Skin ADV

Il Gesù di tutti e il 'cucù' di qualcuno

sab 06 gen 2024 09:01 • By: Renato Pellegrini

Per rispettare le idee e le tradizioni di tutti, non se ne propone nessuna! Rimarrà solo il vuoto e probabilmente il non senso. Fino a qualche tempo fa in Trentino qualcuno si chiedeva cosa fare per rispettare tutti e insegnare le tradizioni e la cultura di tutti

Non vorrei sbagliarmi, ma fra gli insegnamenti che possiamo trarre dal brano evangelico dell’Epifania ce n’è uno molto importante, ed è questo: Gesù è un dono per tutti, poveri e ricchi, senza cultura e acculturati, persone osservanti delle leggi e delle tradizioni e disobbedienti, integrati ed emarginati.

Così si manifesta fin dalla nascita, quando i primi ad accorrere alla capanna sono i pastori, gente malfamata, pubblici peccatori. Sono essi i primi che affermano qualcosa di importante su Gesù: è il Messia che viene a portare il lieto annuncio del Regno ai poveri, persino a coloro che non possono esserne i destinatari, perché lontani da Dio.  Ad essi è detto che la gioia del Natale è «di tutto il popolo».  Stiamo però contribuendo a costruire una società che è per i forti, i vincenti, i giovani, i sani, quelli che sanno godersi la vita. I pastori ci ammoniscono che quel bambino, Gesù, adagiato in una mangiatoia è l’unico in cui si può riporre ogni speranza. Lui non fa preferenze. Sono andati alla grotta per capire e hanno adorato, amato quel neonato. Se ne sono tornati a casa sentendosi per una volta almeno, accolti e amati.

Arrivano a Betlemme anche i magi dopo un lungo cammino. Sono pagani, non conoscono le Scritture di Israele, «ma conoscono il linguaggio delle stelle. Cercano la verità e si mettono in cammino per scoprirla». La loro presenza mette in agitazione tutta Gerusalemme, soprattutto Erode e i potenti. Il re dei Giudei, quel Bambino appena nato, non era nato contro di loro; ma loro non lo hanno capito, perché non interessava loro cercare la verità.

Elektrodemo

Come molti credenti contemporanei era difficile per loro riconoscere e adorare un Dio «ridotto a un essere estraneo, scomodo, superfluo…. Solo chi guarda con amore la vita fino in fondo, comincerà a scorgere le orme di Dio prima di quanto se lo aspetti». (J. A. Pagola)

Come si può dunque aver paura di Gesù, aver paura addirittura di chiamarlo per nome, storpiandolo con “cucù”? Chi ha la possibilità, vada a leggere il bell’articolo di Marco Pappalardo su VinoNuovo.it, che ci mette ironicamente in guardia dall’allestire in un prossimo futuro alberi di Natale, costruire pupazzi di neve, «non perché siano pericolosi, ma perché potrebbero nascondere origini cristiane altamente contagiose».

E anche Babbo Natale sarebbe bene farlo sparire: «secondo tradizione si tratta di S. Nicola».

Per rispettare le idee e le tradizioni di tutti, non se ne propone nessuna! Rimarrà solo il vuoto e probabilmente il non senso. Fino a qualche tempo fa in Trentino qualcuno si chiedeva cosa fare per rispettare tutti e insegnare le tradizioni e la cultura di tutti.

Ho conosciuto chi ha voluto che il Natale sia conosciuto da tutti anche a scuola, cantando e suonando i canti natalizi, chiedendosene il significato, facendo qualche ricerca storica… Facendo un simile lavoro, si fa qualcosa di squisitamente culturale, scoprendo se non lo si sapesse, che Gesù e Maria sono ricordati nel Corano e gli angeli sono presenti anche in altre religioni.

Padre Bonaventura, il frate cappuccino ben noto nelle Valli del Noce, in un’omelia di Natale aveva affermato che nel Natale oggi ci si scorda del festeggiato. Oggi scopriamo che qualcuno non lo vuol sentire nemmeno nominare. «Allora il problema qual è? Anzi di chi è? Non certo degli studenti che si difendono da sé con le armi del cuore, della cultura, dell’intelligenza, del dialogo in famiglia, della riflessione critica in classe, del senso religioso innato, della spontaneità e della fantasia. Forse la paura di un “bambino nella mangiatoia” è degli adulti, di coloro che non sono capaci di inginocchiarsi davanti ai piccoli, ai poveri, agli umili, facendo così il più nobile dei gesti umani. E se questo gesto lo fa un Dio, non ci sono re che tengano e neanche docenti che possano pensare di essere re!» (Marco Pappalardo, cit.)

 

 

 

 

 



Riproduzione riservata ©

indietro