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Uomini e bestie, una lunga storia di amore e odio

Nicola Angeli e la sua poesia in natura

lun 10 ago 2020 15:08 • By: Lorena Stablum

«Per scattare foto di animali serve etica»

Cincia mora (ph. Nicola Angeli)

 

C’è un modo giusto e un modo sbagliato per approcciarsi alla fotografia naturalistica. E la differenza la fa l’etica. Quella che, di fronte a un cervo o un capriolo che pascola tranquillo in una radura, una volpe che cattura la sua preda o un gallo cedrone intento in un rituale di corteggiamento, ti fa fare un passo indietro per non disturbare il rito della natura che si compie. Quella che non ti fa usare esche e cibo per attirare un animale e che non ti spinge a spaventarlo per fotografare la spettacolare fuga di un cervo tra gli spruzzi di neve. È il primo concetto che ci esprime Nicola Angeli, regista e fotografo professionista specializzato nel catturare immagini di animali selvatici oltre che nella fotografia di ambienti e paesaggi montani. Lo fa ancora prima di raccontarci, con un tono sognante, come è nata una passione che poi è diventata il lavoro della vita. «Realizzare questo tipo di immagini è molto dispendioso e vorresti sempre portare a casa qualche scatto. Ma se mi rendo conto di aver disturbato un animale per me è una sconfitta», ci ripete più volte nel corso di una lunga e piacevole chiacchierata. Un principio nel quale crede moltissimo e suggellato anche dallo slogan riportato sui suoi biglietti da visita: «Poesia in natura». «Perché – ci dice - ricerco un approccio dolce e delicato sia verso le specie animali che vegetali, nel cogliere le luci più particolari e meno scontate, nell'aspettare la luce giusta, l’ultima del tardo pomeriggio o quella appena dopo l’alba». 

Come si è avvicinato alla fotografia naturalistica?

Sono un privilegiato. Sono cresciuto a Croviana e ritorno spesso nella valle dove ho le mie radici. La Val di Sole è il territorio con più probabilità di avvistare fauna selvatica in tutto l’arco alpino, grazie alla presenza di due parchi naturali. Da bambino, ho avuto la fortuna di avere uno zio cacciatore «nobile», ci tengo a dirlo. Lui era solito ripetere: «Se è una bella giornata, è bello lo stesso». È stato lui che, portandoci con sé nel bosco, ha fatto apprezzare a me e a mio fratello Fabio (Angeli, direttore dell’Ufficio distrettuale forestale di Malé, ndr) la natura. Per anni mi sono dedicato al video, ma spesso tornavo dal lavoro nel cuore della notte e andavo ad osservare, ad esempio, i galli forcelli.

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Poi mi sono avvicinato alla fotografia. È stata una passione travolgente.

Cosa significa etica nella fotografia naturalistica?

Significa sapersi fermare, saper rinunciare a uno scatto di fronte al benessere di un animale. Personalmente, all’estetica, alla bella foto fatta bene cerco sempre di abbinare anche l’etica. Voglio che le fotografie siano belle per il loro contenuto ma anche per come le ho ottenute. Bisogna rispettare la natura. Saper attendere e assecondare i suoi tempi. Questo è dispendioso in termini di tempo. Oggi, moltissime fotografie di animali sono realizzate da amatori, che spesso si fanno aiutare da quintali di mangime e trucchetti beceri. So leggere una foto e mi accorgo quando un animale è stato attirato con esche, se è stato spaventato o rincorso. Non foraggio gli animali, non interagisco con loro. Piuttosto di usare questi mezzi, rinuncio a fotografare qualche specie e infatti, nel mio catalogo, ne manca qualcuna. A me interessa cogliere il vero carattere dell’animale, la sua essenza e il suo comportamento naturale. Negli anni sono diventato sempre più bravo a nascondermi e ora riesco a entrare e a uscire da un appostamento senza disturbare nessun animale.

Come si prepara per una sessione di fotografia?

Prima di ogni uscita, bisogna avere un progetto di giornata e decidere se quel giorno ci si dedicherà alla fotografia di animali o del paesaggio. Sarebbe sempre bene non mischiare i due temi nella stessa giornata. In questo modo, si possono scegliere gli obiettivi giusti per lo scopo che ti sei prefissato e preparare al meglio l’attrezzatura per portare solo quello che ti serve. Si parte al mattino prestissimo che sei carico come un cammello. Lo studio del meteo è continuo per poter decidere le zone in cui dirigersi. La preparazione deve essere maniacale. Ogni chilo in più, non necessario, te lo porti in spalla. Ogni accessorio è importante. Decidere di toglierlo o metterlo nello zaino fa la differenza. Anche se molti sorridono, ad esempio, il cavalletto, in situazioni dove c’è poca luce come nel bosco, è fondamentale per produrre immagini di qualità. Punto a non perdere mai qualità e ad avere immagini che siano stampabili anche su superfici di 3 metri per due. Sono molto esigente e autocritico. Per questo, non mollo su niente, su nessun dettaglio.

Il cervo (ph. Nicola Angeli)

Bisogna poi lavorare sullo studio della biologia, delle abitudini, del comportamento proprio per evitare di fare danni nell’approccio. Per cui conoscenza, sostanzialmente…

C’è anche un lavoro di post produzione per realizzare una bella immagine?

Si tratta sempre di un lavoro rispettoso. A volte, con il digitale, succede che le immagini appaiano prive di vita. Allora con poche correzioni, ridai semplicemente quella vita che è stata tolta: un po’ di colore, di contrasto e di definizione. Da qualche tempo, faccio mostre con fotografie stampate su tela. È un materiale che si mangia tanta qualità, quindi si deve lavorare un po’ di più per preparare la foto. Mi sta dando però molte soddisfazioni. Il complimento più bello è quando mi dicono che le mie foto sembrano dei dipinti.

Qual è l’animale che preferisce fotografare?

Ho una predilezione per il capriolo per la sua bellezza, che non si può descrivere. Per una delicatezza negli sguardi e per l’elusività e l’imprevedibilità. È inafferrabile. È un animale che ti può far aspettare un anno e poi te lo trovi a 32° di temperatura nel periodo dei suoi amori, in mezzo al prato accovacciato con la sua bella…

Nelle sue uscite, ha mai incontrato l’orso?

In tutte le mie uscite, mi è capitato di vederlo un paio di volte. Una volta, stavo andando a fotografare la civetta. Quel giorno mi è passato a quasi 200 metri, ma non mi ha nemmeno guardato, se ne è andato via tranquillo. Ho temuto di più una femmina di camoscio, con il suo piccolo, che vedendomi apparire all'improvviso dal crinale, ha sfoderato il suo istinto di protezione ed è diventata aggressiva. Questo estremismo che accompagna il dibattito sull’orso è spesso dovuto a una scarsa conoscenza dei luoghi e degli animali e a un isterismo collettivo che si alimenta di emotività. In montagna ci sono gli animali e ci siamo anche noi con tutto il diritto di esserci. L’animale si spaventa quando ci incontra. Il primo istinto di un orso, o di un altro animale, è quello di scaricare la tensione, è come un urlo liberatorio.

E il lupo?

Finora, non l’ho mai visto. Ho trovato qualche traccia però.

 


Un suggestivo paesaggio autunnale (ph. Nicola Angeli)

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