Skin ADV

La religione del consumo e il suo culto

dom 26 nov 2023 11:11 • By: Renato Pellegrini

Una riflessione sul Natale e il suo significato

Del Natale cristiano resta solo la parola o poco più. Forse il ricordo di quando, fino a qualche decennio fa, si costruiva il presepe nelle case, si respirava un’aria di solidarietà e si attendeva il 25 dicembre per accogliere gioiosamente il Figlio di Dio. Oggi non è più così; sono diminuiti molto i cristiani che convintamente si affidavano a un Dio bambino, un Dio debole che sapeva condividere ogni vicenda umana e mostrare orizzonti nuovi di bellezza e pace. Quel bambino è diventato una statuetta di legno o di qualsivoglia altro materiale, che pare messa lì per ricordare quello che un tempo si festeggiava.

Manca la tragicità di una nascita, quella del Figlio di Dio, che subito è ricercato per ucciderlo e deve diventare profugo, forse un clandestino. Noi lo manderemo in Albania. Manca persino la gioia dell’annuncio dato dagli angeli: è nato per voi, per tutti, perché la vostra vita si realizzi in pienezza e non ci siano poveri calpestati e ricchi supponenti. Una nuova religione si sovrappone alla celebrazione “tradizionale”. Ma era già accaduto proprio per il Natale. Poi, facendo riferimento al simbolismo di Cristo «luce del mondo» (Gv 8,12) e «sole di giustizia» (Ml 4,2), la Chiesa ha voluto opporre una festa cristiana a quella pagana del Sol Invictus. Solo nel IV secolo d.C., dunque, quando il cristianesimo divenne religione ufficiale dell'Impero Romano, Papa Giulio I decise di far confluire le feste di origine popolare con la cristianità: nasce così il Natale come lo conosciamo.

Graziadei maggio

Anche lo scambio dei doni e l’albero non sono di origine cristiana, ma hanno assunto questo carattere religioso tardivamente.

Nel nostro tempo assistiamo a un ulteriore cambiamento. Luigino Bruni scrive che «il Black Friday è diventato l’inizio dell’anno liturgico della religione capitalistica». E argomenta che «il capitalismo consumista sostituisce le feste cristiane con le sue nuove feste, e sovrappone i suoi tempi liturgici a quelli precedenti». (in Avvenire 24.11.2023) Come accadde per il Natale dei cristiani, la nuova religione ne occupa il tempo e ne cambia il senso. Come avviene per la festa dei santi e la commemorazione dei morti già sostituita da Halloween. Si realizza così, gradatamente ma senza soluzione di continuità, il passaggio all’epoca “post cristiana”, cioè del “dopo cristianesimo”. Là dove c’è un culto nuovo, una realtà concreta che viene vissuta giorno dopo giorno, il consumare, nasce una nuova cultura e una nuova religione. Dio perde la sua trascendenza, diventa dio ciò che posso dominare, acquistare: il dio cristiano è morto, “noi lo abbiamo ucciso” (Nietzsche, La gaia scienza) Non c’è, forse, più nessun bisogno di Dio; basta un superuomo, che in questo nuovo millennio bene si identifica col consumatore, per il quale non esistono più giorni feriali e giorni festivi, perché il nuovo culto esige solo la festa, rendendo felice il popolo e ricchi i sacerdoti. Nel Settecento Antonio Ludovico Muratori cercò di convincere papi e vescovi dell’importanza di ridurre le feste di precetto della Chiesa cattolica, che allora erano trentasei l’anno, oltre alle domeniche, perché «la proliferazione delle feste peggiorava la condizione del popolo. Le troppe feste, infatti, oltre a ridurre le giornate lavorative, portavano i poveri a indebitarsi per far festa». Conclude il Bruni, nell’articolo citato: «Con l’avanzare del nuovo culto consumista dobbiamo aspettarci una nuova proliferazione delle feste di precetto, perché il comandamento va venerato.

Alle antiche tradizioni se ne aggiungeranno di nuove. I nuovi sacerdoti si arricchiranno grazie ai loro “sacrifici”, e i poveri saranno sempre più distratti e sempre più poveri». Già molti anni fa padre Alex Zanotelli rifletteva se festeggiare il Natale fosse davvero segno di fede. Se mi ricordo bene proponeva di abolirlo. Di tornare ai primi tempi della Chiesa. Ma oggi si comincia ancora a novembre ad attendere (“attendere”… si fa per dire) il natale, dimenticando che l’attesa nasce dalla sapienza del contadino verso il seme che è stato seminato. Non si può essere impazienti credendo o sperando che germogli in una notte. Occorre dargli tutto il tempo necessario ad aprirsi, a nutrirsi e a crescere. E chi attende deve irrigare e pulire dalle erbacce. A questo i cristiani devono di nuovo educarsi per vivere il Natale di Gesù, l’Emmanuele, il Dio-con noi.



Riproduzione riservata ©

indietro