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Sgolàr

lun 28 feb 2022 10:02 • By: Laura Abram

Le parole che fanno volare

Sfogliando il dizionario di Enrico Quaresima alla ricerca di una parola che mi incuriosiva, sgolanìu, sono rimasta colpita nell’incontrare molte parole che non avevo idea derivassero dal verbo latino “volare” e avessero quindi un legame etimologico con questo concetto.

Partiamo da sgolanìu o scoanìgol, scoagnìu, scolanì, ossia l’ultimo nato di una nidiata e poi, per associazione, anche l’ultimo dei figli in una famiglia. In realtà questo termine non ha a che fare con il concetto di volare, ma deriva dall’unione di scoar “scopare” e gnìu/nìu/nìgol “nido”, quindi con l’idea dell’ultimo che lascia il nido. È poi emerso anche sgolanìu, probabilmente proprio per l’idea di “volare via dal nido” o comunque per inevitabile associazione degli uccelli con il volo.

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Sempre seguendo la radice latina di “volare”, troviamo in noneso oladìva o sgoladìva, ossia la favilla che esce dal fuoco del falò e che deriva proprio dal latino “volativus”, che vola. In dialetto trentino e veneto la troviamo come faliva e in italiano antico e regionale era chiamata anche “falavesca” o “favolesca”, tutti termini che derivano più probabilmente dal latino “fovere”, riscaldare o da una radice antica FA- legata al concetto di “splendere”.

E, sempre seguendo il filo rosso della parola “volare”, abbiamo in dialetto anche le òlicje, le “fandonie” o le “piccolezze” che si dicono quando si chiacchiera a vanvera e senza pensare. Anche questo termine, che deriva dal verbo olicjàr, raccontar fandonie, cianciare, è molto probabilmente legato a una forma di latino popolre “volicare” o “voliculare”, ossia “svolazzare”, facilmente associabile al concetto di parole al vento, leggerezze. Sempre dal verbo olicjàr abbiamo ovviamente olicióna, la classica chiacchierona o racconta frottole.

Concludiamo questo percorso nel volo con un termine ormai desueto: olàdgja, detta in italiano “volanda”, ossia il fior di farina che si innalza nel mulino durante la macinatura. In italiano è quindi ovvia l’etimologia dal verbo latino “volare”, mentre nel nostro dialetto è un po’ meno scontata, vista la caduta della V iniziale, come per gli altri termini oladìva e òlicja. Dervia, comunque, anch’esso dal latino “volaticus”, volante.



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