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Il sinodo e le paure della Chiesa

dom 03 apr 2022 09:04 • By: Renato Pellegrini

Tra le urgenze che non possono più essere rimandate, la presenza della donna nella Chiesa

La chiesa ha cominciato il cammino sinodale anche nella diocesi di Trento. Un po’ timidamente, mi pare. Ci si interroga sulle reazioni che può suscitare la parola Chiesa e sulle reazioni di fronte alla comunità credente. L’invito alla riflessione è rivolto a tutti, anche a coloro che dubitano o che si sono allontanati dalla fede e dall’esperienza cristiana comunitaria.

Quello che a me pare, e di cui bisognerà tener conto, è che occorrerà dare spazio alle diversità e alle differenze, in tutto ciò che non è essenziale per essere discepoli di Cristo. Non siamo più in tempi di cristianità, ma non siamo nemmeno nell’era di una chiesa uniforme, di una chiesa che non sa riconoscere la ricchezza di essere Chiesa di Chiese.

«Le Chiese locali devono essere riconosciute soggetto di diritto di iniziative ecclesiali, non solo circoscrizioni amministrative». (Enzo Bianchi) Non si può andare avanti come sempre, perché così si è sempre fatto. Il Sinodo deve poter chiedere e ottenere ciò che ritiene necessario per la vita dei credenti oggi. Le chiese locali, le diocesi devono dar voce ai fedeli, ascoltare i loro problemi, le loro preoccupazioni e incoraggiare esperienze anche nuove. Non è pensabile rimanere ingabbiati nelle solite regole, a livello liturgico o pastorale pur di rimanere fedeli alla tradizione.

Si ha ancora paura delle novità ben presenti nel pensiero di molti cristiani. È vero che ci sono temi sempre attuali, come il primato della parola di Dio nella Chiesa, i poveri, i migranti, i disoccupati, la condizione giovanile, l’ecologia…. È altrettanto vero che sono temi decisivi anche per i cristiani.

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Tuttavia sono già stati trattati in altri Sinodi. A me pare che ci siano urgenze che non possono più essere rimandate, e tra queste la presenza della donna nella Chiesa, l’ammissione di persone sposate al sacramento dell’ordine, la riforma liturgica, la riscoperta della Chiesa come popolo di Dio e la fine del clericalismo, l’autorità nella Chiesa... non democrazia, ma molto di più: fraternità e sororità..., la catechesi ai soli bambini oggi…

Pensiamo alla presenza della donna nella Chiesa: da tempo è in atto una loro fuga silenziosa dagli spazi ecclesiali; lo descrive bene Armano Matteo in “La fuga delle quarantenni”. Molte donne sono convinte che la loro dignità non è riconosciuta, che restano sempre delle “ausiliarie” per i chierici, che non vengono mai interpellate quando si tratta di prendere qualche decisione. Il rischio è che si parli tanto delle donne nella Chiesa, ma che il tutto si traduca in una beffa. Si comincerà a prendere sul serio almeno il diaconato femminile? Diciamo la verità: oggi la Chiesa cattolica, come tutte le Chiese ortodosse, non si sente disponibile a conferire il sacramento dell'ordine alle donne. La dichiarazione di Giovanni Paolo II, Ordinatio sacerdotalis, è stata confermata da Benedetto XVI e anche da Francesco. Neanche il diaconato, che era parsa una possibilità, figura come tema da affrontare nel Sinodo. Solo la Chiesa di Germania ha avanzato una proposta, verso la quale si è dichiarata con forza l'indisponibilità. E allora?

Io credo sia, comunque, necessario che ci si confronti sulla presenza delle donne nella Chiesa, che si abbia il coraggio di scelte profetiche, che si possa, come nella Chiesa nascente, creare ministeri nei quali le donne trovino un riconoscimento di dignità, di vocazione e di missione come gli uomini. Un altro tema sinodale riguarda l'ammissione di persone sposate al sacramento dell'ordine. E qui c'è poco da dire, perché si tratta solo di mutare una disciplina della Chiesa latina, mentre le Chiese cattoliche di oriente conoscono già un ministero uxorato. Il celibato è un dono, una grazia preziosa che il Signore fa alla Chiesa, ma non deve essere imposto come legge a quanti la Chiesa può chiamare come pastori del gregge. «La possibilità di far accedere persone sposate al sacerdozio ministeriale deve essere offerta non perché mancano i presbiteri, ma per affermare la libertà del dono dello Spirito anche su chi è chiamato a governare il popolo di Dio senza aver ricevuto il carisma del celibato per il Regno! Quanto all'urgenza di una riforma liturgica, o per meglio dire di una ripresa della riforma iniziata con il Vaticano II, si aprano i cantieri, non si viva nella paura di divisioni e scismi, ma si impari a vivere la pluralità delle espressioni liturgiche». (E. Bianchi)



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