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Gli immigrati e noi

dom 09 lug 2023 09:07 • By: Renato Pellegrini

Dilaga la globalizzazione dell'indifferenza e viene normalizzata la disumanità

Ci raccontano spesso che chi vuol venire da noi in Italia, va fermato prima. Ci dicono che deve restare a casa sua, che va aiutato là. Quindi uomini e donne vanno rispediti in Africa. Magari in Libia, un Paese dove non si sa chi comanda, che ha aperto autentici campi di concentramento, prigioni dove ci sono uomini con la testa aperta da una mazzata, uomini che cercano soltanto giustizia e dignità. In questi giorni viene indicata la Tunisia come Paese sicuro, dove possono andare, fermarsi e vivere centinaia o migliaia di ragazzi, donne, bambini in arrivo dalla Guinea, Sierra Leone, Sudan, Angola… Ma è una tragedia quella che sta accadendo in Tunisia, nella quale anche l’Europa ha qualche responsabilità. Lo sappiamo bene, purtroppo, che la Comunità Europea è disposta a tutto pur di fermare la migrazione dal continente africano.«Rendendosi ricattabile, ha offerto a Saied la possibilità di usare i migranti come carta da gioco nei negoziati con Bruxelles per ottenere i fondi di cui ha disperato bisogno per evitare l'imminente collasso socio-economico». (Giorgia Linardi, La Stampa 7 luglio 2023) Intanto, come succede anche da noi, per distrarre i cittadini dalle responsabilità politiche della situazione drammatica in cui versa il Paese (la Tunisia), si incita all'odio razziale additando proprio i migranti come causa del malessere generale. «Così facendo, ha contestualmente alimentato la fuga verso l'Europa, foraggiando il business dei trafficanti che ha già causato centinaia di morti partiti da Sfax». Naturalmente si continua a sostenere che nei confronti dei migranti si attua una politica radicata sui diritti umani. Ma quali diritti? Le cronache sono racconti disperati di persone che chiedono aiuto, che vengono picchiate e caricate su auto e non infrequentemente fatte sparire.

Graziadei maggio

Ci sono bambini lasciati per ore e giorni senza cibo e senza acqua. Dovrebbe far riflettere la strategia dei respingimenti che Italia ed Europa appaltano alla Tunisia, che comportano il contenimento dei migranti in condizioni assolutamente disumane senza peraltro risolvere i problemi. Se vogliamo garantire la libertà di restare nei loro Paesi dovremmo tutti insieme scrivere un sistema sociale ed economico in grado di farli uscire dal colonialismo economico delle multinazionali che opprimono quei popoli. Ma come ben si vede, il cammino sarà lungo e tortuoso; ai migranti e in generale ai poveri, non viene riconosciuto il diritto ad essere soggetti e protagonisti. Di loro si discute, ma con loro non si parla, non li si ascolta. In fondo la società che abbiamo costruito e che probabilmente stiamo ancora costruendo è radicata sulla violenza. Pensiamo a quella che si perpetra contro i barboni, i senza casa, i gay…. E c’è anche una «violenza simbolica», come la definiva il grande sociologo Pierre Biourdieu, cioè quella violenza sottile che si afferma quando si cerca di imporre visioni del mondo e strutture mentali che impediscono una piena emancipazione e opprimono ad esempio le donne e le persone Lgbtqi+. E’ così che la globalizzazione dell’indifferenza dilaga sempre di più e la disumanità viene normalizzata. Per fortuna ci sono realtà che si oppongono a tutto questo. Penso a chi soccorre i migranti in mare, chi pensa, dice e dimostra che sono persone con tutti i diritti umani, penso a chi nelle carceri dialoga e mostra orizzonti diversi ai detenuti, penso ancora a medici, infermieri, personale sanitario che non risparmia fatiche per portare salute e speranza, penso a quei giornali e media coraggiosi che raccontano le lacrime di tanti disperati e denunciano ingiustizie e violenze. Tutto questo è una barriera che frena l’insensibilità, pone domande, fa rinascere la voglia di cercare dignità per tutti. «Siamo davanti a un bivio: o assumiamo radicalmente l'amore e la fraternità e li facciamo diventare carne, attraverso i nostri corpi e le nostre relazioni, o la spirale di violenza, autoritarismo, capitalismo, patriarcato e razzismo che si è innescata ci condurrà sempre di più verso il collasso, verso un mondo in cui ci ripieghiamo sempre di più su noi stessi e in questo modo diventiamo sempre più arrabbiati e infelici». (Mattia Ferrari, La Stampa 6 luglio 2023) Ogni persona dovrebbe avere il coraggio di aprire il proprio cuore a un amore che non ha confini, che non ha paura di toccare con mano le ferite dell'umanità, di andare incontro alle persone che lottano per la vita e la dignità, riconoscendo in esse quel dono di umanità che può salvarci. Non ci sono altre strade per cambiare; io almeno non ne vedo. Mi pare sempre più necessario e urgente conoscere oltre i pregiudizi, ascoltare il lamento di chi soffre senza restare prigionieri delle proprie convinzioni ritenute infallibili. Se avremo il coraggio di amare veramente e di credere sulla base di questo amore che tutto può cambiare, allora insieme troveremo la strada. Allora saremo capaci di compiere un vero esodo e di giungere a quella terra promessa che è la civiltà dell'amore, di cui parlava Paolo VI, una società dove la felicità non,  è un'illusione che ci viene prospettata da false speranze, ma è la gioia che dà senso alla vita quando si ha il coraggio di amare veramente. Queste non sono utopie: dove c’è chi lavora per gli altri sono già realtà.


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