Sfogliando il dizionario di
Enrico Quaresima alla ricerca di una parola che mi incuriosiva, sgolanìu,
sono rimasta colpita nell’incontrare molte parole che non avevo idea
derivassero dal verbo latino “volare” e avessero quindi un legame etimologico
con questo concetto.
Partiamo da sgolanìu o scoanìgol, scoagnìu, scolanì, ossia l’ultimo nato di una nidiata e poi, per associazione, anche l’ultimo dei figli in una famiglia. In realtà questo termine non ha a che fare con il concetto di volare, ma deriva dall’unione di scoar “scopare” e gnìu/nìu/nìgol “nido”, quindi con l’idea dell’ultimo che lascia il nido. È poi emerso anche sgolanìu, probabilmente proprio per l’idea di “volare via dal nido” o comunque per inevitabile associazione degli uccelli con il volo.
Sempre seguendo la radice latina di “volare”, troviamo in noneso oladìva o sgoladìva, ossia la favilla che esce dal fuoco del falò e che deriva proprio dal latino “volativus”, che vola. In dialetto trentino e veneto la troviamo come faliva e in italiano antico e regionale era chiamata anche “falavesca” o “favolesca”, tutti termini che derivano più probabilmente dal latino “fovere”, riscaldare o da una radice antica FA- legata al concetto di “splendere”.
E, sempre seguendo il filo rosso della parola “volare”, abbiamo in dialetto anche le òlicje, le “fandonie” o le “piccolezze” che si dicono quando si chiacchiera a vanvera e senza pensare. Anche questo termine, che deriva dal verbo olicjàr, raccontar fandonie, cianciare, è molto probabilmente legato a una forma di latino popolre “volicare” o “voliculare”, ossia “svolazzare”, facilmente associabile al concetto di parole al vento, leggerezze. Sempre dal verbo olicjàr abbiamo ovviamente olicióna, la classica chiacchierona o racconta frottole.
Concludiamo questo percorso nel volo con un termine ormai desueto: olàdgja, detta in italiano “volanda”, ossia il fior di farina che si innalza nel mulino durante la macinatura. In italiano è quindi ovvia l’etimologia dal verbo latino “volare”, mentre nel nostro dialetto è un po’ meno scontata, vista la caduta della V iniziale, come per gli altri termini oladìva e òlicja. Dervia, comunque, anch’esso dal latino “volaticus”, volante.