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El Salvanèl

dom 30 gen 2022 09:01 • By: Laura Abram

Alla scoperta della creatura dei boschi la cui leciàda tanti di noi portano in testa

L'Homo Salvadego di Sacco (Morbegno)

Vi è mai capitato di osservare le cosiddette rosette dei capelli delle persone che vi circondano? Quei piccoli vortici all’attaccatura dei capelli, solitamente alla sommità della testa, che si notano soprattutto nei maschi o comunque nelle persone che portano i capelli molto corti. Io ho sempre saputo che esistono ma non ci ho mai posto troppa attenzione, finché, quest’estate, ho notato l’attaccatura dei capelli di un mio piccolo amico di 6 anni: ha due rosette perfettamente simmetriche nella parte posteriore della testa, che girano in senso contrario l’una rispetto all’altra. Che abbia dei poteri magici? Sicuramente affine al mondo magico è il termine che talvolta viene usato in dialetto per denominare questo piccolo vortice nei capelli: salvanèl.

Il termine salvanèl ha più di un significato in noneso, designa sia la rosetta dei capelli che un personaggio immaginario e leggendario che vivrebbe nei boschi. Secondo una credenza diffusa tra le popolazioni alpine, questo personaggio sarebbe un folletto che compare talvolta nei campi per aiutare i contadini e, seppur con varianti nell’aspetto o nel comportamento, si ritrova attestato in molte zone montane, dalla Val Badia alla Val di Non.

Nella nostra valle, nello specifico, il Salvanèl viene considerato il figlio di una ragazza rimasta incinta per caso e nascostasi sul monte Ozol per paura di essere additata dalla popolazione del suo paese ed essere accusata di stregoneria. Mamma e bambino avrebbero sempre vissuto nei boschi del monte Ozol e il Salvanèl, una volta cresciuto, avrebbe preso a uscire di notte per fare i dispetti a chi maltrattava il bosco e la natura. Con i deboli, gli anziani, i bisognosi e con chi rispettava l’ambiente, si diceva fosse invece molto gentile e servizievole. Oltre alla caratteristica di muoversi prevalentemente di notte, si attribuiva a questo folletto anche un abbigliamento rosso e una folta barba nera, tanto che, per la somiglianza d’aspetto e per le azioni dispettose e vendicative, nell’immaginario popolare è andato talvolta sovrapponendosi alla figura del diavolo.

Si legge, infatti, in alcuni documenti che testimoniano la caccia alle streghe avvenuta in Val di Non agli inizi del 1600, che Maria La Pillona, donna benestante di Romeno fu accusata di frequentare il Salvanèl, partecipando con lui a dei sabba sul monte Roen, durante i quali danzavano intorno al fuoco, mangiavano pane e formaggio e bevevano vino. Per questo e altri assurdi motivi che l’avrebbero resa una strega, Maria fu processata nel 1614 nel Palazzo Nero di Coredo, torturata prima con il tormento del sonno (venne tenuta per 40 ore in piedi con due guardie che le impedivano di addormentarsi) e poi con la pratica dello “scanno” (con le braccia legate dietro la schiena venne sollevata da terra con i polsi appesi ad una stanga sopraelevata) finché non confessò per sfinimento le colpe che non aveva e fu mandata al rogo.

Questo leggendario e misterioso Salvanèl, il cui nome risale probabilmente al nome latino Silvanus (= dio dei boschi e dei campi; fauno) e quindi anche a silva (= bosco), ritorna in alcuni termini del dialetto noneso e solandro: nei toponimi “la fontana del Salvanèl” presente a Malosco e “el bus del Salvanèl” che si può trovare lungo una passeggiata nel bosco che collega Revò a Cagnò, ai piedi del monte Ozol e anche a Terzolas; e nell’espressione “la leciada del Salvanèl” che starebbe proprio ad indicare una piega nei capelli. Probabilmente dall’abbreviazione di questa locuzione nasce l’abitudine di chiamare salvanèl la rosetta dei capelli.



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