso non vengono prese in considerazione in quanto gli appellanti “non hanno neppure allegato di aver infruttuosamente compiuto adeguati tentativi volti a delocalizzare l’attività”. Viene lamentato, inoltre, un erroneo calcolo della distanza da uno dei luoghi sensibili: i 51 metri sarebbero frutto di una misurazione tramite “raggio in linea retta in linea d’aria” e non secondo “il percorso pedonale più breve”.

Questa contestazione appare, secondo Palazzo Spada, “irrilevante ai fini del giudizio dal momento che gli appellanti neppure prospettano che il criterio del percorso pedonale più breve avrebbe comportato un esito per loro diverso”.

Il Tar di Trento aveva già, inoltre, respinto il ricorso che contestava la decisione del Comune di Malé, che non avrebbe agito secondo una “previa ponderazione delle sue ricadute sul piano economico”. Secondo i giudici, l’Amministrazione comunale ha agito senza “alcun potere regolamentare, limitandosi a fare applicazione della legge provinciale”. 



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