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Speciale 25

25 anni di scelte economiche

mer 08 lug 2020 20:07 • By: Albino Leonardi

La domanda da porsi, non è «come è cambiata l’economia in 25 anni?», bensì «come avrebbe potuto o dovuto cambiare?»

Quando gli amici di NOS Magazine mi hanno chiesto un commento sui «cambiamenti economici di questi 25 anni», ho pensato che, per prima cosa, potesse essere utile rileggermi il pezzo con cui ho iniziato a collaborare alla rivista. Era il luglio ‘97, era forte l’attenzione sui danni della «storica» gelata del mese di aprile precedente, ed il pezzo tentava un’analisi dei rischi (appunto economici) legati alla cosiddetta «monocultura». Un tema ancora attuale, mi sono detto. Questo episodio ci porta dritti al nocciolo della questione, e ci fa dire nel corso degli ultimi 25 anni l’economia non è cambiata molto.

L’assetto rimane appoggiato su tre pilastri: agricoltura – artigianato – turismo (elencati in ordine rigorosamente alfabetico, tengo a precisare), che ancora si muovono in maniera disconnessa ed in prospettiva individualista. In questo «triangolo» si innestano realtà industriali di livello nazionale, con alcune eccellenze di livello internazionale, le cui radici territorialmente profonde subiscono contaminazioni con culture diverse alla nostra. La sostanza è rimasta più o meno la stessa (come dimostra l’andamento stazionario del PIL pro-capite), anche se il «benessere percepito» è diminuito. Siamo rimaste Valli benestanti e per questo invidiate. Se abbiamo perso un po’ dell’effervescenza che caratterizza le nostre popolazioni è perché si è rallentata la mobilità sociale ed è diminuito il travaso di risorse umane dalle valli vicine. Molto lo si deve all’atteggiamento delle élite, talvolta viste con diffidenza talaltra loro stesse rinunciatarie. Il concetto era già definito molti anni fa, prima che nascesse NOS, e mi piace dirlo con una delle espressioni che più mi sono rimaste impresse nell’unica occasione in cui ho potuto dialogare con Bruno Kessler: «recordite che quando che ‘i taja gio’ la bora, ven su i noslari».

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I «noslari», nel nostro caso, sono il prevalere di logiche speculative, di visioni di breve periodo, di guadagno «facile» e «veloce»: un ossimoro che nel corso degli anni si è consolidato prendendo il posto degli aspetti emblematici delle nostre genti, il lavoro e l’ingegno.

Occorre dire che si tratta di processi tutt’altro che isolati. Basta allargare lo sguardo per rendersi conto come, ad esempio, la politica dei bassi tassi di interesse ha prodotto effetti opposti a quelli sperati. Anziché generare investimenti di lungo periodo in economia reale, ha gonfiato gli indici azionari dei principali mercati borsistici, con bolle speculative che, con una certa regolarità, scoppiano in mano all’idiota di turno. A questo si deve aggiungere che viviamo in un Paese che continua ad avere cattivi fondamentali, e che ha fatto poco o nulla per modificarli. Ma dobbiamo considerare soprattutto che «A distruggere non è stata solo la crisi, ma la prosperità raggiunta dalle nostre società, che ci ha resi cittadini diversi dai nostri padri e dai nostri nonni. Il livello cui pretendiamo di vivere, ovvero la (modesta) quantità di lavoro e abnegazione che siamo disposti a mettere in campo in cambio di maggiori consumi, è la prima ragione che non ci permette di aumentare il livello di benessere che abbiamo già raggiunto». (Luca Ricolfi, Il Sole 24 Ore del 20 marzo 2016). La domanda da porsi, pertanto, non è: «come è cambiata l’economia in 25 anni?», bensì «come avrebbe potuto/ dovuto cambiare?», «perché non è cambiata?». E soprattutto «come cambierà?».

Un altro episodio, utile per rispondere alle prime due domande: 6 febbraio 1969, repertorio atto n. 7240/1264, Notaio Fabiano Rossi: viene costituita la «Monte Peller S.p.A.», con azionisti in quota paritetica alcuni privati ed i Comuni di Cles, Malé, Tuenno, Tassullo e Nanno. L’articolo 4 dell’atto costitutivo recitava «La Società ha per oggetto la valorizzazione turistica della zona del Monte Peller, mediante costruzione di impianti a fune, costruzioni alberghiere, nonché ogni attività connessa alla valorizzazione turistica». Primo consiglio di amministrazione Enrico Ossanna, Danilo Gasperini, Renzo Stringari, Vittorio Martinelli, Costantino Odorizzi, Cesare Costanzi (rispettivamente, sindaci di Cles, Malé, Nanno, Tassullo, Tuenno e presidente Azienda autonoma di cura e soggiorno delle Valli di Sole, Pejo e Rabbi). Collegio Sindacale: Umberto Munerati, Aliprando Augusto Rossi, Candido Deromedi. Qualcuno potrà da sorridere di fronte ad un progetto che, oggi, apparirebbe velleitario (un «ampio programma», l’avrebbe definito Charles De Gaulle). A me colpisce l’audacia di queste persone, un atteggiamento di cui oggi non si vede traccia, soprattutto nelle élite (proiettate sul prossimo turno elettorale, o sul prossimo sondaggio, quando non sulla «diretta Facebook»), e di cui si ha vitale bisogno. Ve li immaginate i sindaci oggi fare una cosa del genere? Sulla terza domanda («come cambierà l’economia»), un’idea ce l’ho. Me la serbo per il prossimo 25esimo di NOS Magazine.  



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