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Croci sulle montagne

dom 02 lug 2023 10:07 • By: Renato Pellegrini

La riflessione sul valore di un simbolo che viene da lontano

Quando si parla di croci scoppia immancabilmente la polemica. Nelle scuole o negli ospedali e anche sulle cime delle montagne sono il simbolo che ci deve essere.

Ma quando un simbolo ha senso? Quando è condiviso! Quando le croci sono state installate erano indubbiamente dei simboli, perché rappresentavano la maggior parte della popolazione italiana. Ora non è più così. Dati alla mano i cristiani «praticanti» non arrivano al 10% della popolazione. Allora (a chiederselo è il vescovo di Pinerolo mons. Derio Olivero) «è giusto che una minoranza metta il suo simbolo in uno spazio comune?» E poi, continua il presule, «quante persone arrivate in cima si fermano a dire una preghiera? E perché vogliamo mettere le croci sulle vette se poi, magari, il crocifisso è sparito dalle nostre case, che tendono a essere spazi sempre più neutri?» Siamo immersi in una crisi di simboli. «Non ce n’è più uno che rappresenti l’intera popolazione. E, indubbiamente, senza simboli comuni è più difficile creare relazioni». Ma non per questo ci si deve scoraggiare. Anzi. «Dobbiamo avere grande rispetto per il pluralismo. E andare in punta di piedi, perché un simbolo non si impone. Però, nello stesso tempo, chi è cristiano deve risvegliarsi. Quanti sono i cristiani? E dove sono? Dobbiamo chiederci se e quanto il cristianesimo appassioni ancora, quanto i riti riescano a essere significativi, a lasciare un segno nella vita di chi crede. Ma vorrei fare una riflessione ancora più generale, che mi viene in mente quando la presenza o assenza della croce fa discutere, che si tratti di montagne o di scuole.

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Pochi sanno che la croce esisteva, come simbolo, ben prima del cristianesimo. La ritroviamo, ad esempio, nello zoroastrismo persiano. Aveva molteplici significati. Tra questi, l’incontro dell’orizzontalità, che rappresenta la dimensione umana, con la verticalità, espressione del divino e della trascendenza. Non solo. La croce rappresentava l’incontro dei quattro punti cardinali e dei due diametri di un cerchio, indicando quindi una totalità sia spaziale, sia cronologica, poiché, nel mondo antico, il tempo era percepito come circolare. Dunque, nel simbolo della croce ci sono domande che interrogano l’umanità intera, cristiani compresi. E se provassimo a ripartire da qui? L’ultima polemica è scoppiata a partire da un articolo pubblicato sulla rivista del Cai (Club Alpino Italiano), a firma del direttore editoriale Marco Albino Ferrari. Nel testo, si evidenziava (come dato ampiamente condiviso all’interno dell’associazione) la “necessità di lasciare integre le croci esistenti, perché significative di uno spaccato culturale”, ma allo stesso tempo, “di evitare l’installazione di nuovi simboli sulle cime”.

Come spesso accade in questi casi, in poche ore si è levato il solito vespaio di reazioni contrapposte: chi (ministri ed esponenti del centro-destra in primis) a indignarsi per l’affronto alla cultura e ai valori tradizionali; chi, sull’opposta barricata, a inveire contro i simboli divisivi e oscurantisti. Ben presto, però, il presidente del Cai, Antonio Montani, ha fatto un passo indietro: «Posizioni personali. Nulla di condiviso». E dunque, per ora, tutto resta com’è. Sono certo che per chi crede «Le montagne sono dita puntate verso il cielo e, in questo senso, la croce di vetta è un po’ come “una ciliegina sulla torta”. Ci invita a guardare in su e ci ricorda che, per noi, Dio ha il volto d’amore del crocifisso» (mons. Oliveiro).

Personalmente sono convinto che i simboli sono importanti, non possono essere tolti con superficialità, non ha senso cancellarli con un colpo di spugna. Ma il simbolo deve essere prima di tutto presente con il suo significato nelle convinzioni più profonde dell’uomo. Perde il suo significato più vero se diventa motivo di divisione, voglia di far vincere posizioni personali. Raccontava un grande teologo tedesco che un giorno, arrivato con un amico ateo sulla vetta di una montagna, ammirando la bellezza mozzafiato del panorama, sentì sussurrare: se credessi in Dio, non potrei non dirgli grazie per queste meraviglie. Mi pare importante rispettare le idee e le sensibilità di tutti, Ed essere rispettati da tutti. Quello che nella storia si è costruito, è il segno del modo di vivere, di credere, di celebrare. Imparare ad amare il passato è un modo per una nuova e positiva possibilità di futuro. 



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