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Le gatole!

mer 17 feb 2021 17:02 • By: Laura Abram

Breve viaggio linguistico nel mondo del solletico

Scrisse Mark Twain che “il genere umano dispone di una sola arma veramente efficace: la risata”. Certo non è facile ridere in un periodo come quello che stiamo attraversando, in momenti della vita in cui sembra che le preoccupazioni, l’incertezza, la serietà la facciano da padrone; ma ci si può provare. Un modo c’è per prendersi una breve parentesi di risate incontrollate ed è quello spesso usato per far sorridere di nuovo i bambini imbronciati: le gatole. Le gatole, o solletico in italiano, sono il perfetto incrocio tra un diversivo e una tortura, ma alla fine ci fanno ridere. Rappresentano un gioco che necessita di interazione umana e si basano sull’effetto sorpresa, su un tocco imprevedibile e inaspettato che suscita movimenti incontrollati e, spesso, risate. Il nome gatole, o giatole, gaticiole, gatizole, gate ecc., ha un’origine misteriosa, ricondotta da Enrico Quaresima al concetto di voce onomatopeica, ossia termine che riproduce il rumore o il suono associato all’oggetto che rappresenta. Il fatto è che il solletico, sia in quanto azione agita che subita, non ha propriamente un suono che lo contraddistingua. Se si pensa, però, alla filastrocca di tradizione trentina Manina bela, che si recita accarezzando le mani dei bambini, sul finale si dice pane e late e gate gate gate e si solletica il palmo della manina. In questo caso, il solletico inizia ad avere una sua riproduzione sonora, che ritorna a volte mentre si gioca con i bambini. Il Quaresima cita anche altri termini di area ladina, sempre collegati a quest’etimo onomatopeico: il gardenese catidles, il fassano catigoles e il friulano gatiis e gatarigulis.

Andando a cercare tra le lingue di origine germanica si scopre che anche il tedesco “kitzeln”, solleticare, viene fatto risalire ad un’antica radice germanica *kit/*kut coniata su base onomatopeica. Da lì sarebbero poi derivati, con varie evoluzioni e mutamenti, kitzeln in tedesco, tickle in inglese, kietelen in olandese e così via. Sarebbe interessante capire se vi sia una parentela tra le nostre forme e quelle germaniche, o se siano nate separatamente per riprodurre un certo suono simile, che entrambe riconducono al concetto di solletico.

Per quanto riguarda l’italiano, invece, l’origine del termine risulta molto complessa e discussa. I linguisti si dividono tra chi predilige un etimo legato al verbo latino sollicitare, mettere in movimento, porre in stato di agitazione, e chi invece guarda al latino  titillare, che significava proprio solleticare, stuzzicare, e che avrebbe quindi subito varie modifiche. Tra queste ci sarebbe l’aggiunta del prefisso sub-, sotto; e dov’è che comunemente si soffre maggiormente il solletico? Sotto le ascelle. A questo proposito è veramente carino notare che in vari dialetti d’Italia le ascelle hanno un nome che le lega al verbo titillare latino: in napoletano troviamo titillu e tetelleca, in calabrese titiddu e titillu, in abruzzese titella o ditella, in toscano ditello. Questo stesso identico termine “ditello”, al plurale “ditella” o “ditelle”, dal toscano è entrato poi a far parte anche della lingua italiana ed è considerato oggi termine arcaico.



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