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L'anno nuovo e le difficili attese

dom 07 gen 2024 10:01 • By: Renato Pellegrini

L’attesa del nuovo anno è sempre qualcosa di emozionante, di eccitante. Si pensa che qualcosa cambierà e, naturalmente, in meglio

L’attesa del nuovo anno è sempre qualcosa di emozionante, di eccitante. Si pensa che qualcosa cambierà e, naturalmente, in meglio. Ma spesso non si hanno motivazioni e non si conoscono eventi per cui debba accadere così. Rimane la speranza e anche la forza vitale a dirci che non tutto deve rimanere uguale.

In una delle belle poesie di Jorge Louis Borges tutta l’attenzione è attirata da «un attimo che muore e un altro che sorge», a raccontarci che la fine dell’anno in fondo sta tutta qui: la soglia tra il vecchio e il nuovo che siamo pronti ad attraversare. Per Montale, invece, il primo gennaio è un giorno strano, pieno di buoni propositi. Può essere l’inizio di un tempo nuovo o semplicemente un giorno come tanti. Ma per il poeta è soprattutto il giorno della nostalgia. Ricorda la moglie scomparsa e afferma «che si può vivere / non esistendo». Grande è il rimpianto per il suo riso che esplodeva «nel suo ringraziamento / al minuscolo dio…» In fondo quello che si può affermare dell’anno che sta iniziando, il poeta lo esprime «a bocca chiusa» lasciando trasparire un po’ di invidia per la moglie, che affidandosi a un minuscolo Dio tiene viva la speranza nel futuro. Non con certezze e forza, ma più probabilmente come una candela accesa che tenta di combattere l’oscurità.

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Ognuno vive il 31 dicembre e il primo gennaio come vuole e come può.

Un anno che finisce e uno che comincia è per ciascuno motivo di nuovi pensieri o talvolta corsa superficiale perché non si sa e non si vuol sapere ciò che accadrà. In ogni modo difficilmente ogni nuovo anno può ridursi a un semplice cambiamento di calendario. Tanto meno lo sarà per un cristiano, per la Chiesa e per l’intera società. Per tutti è difficile comprendere che siamo immersi in un neopaganesimo che pervade il nostro modo di pensare, che invade mode e stili di vita. Le merci valgono quanto e forse più delle persone, che sembra possano essere spostate, come pacchi da uno stato all’altro, credendo di risolvere in questo modo i loro problemi. Come dire: mettiamo un gelato nel deserto perché si conservi. Le guerre e la violenza di ogni tipo sta attraversando il mondo. La produzione e il commercio delle armi continua imperturbabile la sua crescita. Proprio per le armi si spendono più soldi che per la sanità o la cultura. Ma tant’è. Non pare preoccupare molto l’opinione pubblica.

Ormai viviamo solo in superficie senza punti di riferimento e senza gioia. Per quanto riguarda la Chiesa mi pare urgente per tutti i credenti prendere coscienza che viviamo in un’epoca post cristiana. Più che domandarsi come una situazione, o una decisione, o una scelta sia guardata da Dio, ci domandiamo se è giusta o sbagliata, se serve per il nostro mondo, per il nostro benessere. Evidentemente perché si conosce poco il comportamento di Gesù, E «spiace dirlo, ma il Vangelo, con la sconcertante lacerazione della Legge che Gesù provoca incontrando personaggi improbabili come Matteo, Zaccheo o l’adultera, sembra che debba ancora venire». (Francesco Cosentino: Nuovi inizi. www.alzogliocchiversoilcielo.com)

Già Carlo Carretto, oltre trent’anni fa si chiedeva se tutto questo sia il segno di una decadenza senza ritorno o piuttosto di una nuova rinascita. È difficile dare una risposta. Quello che è certo è che si sono perse molte sicurezze. «Come cristiani abbiamo perso un po’ di prosopopea medievale che ci rendeva incapaci al dialogo». E questo ci fa bene, anche se purtroppo ritornano i nostalgici.

Oggi c’è, grazie all’impegno del Pontefice, una nuova presa di coscienza, si apre un cammino diverso, faticoso che dovrebbe portare a una fede più adulta, all’incontro con la fede in un Dio personale.

 



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