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Michela Murgia che amava la chiesa, la libertà e la dignità umana

dom 13 ago 2023 13:08 • By: Renato Pellegrini

L’influenza della Chiesa nella costruzione dell’immagine della donna

Michela Murgia (foto tratta dalla pagina Instagram dell'autrice)

Per caso, un giovedì pomeriggio di un anno che non ricordo, passando per una libreria che conosco bene, ho intravisto per caso un libro il cui titolo mi ha subito attirato l’attenzione: Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna. Non avevo mai letto niente dell’autriceMichela Murgia. Non sapevo chi fosse, non conoscevo il suo curricolo. Mi è bastato poco tempo, forse poche ore. Ho aperto e cominciato al leggere un libro per me affascinante. Parlava, anzi parla, di Maria come richiama il titolo. Ma non solo.

Non ritrae la donna mistica che tanti cristiani immaginano, una donna un poco fuori del mondo, adatta alle nicchie delle nostre chiese. Lo lessi d’un fiato. E ho cominciato a riflettere sul fatto che chiesa ha un’influenza non secondaria ancor oggi nella costruzione dell’immagine della donna. Michela Murgia non si attarda su speculazioni teologiche, anche se dimostra di conoscere bene la teologia (superando quella tradizionale). Dimostra, perché questa è la sua idea, che l’educazione cattolica non si è ancora liberata dal considerare legittima una certa gerarchia tra i sessi. La Murgia è una credente autentica, una credente che cerca e non vuole dare risposte facili o scontate.

È interessante leggere quanto scrive Marco Iasevoli su Avvenire.it. Comincia con una domanda: «Cosa succede nel rapporto con la Chiesa quando un credente o una credente esprime pubblicamente dubbi e posizioni non allineate con il Magistero?» Lo sappiamo tutti: vengono in qualche modo squalificati, emarginati fino a non poter più tenere incontri, essere invitati a conferenze dove si parla di temi religiosi, di chiesa cattolica.

Graziadei maggio

Pare che di colpo la loro fede sia andata irrimediabilmente perduta. Molti, probabilmente, hanno pensato così anche in questo caso. Anche se ha sempre lottato per la dignità di ogni persona, anche se Dio lo incontrava nell’altro, comunque vivesse, qualunque cosa scegliesse. Qui c’è come un muro da abbattere, o almeno una porta da aprire. Basterebbe cominciare con una semplice domanda, che per primo si è fatto il papa: «Chi sono io per giudicare?» È vero che la donna in questione aveva studiato teologia, era stata responsabile a livello regionale dei giovani di Azione cattolica, aveva insegnato religione… Ma, ma c’è un ma più grande di una montagna, che sono le sue posizioni, maturate un poco alla volta, circa la famiglia, la sessualità, l’amore. E allora, come in tanti, troppi altri casi, la Chiesa che si definisce madre, non ha più visto di buon occhio la figlia. Ma papa Francesco l’aveva incontrata e lei si era commossa. Si era sentita accolta e amata, forse aveva intravisto una chiesa di tutti, come ancora una volta il papa aveva voluto sottolineare, insieme al milione e più di giovani a Lisbona.

Tornando ad Avvenire.it nell’articolo citato, si legge che questo atteggiamento della Chiesa, di tenere lontano chi la pensa diversamente e contesta insegnamenti tradizionali deriva anche dal voler «scansare l’amaro calice dell’accusa: “Ecco, invitano a fare propaganda contro la morale cristiana… Ah… è anche una credente? Bravi, bravi, così l’avete formata?” Un’accusa che non ha significato. Non fai parte della chiesa perché smetti di ragionare con la tua testa, ma semmai perché anche percorrendo vie non tracciate, continui a ricercare e quando è possibile a dialogare. Michela Murgia ebbe a dire che certamente la Chiesa dovrà fare ancora passi da gigante, «ma io posso starci dentro e magari fare in modo che quei passi siano più veloci». Passi più veloci per quanto riguarda il matrimonio, ad esempio, dove non poteva essere rappresentato l’amore come possesso, o la religione che non poteva essere priva di dubbi legittimi. In fondo era una ribelle, ma come scrive Annalisa Cuzzocrea sulla Stampa del 12 agosto, «era contro gli schemi rigidi che non contengono la vita vera… Era ribellione contro la mancanza di senso, contro la diffusa assenza… di un’etica del pensiero». A qualcuno tutto questo può sembrare non condivisibile, addirittura non tollerabile. Pensieri certamente legittimi, purché non si cerchi di conculcare la bellezza e la fruttuosità della persona libera. Aveva detto a tutti della sua malattia, che le restava poco tempo da vivere. Ed è stato così. Ma mai ha smesso di lottare e di sorridere. Anche la sua vita è stata un dono.



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